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Gonfalone Di Perasto

23 agosto 1797, il giuramento di Perasto

AL termine della sua prima campagna d’Italia, Napoleone Bonaparte, di cui ricorrono nel 2021 i 200 anni dalla morte, nel 1797 a Campoformido aveva deliberatamente fatto omaggio all’Impero d’Austria della Repubblica di Venezia, comprese le sue pertinenze sulla terraferma, in Istria e in Dalmazia.

Fu proprio nella cosiddetta Dalmazia montenegrina che il Conte Giuseppe Viscovich il 23 agosto di quell’anno seppellì il gonfalone della Serenissima sotto l’altar maggiore della chiesa parrocchiale di Perasto. Di quella mesta cerimonia, raffigurata in un celebre dipinto di Giuseppe Lallich, restò agli annali il motto Ti con nu, nu con ti, che simboleggiava il secolare legame degli “schiavoni” (appellativo veneziano che designava i dalmati a prescindere dalla loro nazionalità) con la Repubblica di San Marco.

«In questo momento crudele, che lacera il nostro cuore per la fatal perdita del serenissimo governo veneto, in quest’ultimo sfogo del nostro amore e della nostra fede, con cui onoriamo le insegne della repubblica, deh! siavi almeno, o miei cari concittadini, di qualche conforto il pensare, che né le nostre passate azioni, né quelle di questi ultimi tempi hanno dato origine a quest’amaro uffizio, che per noi ora diviene anzi virtuoso.

I nostri figli sapranno da noi, e la storia farà sapere all’Europa intera, che Perasto ha sostenuto fino agli estremi sospiri la gloria del vessillo veneto, onorandolo con quest’atto solenne, e deponendolo irrigato di lagrime universali ed acerbissime.

Esaliamo pur, miei concittadini, esaliamo il nostro dolore col nostro pianto; ma in mezzo a questi ultimi solenni sentimento con cui suggelliamo la gloriosa carriera da noi percorsa sotto il serenissimo veneto governo, rivolgiamoci tutti verso quest’amara insegna, e sfoghiamo la nostra afflizione così:

O vessillo adorato! Dopo trecentosettantasett’anni, che ti possediamo senza interruzione, la nostra fede e il valor nostro ti conservò sempre intatto non men sul mare, che ovunque fosti chiamato dai nemici tuoi, che furono pur quelli della religione.

Per trecentosettantasett’anni le nostre sostanze, il nostro sangue, le vite nostre ti furono sempre consacrate, e da che tu fosti con noi, e noi con te fummo sempre felicissimi, fummo sul mare illustri e vittoriosi sempre. Niuno con te ci vie mai fuggire, niuno con te ci poté vincer mai.

Se li soli tempi presenti, infelicissimi per imprevidenza, per viziati costumi, per dissensioni, per arbitrii illegali offendenti lla natura e il jus delle genti, tue sarebbero state sempre le nostre sostanze, il sangue e le vite nostre, e piuttosto che vederti vinto e disonorato da alcuni dei tuoi, il nostro valore, la fedeltà nostra, avrebbero preferito di restare sepolti con te.

Ma poiché altro a fare non ci resta per te, sia il nostro cuore la tua tomba onorata, e la nostra desolazione il più grande ed esteso tuo elogio.»

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