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«La storia di Zara» di Lucio Toth: un testo prezioso per la tutela dell’italianità adriatica

La Legge sul Ricordo ha consentito di diffondere la conoscenza delle foibe e dell’esodo istriano-fiumano-dalmata, ma a monte di queste tragedie del secolo breve vi è una storia molto più ampia e particolareggiata, la quale corrobora l’italianità delle terre dell’Adriatico orientale. Alla sua salvaguardia è stato dedicato il convegno “Interventi a tutela del patrimonio storico e culturale delle comunità degli esuli italiani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia”, promosso dal Senatore Carlo Amedeo Giovanardi giovedì 6 ottobre presso l’Istituto di Santa Maria in Aquiro a Roma, coinvolgendo personalità istituzionali, accademiche e del mondo della diaspora giuliano-dalmata.
L’appuntamento è stato introdotto dalla Presidentessa del Comitato provinciale di Roma dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, la prof.ssa Donatella Schürzel, la quale ha illustrato le attività da lei organizzate per far conoscere anche nella Città Eterna storia e cultura dell’italianità adriatica, promuovendo ad esempio gli incontri fra esuli e rimasti nonché la testimonianza nelle scuole e le iniziative che, in sinergia con la Società di Studi Fiumani, caratterizzano il calendario di eventi presso la Casa del Ricordo.
La società multietnica dalmata in cui coesistevano croati, italiani, serbi ed albanesi è stata quindi celebrata dal Sen. Giovanardi, il quale ha sottolineato che 2.000 anni di storia non possono venire cancellati dai nazionalismi. Dalla sponda italica a quella balcanica, l’Adriatico ha tradizionalmente unito invece che diviso e Giovanardi stesso era fresco reduce da una visita in Molise, in cui ha riscontrato la memoria ancora viva dei secolari rapporti intercorsi ad esempio fra Termoli e Ragusa, nonché il radicamento della comunità croata. Sulla Dalmazia, ha ricordato il parlamentare, ultimamente si è focalizzata l’attenzione dei ricercatori, prova ne siano il monumentale volume «Gli italiani di Dalmazia e le relazioni italo-jugoslave nel Novecento» (Marsilio, Venezia 2015) di Luciano Monzali ed il più agile, ma altrettanto interessante «Storia di Zara. Dalle origini ai giorni nostri», recentemente pubblicato nella collana “Storie delle città” da Biblioteca dell’Immagine (Pordenone 2016) a firma del Sen. Lucio Toth.
Ed è stato proprio il presidente onorario dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia a prendere quindi la parola, traendo spunto dalla sua ultima opera: «Continuità della presenza italiana da assicurare ed eredità culturale da custodire con amore – ha esordito Toth – costituiscono i punti di riferimento della nostra azione come dalmati. Il genius loci di Zara e della Dalmazia conquista anche chi vive oggi in quelle terre e la già ricordata koiné adriatica affonda le sue radici fin nella preistoria». Lo storico esponente dell’associazionismo dell’esodo ha ritenuto improprio definire “dominazione” il periodo in cui la Dalmazia fece parte dell’Impero degli Asburgo, ritenendolo un termine di retaggio nazionalista e proprio i nazionalismi hanno scisso traumaticamente le componenti italiane e croate della società dalmata. Slavi e italiani in precedenza avevano costituito una comunità “dalmatina”, la quale aveva uno dei suoi punti di coesione nell’amore per Venezia, baluardo della cristianità da difendere con tenacia. I conflitti risorgimentali e la Prima guerra mondiale videro dalmati combattere tanto per l’Austria quanto per l’Italia, dando luogo anche a momenti di contrapposizione in cui sul campo di battaglia ci si parlava da uno schieramento all’altro in vernacolo. Esemplare la vicenda degli istriani e dalmati dell’imperial-regio esercito che nella Grande guerra sul fronte del basso Piave si fronteggiavano con i Fanti di Marina del Reggimento San Marco, quasi tutti veneziani, tanto che era facile nei canneti attirare i propri avversari in trappola lanciando ordini marcando la cadenza veneta. D’altro canto nel contesto dalmata di un secolo fa Zara era rimasta l’unica città abitata compattamente da italiani e pertanto al suo interno si riverberavano le divisioni e le sfumature che caratterizzavano la società italiana, anche nel contesto politico, sicché ai nazionalisti si affiancavano repubblicani ed anarchici.
