Autore: Carmen Palazzolo Debianchi
Il tema dell’accoglienza e dell’assistenza in Italia dei profughi istriani, fiumani e dalmati è un argomento noto soltanto a chi ha ne ha personalmente beneficiato, quasi del tutto ignorato dagli italiani in generale e anche dagli stessi esuli. Anche se la madrepatria Italia ha fatto molto per questi suoi figli sfortunati, nel mondo della diaspora è diffusa l’asserzione che in Patria i profughi, dopo che per essa avevano abbandonato la terra natia e ogni loro avere, hanno ricevuto una cattiva accoglienza. Effettivamente, degli episodi di mala accoglienza ci sono stati e, per anni, i profughi sono stati mal visti perché considerati quelli che portavano via il lavoro e le case ai vecchi residenti. Questa realtà negativa non deve però far dimenticare quanto l’Italia ha effettuato di positivo assistendo le persone, favorendo l’occupazione e la sistemazione logistica, costruendo case e soprattutto curando l’educazione e l’istruzione dei giovani, è quindi giusto che tutto ciò venga ricordato e fatto sapere a chi non lo sa.
Per occuparsi del continuo flusso di persone giungenti dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia fu fondata, fin dal 1947, a cura del Comitato Nazionale per i Rifugiati Italiani, l’Opera per l’Assistenza ai Profughi Giuliani e Dalmati con sede a Roma.
Gli esuli furono dapprima sistemati in Centri, che presero il nome di Centri di Raccolta Profughi - C.R.P. -. Ne sorsero tanti (pare 120), sparsi per tutto il territorio nazionale: ad Aversa (CE), Brescia, Capua (CE), Chiari (BS), Catania, Marina di Carrara (MS), Monza (MI), Tortona (AL), Cremona, Trieste, Brindisi, Bari, Gargnano (BS), Napoli, Alatri (FR), Pigna (IM).
(1) Di solito venivano adibite allo scopo strutture già esistenti e cadute in disuso, come vecchie caserme e scuole, magazzini, e, in alcuni casi, anche ex campi di concentramento per prigionieri. Avrebbero dovuto essere sistemazioni provvisorie, ma per molti diventarono luoghi di soggiorno prolungato e disagiato perché, generalmente, si trattava di cameroni in cui i singoli e le famiglie cercavano di ricavare degli spazi riservati con l’aiuto di coperte, cartoni o altro materiale precario, per avere un minimo di intimità. Cucine, docce, lavanderie, servizi igienici erano comuni. L’ambiente fisico, igienico-sanitario e sociale non era certo ottimale, soprattutto per i ragazzi, per cui si cominciò subito - specie per l’interessamento di Padre Flaminio Rocchi, di Aldo Clemente e di altri - a riunirli in luoghi più idonei e a loro specificatamente riservati, in linea con quella che era la finalità principale, che l’Opera per l’Assistenza ai profughi Giuliano-Dalmati si era assunta, che era l’assistenza all’infanzia.
Persone che si sono distinte nell’assistenza ai giovani profughi
Da sinistra: Aldo Clemente, Guglielmo Reiss Romoli, Gianni Bartoli, Mons. Antonio Santin
L'ASSISTENZA AI GIOVANI PROFUGHI
Anche le prime strutture destinate ai giovani, all’inizio, furono quasi sempre edifici preesistenti e costruiti per altri scopi, che a poco a poco vennero adeguati alla vita dei giovani ed alle loro esigenze; in seguito ne vennero costruiti anche dei nuovi, distribuiti su tutto il territorio nazionale, come si può osservare dall’elenco per province riportato qui di seguito, tratto dal fascicolo “Esodo e Opera Assistenza Profughi, una storia parallela”, edito dall’IRCI nel 1997, integrato con informazioni provenienti da altre fonti, ma che tuttavia non riporta tutte le strutture esistenti. Dunque,
a Roma c’era
- il Convitto Femminile “Marcella e Oscar Sinigaglia”, con scuola media inferiore e superiore
la Casa della Bambina “Marcella e Oscar Sinigaglia”, con scuola materna ed elementare
nella provincia di Trieste c’era
- la Casa del Giovane “Giovanni Sereni” per studenti universitari
- il Convitto “Nazario Sauro”, per studenti delle scuole medie superiori
- la Casa del Fanciullo “Fratelli Fonda Savio” (Opicina), con scuola materna, ricreatorio e doposcuola
- la Casa del Fanciullo “Enrico Ricceri” (Borgo S. Sergio), con scuola materna, ricreatorio e doposcuola
- la Casa del Fanciullo “Mario Silvestri” (Prosecco), con scuola materna, ricreatorio e
doposcuola
- la Casa del Fanciullo “Antonio Grego” (S. Croce), con scuola materna, ricreatorio e doposcuola
- la Casa del Fanciullo “Giorgio e Guglielmo Reiss Romoli” (Sistiana –Duino), con scuola materna, ricreatorio e doposcuola
in provincia di Gorizia c’era
- il Convitto “Fabio Filzi”, con scuola media inferiore
- la Casa del Fanciullo “Carlo Cassinis” (Monfalcone), con scuola materna
- la Scuola di arti e mestieri “Nazario Sauro” (Grado)
inoltre, a Busto Arsizio (VA), c’era la Casa del Fanciullo “Giovanni Soglian”, con scuola
materna, ricreatorio e doposcuola
a Merletto di Graglia (Biella) la Scuola elementare “Oscar Sinigaglia”
a Catania una scuola materna
a Sappada (BL): - il Preventorio Femminile “Venezia Giulia”, con scuola materna ed
elementare
- il Preventorio Maschile “Dalmazia”, con scuola materna ed elementare
Tanti altri ragazzi profughi hanno però studiato anche nel collegio “Niccolò Tommaseo” di Brindisi, nel cui Istituto Nautico si sono formati numerosi ufficiali provenienti dalle nostre terre, e nel Convitto “Riccardo Zandonai” di Pesaro, in cui Padre Pietro Damiani accolse ed educò tanti altri ragazzi profughi.
