Il Canale di Leme si allunga per 35 chilometri dei quali 12 navigabili e 23 in terraferma dove prende il nome di Draga. Storicamente era un confine tra le contee di Parenzo, Rovigno e Pisino ma il suo nome non ha significato di frontiera (Limes) bensì significa “letto roccioso di Fiume” o anche “canale acquitrinoso”.
Forse nel 983, ma più probabilmente dopo il 1002, un frate quarantenne, fondò il monastero che nei secoli successivi sarà conosciuto con il nome di San Michele di Leme, sulla sponda verso Orsera e Parenzo. Questi sottostò alla giurisdizione spirituale e civile dei patriarchi d’Aquileia fino al XV secolo. I ruderi della grande costruzione, ancora oggi ben visibili a qualche centinaia di metri dalla strada principale, sono invasi da erbacce e robinie.
Proseguendo, il Canal di Leme, splendida insenatura con sponde che scendono a picco dai 100 m degli altipiani circostanti, è un enorme solco blu. Il mare ha una profondità che va da 20 a 30 m ed una larghezza quasi costante, fra i ciglioni paralleli, che varia da 500 a 700 m. Il canale, presenta una naturale ma curiosa particolarità: le sue sponde, per la loro diversa disposizione rispetto al sole, hanno una flora differenziata; la sponda settentrionale, esposta a sud, è coperta da una bassa macchia sempreverde composta da ginestre, lecci e lentischi mentre l’altra, esposta a tramontana, è coperta da una boscaglia di frassini, roveri, cornioli e carpini, tutte essenze arboree a foglia caduca. Non esiste alcun insediamento urbano nel canal di Leme, salvo alcuni ristoranti e il centro di maricoltura, in fondo all’insenatura nel luogo che porta il nome Cul di Leme.
L’entrata al canale è situata fra due promontori Punta Trolle o Tiolle, dalla quale un ponticello unisce la terraferma all’isola di Coversada o Conversari, la grande realtà turistica nota ai naturisti di tutta l’Europa. L’altro promontorio, a meridione, è Punta Croce. L’entrata al canale è molto larga, più di 1 km. Immediatamente sotto il ciglione troviamo la Grotta di San Rinaldo. Un’altra grotta, a sud di Cul di Leme, porta il nome di Buso di S. Romualdo. Questa grotta viene ritenuta eremo del santo camaldolese fondatore del convento di S. Michele al Leme.
Il canal di Leme è noto da secoli come un eccezionale luogo di pesca. Le peschiere del Leme erano già funzionanti in epoca romana; poi, nel medioevo furono gestite dal vescovo di Parenzo che le subinfeudò ai suoi vari vassalli. Nel 1691 i diritti di pesca furono acquistati dai nobili Barbabianca di Capodistria che li lasciarono in eredità nel 1782 ai marchesi Gravisi di Capodistria. Ora, fortunatamente, sono stati preclusi sia l’accesso, sia la pesca in questo tratto di mare e ciò è giustificato dall’elevata presenza turistica durante la bella stagione.
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