E la comunanza di valori e di principi di riferimento nel mondo adriatico è ben chiara pure al Senatore Alessandro Maran, nato a Grado (GO) e conoscitore delle vicende storiche di quello che ha definito «il grande Golfo di Venezia»: «Lo Stato nazionale – ha affermato Maran – è un’istituzione recente, la quale ha spezzato quei delicati equilibri adriatici che da secoli si reggevano e dei quali bisogna rendere edotti anche gli altri italiani, affinché comprendano cosa c’è stato prima delle tragedie del Novecento».
E a tal proposito, ha affermato il Prof. Davide Rossi (Università degli Studi di Trieste), meritorie sono state le iniziative portate avanti dalla Regione Veneto con la Legge Beggiato, la quale ha restaurato e salvaguardato edifici e monumenti che testimoniano la secolare presenza veneziana e quindi italiana lungo il litorale adriatico orientale. Così come il libro di Toth, giudicato da Rossi una sfida vinta dall’editore che ha avuto l’audacia di dedicare un volume della collana ad una città non più italiana, ha il grande merito di non chiudere Zara e l’Adriatico alle vicissitudini novecentesche, partendo invece dai primordi della storia. Viene così dimostrato che l’antica Diadora è stata una città pienamente inserita nel panorama culturale europeo, giungendo al massimo splendore in epoca veneziana. Libri siffatti ed interventi di tutela architettonica sono preziosi, ma il docente dell’ateneo triestino ha giustamente rimarcato come la salvaguardia della toponomastica italofona sia fondamentale nel mantenere in loco l’identità italiana a Zara, come nel resto della Dalmazia.
Giuseppe De Vergottini, professore emerito presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, ha evidenziato la chiarezza espositiva del libro di Toth, il quale ha conseguito la Laurea in Giurisprudenza proprio con suo padre, presentando una Tesi in Storia del diritto dedicata ai rapporti dei Comuni dalmati con il resto d’Italia. E proprio di questi secolari rapporti fra le due sponde adriatiche si è andata perdendo la memoria ed il Presidente dell’associazione Coordinamento Adriatico ha auspicato un recupero della conoscenza, anche se sembra che ci sia da fronteggiare una forma di «ignoranza programmata» dovuta alla scorsa considerazione che il sistema scolastico dedica all’insegnamento della storia e della geografia. Custodire e salvare la cultura italiana a Zara e salvaguardare l’identità della peculiare italianità radicatasi nei secoli dall’Istria al Montenegro sono stati indicati come obiettivi imprescindibili per l’associazionismo degli esuli e per gli studiosi della complessa vicenda del confine orientale italiano.
Messaggi di saluto sono giunti da parte del Senatore Aldo Di Biagio e dell’On. Luciano Violante, mentre sono intervenuti al convegno l’On. Emanuele Prataviera, la Prof.ssa Rita Tolomeo (Università La Sapienza), il Direttore dell’Archivio Museo Storico di Fiume Marino Micich, Lino Vivoda (elemento di spicco della diaspora polesana) e l’Ambasciatore della Repubblica di Croazia in Italia, S.E. Damir Grubiša. Quest’ultimo, ricordando le proprie origini fiumane, ha ribadito che esiste una koiné basata sul rispetto, l’integrazione e la collaborazione fra i popoli che si affacciano sull’Adriatico: la Dalmazia e Fiume, crocevia di popoli e Capitale europea della cultura 2020, hanno rappresentato alcuni fra gli esempi migliori di questa sinergia.
A suggello di questa manifestazione, si è svolta a cura del Comitato ANVGD di Roma una visita alla Casa del Ricordo, spazio concesso con finalità culturali da Roma Capitale affinché nella Città Eterna vi sia un punto di riferimento per studenti e ricercatori, i quali qui possono trovare testi e documenti di grande valore.

Lorenzo Salimbeni, 19 ottobre 2016