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November 24th, 2024
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Giornata Europea Vittime Regimi Autoritari Totalitari

I caratteri comuni dei due totalitarismi del Novecento

In relazione alla presentazione del libro dell’ex Ambasciatore croato a Roma Drago Kraljević Revisione del male: cause e conseguenze dell’insabbiamento dei crimini nazifascisti in Italia tenutasi nella sede del Municipio a Fiume, di cui La Voce del Popolo ha dato conto nell’articolo di Dario Saftich del 15 ottobre u.s., mi siano consentite alcune considerazioni, a nome della Società di Studi Fiumani – Archivio Museo Storico di Fiume a Roma, che mi onoro di presiedere, e mio personale.

Non entro nel merito della questione specifica, oggetto peraltro in Italia di un dibattito scientifico approfondito e sulla quale permangono, come è del tutto normale, posizioni differenti. Vorrei avanzare invece alcune osservazioni sui presupposti valutativi dell’iniziativa, impliciti, ma anche esplicitati in alcuni interventi, presupposti che possono riassumersi brevemente nell’assunto seguente: l’aspetto fondamentale della storia del Novecento consisterebbe nell’affermarsi del totalitarismo fascista in Italia e nazista in Germania, e nella sua sacrosanta sconfitta da parte di un ampio arco di forze “democratiche”. Che dopo la sconfitta del fascismo e del nazismo – ma per quel che riguarda l’ex Unione Sovietica fin dal 1917 – i Paesi dell’Europa orientale, a differenza di quelli occidentali, “per mezzo secolo [siano] rimasti assoggettati a dittature”, “privati della libertà, della sovranità, della dignità, dei diritti umani e dello sviluppo socioeconomico” nel convegno viene semplicemente ignorato e disinvoltamente taciuto.

Le parole che ho riportato tra virgolette sono tratte dalla Risoluzione “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa” approvata dal Parlamento europeo il 19 settembre 2019 con una maggioranza schiacciante (535 voti a favore, 66 contrari e 52 astenuti). L’importanza di questo documento sta nel proposito di correggere quello strabismo storico che ha portato ad ignorare che il totalitarismo del Novecento ha assunto non una, ma due forme, quella nazi-fascista appunto, e quella comunista. Ed è difficile negare – e l’iniziativa da cui abbiamo preso le mosse ne è una prova – che la memoria dell’Europa attuale sia stata, almeno fino a ieri, sostanzialmente parziale: soltanto dopo la “caduta del muro di Berlino” nel 1989 è cominciato un difficile lavoro di recupero della memoria dell’Europa orientale, di esplorazione sistematica dell’altra faccia della luna, per così dire, ossia di quanto accaduto nei Paesi inseriti, come la ex Jugoslavia, nel sistema del socialismo reale.

“Questa memoria”, ha osservato Anna Foa nel 2020, “non c’è mai stata, a differenza di quella della Shoah e del nazismo, e […] neppure il crollo del comunismo ha contribuito, in Russia e nei Paesi ex comunisti, a costruirla. Una memoria che, anche quando si era espressa in opere di memorialistica e fin di alta letteratura, non era mai riuscita a diventare una memoria socialmente condivisa, come […] quella della Shoah in Occidente”. Non si tratta ovviamente di equiparare i due totalitarismi, ma di essere in grado di ravvisarne i caratteri comuni, al di là delle evidenti differenze: l’ideologia, il partito unico “organizzato in modo gerarchico e diretto da un dittatore”, il terrore e il suo strumento indispensabile, la polizia politica segreta, il monopolio dei media e il controllo dell’economia. Recuperare la memoria dei totalitarismi del Novecento è indispensabile per mantenere aperto un orizzonte di libertà: l’analisi critica del totalitarismo comunista, che ha devastato materialmente e ancor più spiritualmente i Paesi in cui ha dominato – come la ex Jugoslavia, provocando eccidi, persecuzioni e l’esodo in massa degli Italiani che da secoli abitavano i territori dell’Adriatico orientale – è un compito ineludibile che dovrebbe essere assolto innanzi tutto, senza interessati silenzi ed equivoche omissioni, proprio da coloro che di questo totalitarismo sono stati spettatori e vittime.

Solo questa analisi critica, di cui si avverte troppo spesso la mancanza, consentirà, come è stato ben detto da uno storico italiano, di “conservare una difesa dello spirito, come una barriera di fronte al baratro, come la ringhiera di una finestra aperta su un paesaggio devastato” e di costruire di conseguenza una Europa autenticamente democratica e rispettosa delle differenze, come è nella sua tradizione autentica.

Prof. Giovanni Stelli
Presidente della Società di Studi Fiumani