Secondo i dati in mio possesso, i giovani assistiti dall’Opera Assistenza Profughi, in 30 anni di attività, furono 76.000. Non tutti hanno frequentato i collegi sopraelencati, perché le forme di assistenza erano diverse, ma fra i molti che ci hanno vissuto per anni, che sono ormai anziani o uomini fatti, e che di frequente hanno occupato o occupano posti di rilievo nella nostra società, si sono stabiliti dei legami così forti e duraturi che si sono protratti per tutta la loro vita ed hanno abbracciato, nel tempo, anche le loro famiglie. Un legame altrettanto forte li unisce ai loro educatori, coi quali non di rado hanno mantenuto i contatti anche anni dopo aver lasciato la scuola.
Ognuna di queste scuole ha una sua storia e dall’insieme di queste storie si può ricavare, a mio avviso, meglio che da qualsiasi teorizzazione, la storia dell’assistenza ai giovani profughi.
E’ ciò che intendo fare. I dati in mio possesso non sono però molti, mi sarebbe pertanto utile stabilire dei contatti con ex educatori ed ex alunni di queste scuole per conoscere le loro storie.
Un aspetto importante dell’assistenza ai giovani è costituito dal suo finanziamento, perché essa aveva un costo, e notevole!
All’inizio gli aiuti provenivano soprattutto da piani internazionali, come l’UNRRA (United Nations Relievand Rehabilitations Administrations)
(2), a cui si affiancò subito lo stato italiano e anche molti uomini politici e privati cittadini.
Degni di menzione sono particolarmente Padre Flaminio Rocchi, Oscar Sinigaglia e la moglie Marcella Mayer, Aldo Clemente, Guglielmo Reiss Romoli, Theodoro de Lindemann, don Edoardo Marzari, Padre Pietro Damiani, il vescovo di Trieste Mons. Antonio Santin, il sindaco di Trieste dell’epoca, Gianni Bartoli. Molti furono anche gli uomini politici che sostennero le iniziative per questi minori, come gli onorevoli Orlando, Andreotti, Pella, Taviani, Ferrari Aggradi, Romita, Fanfani. Grande merito va riconosciuto pure a tutta la numerosa e anonima schiera di sacerdoti ed educatori che hanno operato negli istituti per l’assistenza e l’istruzione dei ragazzi profughi.
Una delle strutture più meritorie nell’assistenza ai ragazzi profughi fu il “Madrinato Italico”, che nacque da un’idea di Aldo Clemente e fu attuato da Marcella Mayer Sinigaglia.
Marcella Mayer era triestina, figlia di Teodoro Mayer, il fondatore del quotidiano di Trieste “Il Piccolo”. Un giorno del gennaio 1949 questa gentile signora riunì nella sua casa romana una cinquantina di dame della buona società per parlare dei piccoli profughi giuliani e convincerle ad impegnarsi nella loro assistenza, educazione ed istruzione. Erano presenti pure il Commissario Governativo del Comitato Rifugiati, Prefetto Campani, ed il suo Segretario Generale, Aldo Clemente, oltre a Padre Alfonso Maria Orlini, Presidente dell’Anvgd. Fu il momento istitutivo del Madrinato Italico, gruppo di signore che si impegnarono a versare una quota mensile a beneficio dei bambini profughi e a seguirli nella loro crescita fisica, spirituale e scolastica. L’iniziativa ebbe grande successo e si estese da Roma ad altre province d’Italia incrementando le risorse economiche del Comitato per i Rifugiati e consentendo così un miglior funzionamento degli istituti di ricovero esistenti, il loro ampliamento e la costruzione di nuove strutture. Dal punto di vista affettivo, accadde di frequente che il rapporto fra le madrine e le bimbe diventasse così costante e stretto da protrarsi fino alla loro sistemazione lavorativa, al matrimonio ed oltre anticipando le adozioni a distanza dei nostri giorni.
1 - Per approfondire, si possono consultare le opere pubblicate a cura del Gruppo Giovani dell’Unione degli Istriani di Trieste:
“Centri Raccolta Profughi. Per una storia dei campi profughi giuliano-dalmati in Italia (1945 / 70)”, catalogo della mostra permanente di Padriciano (Trieste)
- il volume “Padriciano 60”
2 - L’UNRRA era un piano di aiuti e di finanziamenti organizzato dagli USA e dagli Stati dell’America Latina alla fine della II Guerra Mondiale a favore dei paesi europei colpiti dalla guerra. Esso aveva lo scopo di sopperire alle necessità di primaria importanza come viveri, indumenti, materie prime, macchinari, valuta; fu sciolto nel 1946 per far posto ai programmi di ripresa economica dei diversi stati, cui spettò il compito più specifico della ricostruzione.
Nel corso della mia ricerca su quest’argomento, ho incontrato il dott. Umberto Zocchi, che è stato prima istitutore del convitto Nazario Sauro e poi suo direttore. Egli ne ha steso la storia che segue e mi ha fornito le fotografie che la illustrano.
APPROFONDIMENTI E TESTIMONIANZE