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March 29th, 2024
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Lucio Toth al Quirinale apre la cerimonia del Giorno del Ricordo

Toth

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Oggi è la settima volta che gli Esuli dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, celebrano con Lei, Signor Presidente, il Giorno del Ricordo. E vogliamo ripercorrere il cammino che insieme abbiamo fatto, irto di ostacoli interni ed esterni. Ma li abbiamo superati nel nome di valori che accomunano tutti i popoli: la memoria dei sacrifici e delle ingiustizie patite, la ricerca delle loro cause, il riconoscimento delle colpe reciproche e la speranza di una riconciliazione, senza le ombre di un passato che ci aveva rinchiuso in una “caverna” di odi e di rifiuto dell’altro, della sua stessa esistenza nel tempo e nella storia.
E “caverne” erano le nostre Foibe. E caverne i gulag del regime comunista che governò i popoli della ex-Iugoslavia fino a vent’anni fa, quando essi giunsero a quel traguardo di indipendenza nazionale che noi italiani avevamo raggiunto nel 1861 e portato a compimento nel 1918 con quella che fu chiamata “Redenzione” delle nostre terre natali. Una parola legata al contesto storico di un secolo fa, ma che rimane nella memoria di un popolo. Come lo sono Risorgimento, Resistenza, Liberazione, valori che ci hanno assicurato indipendenza, libertà e democrazia
Ella ebbe a dire il 10 febbraio del 2007 di “aver potuto ripercorrere la tragedia di migliaia di famiglie, i cui cari furono imprigionati, uccisi, gettati nelle foibe”.
“Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo… che assunse i sinistri contorni di una ‘pulizia etnica’”.
“Una miriade di tragedie e di orrori; una tragedia collettiva, quella dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati, quella dunque di un intero popolo…Una memoria – Lei disse – che ha già rischiato di essere cancellata” e merita di essere “trasmessa alle generazioni più giovani”.
Lo stiamo facendo, come dimostrano i giovani che oggi ricevono da Lei il premio per le loro ricerche, nel quadro del Tavolo di lavoro presso il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca. Vengono dalle scuole di Bergamo; Buie e Umago in Istria; Fiume; Pesaro; Porcia in Friuli.
E dopo aver richiamato il “sogno di un’Europa nata dal rifiuto dei nazionalismi aggressivi e oppressivi”, evocato dal nostro rappresentante Paolo Barbi, Ella volle denunciare nel 2007 “la responsabilità di aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudizi ideologici e cecità politica, e dell’averla rimossa per calcoli e convenienze diplomatiche”.
Concluse così il Suo discorso: “Nei rapporti tra i popoli, parte della riconciliazione, che fermamente vogliamo, è la verità”.
Da allora ci siamo impegnati per diffondere il Suo messaggio insieme con i fratelli delle comunità italiane residenti nelle terre di origine. Ma abbiamo anche cercato, con la stessa tenacia usata per abbattere il muro del silenzio interno, di infrangere la barriera di incomprensione che ci divideva dai popoli sloveno e croato.
Due tappe significative sono state compiute proprio da Lei nei due incontri storici di Trieste e di Pola. Due città-simbolo della nostra tragedia, che possono diventare il simbolo di una nuova amicizia.
A Trieste il 13 luglio 2010 Lei ha incontrato i Presidenti delle Repubbliche Croata e Slovena Ivo Josipović e Danilo Türk, rendendo omaggio ai luoghi che sono testimonianza di sofferenze inferte da odi incrociati: il centro culturale sloveno, incendiato nell’estate del 1920 in un’esplosione di cieca violenza dopo l’uccisione a Spalato di due marinai italiani, e il monumento che ricorda l’Esodo di 350.000 italiani, in gran parte autoctoni, dalle terre natali dell’Istria, del Quarnaro e della Dalmazia.
A Pola il 3 settembre 2011 nell’Arena romana ha incontrato di nuovo il Presidente Josipović pronunciando insieme parole che riconoscevano sia i torti subiti dal popolo croato con la persecuzione della sua minoranza durante il ventennio fascista e poi con l’occupazione italiana del 1941, sia gli eccidi delle foibe perpetrati dalle autorità post-belliche della ex -Iugoslavia. “Gli atroci crimini commessi non hanno giustificazione alcuna – si legge nel testo congiunto – Condanniamo…le ideologie totalitarie che hanno soppresso crudelmente la libertà …e ci inchiniamo davanti alle vittime che hanno perso la propria vita e il proprio radicamento famigliare”.
Abbiamo cercato in questi anni, con l’aiuto di studiosi italiani ed europei, di illuminare con una visione aperta e obiettiva la “complessa vicenda del confine orientale”, risalendo la storia secolare della nostra presenza sull’altra costa dell’Adriatico, la sua arte, la sua letteratura, la sua musica, quel patrimonio culturale tutelato dalla Legge n. 72 del 2004: dagli umanisti del Cinquecento Vergerio e Patrizi ai patrioti dell’Ottocento Tommaseo e Baiamonti, agli scrittori contemporanei Tomizza e Bettiza e di tanti altri uomini e donne di ingegno che hanno contribuito al patrimonio artistico e culturale del nostro Paese.
Molto di questo percorso e dell’ascolto che abbiamo ottenuto lo dobbiamo a Lei e a quello “Spirito di Trieste” che ha voluto sanare antiche ferite tra nazioni che devono vivere e progredire insieme nell’Europa di domani.
Ci sono ancora problemi seri da risolvere, come la restituzione o l’indennizzo delle nostre proprietà, oggetto di patteggiamenti con la ex-Repubblica Iugoslava, e il rispetto effettivo dei diritti delle nostre comunità in Croazia e Slovenia.
Qui sono presenti i rappresentanti di quelle comunità, insieme a cittadini italiani che rappresentano le minoranze slovena e croata nel nostro paese. Ad essi va il nostro saluto e l’augurio che un nuovo spirito di collaborazione ci permetta di sentirci ovunque a casa nostra, al di là di frontiere comunque imposte dalla storia.