Autore: di Nicolò Giraldi
Aprile 1797. Un refolo di vento aiuta una barca a rientrare al molo. Sta tornando, forse per l’ultima volta, da un lungo viaggio che l’ha portata a vedere tutti gli angoli di questo specchio d’acqua in fondo all’Adriatico. Ha visto i suoi figli nascere e prepararsi a vivere il mare, l’unico vero compagno di giochi. L’ultima tappa è il molo di Porto Fianona. L’uomo che la conduce è un signore di mezz’età ed è quello che in tutte le parti del mondo viene considerato il padrone, quello che comanda e decide, per il bene suo e della ciurma. L’equipaggio è formato da tre giovani che ,attenti, seguono le direttive e gli ordini di Piero. Stanno tornando da Venezia, da dove in verità non giungono più come una volta liete notizie. Gli avvenimenti delle ultime settimane parlano di un imminente arrivo dell’esercito di Napoleone, il quale sembra non sia predisposto a garantire l’autonomia e l’indipendenza alla Serenissima. Si parla di un numero di soldati enorme pronto a sbarcare in laguna e nei suoi domini, imponendo le leggi della rivoluzione come ha già fatto in buona parte dell’Italia settentrionale. Piero, a Venezia, ci è stato anche cinque settimane fa. Ha fatto la sua vendita, ha portato i caboni di rovere, ha soggiornato una sera in quella taverna in calle Lanza col resto degli uomini del trabaccolo e l’indomani ha ripreso il timone per tornarsene a casa. Però ha sentito qualcosa. Qualcosa di diverso dal solito, qualcosa che non lo tranquillizzava. All’entrata del Canale della Giudecca c’erano decine di galere ormeggiate che davano l’impressione di non aver più padrone. Nessuno intento a prepararle, a farle belle per un viaggio in mare aperto. Le cime tese e le vele raccolte in silenzio. Da uomo di mare,osservava ogni piccolo cambiamento e gli piaceva ascoltare il suono del mare. Quella mattina, nessuna barca faceva rumore al di fuori della sua. Ed il silenzio lo colpì. Le voci degli avvenimenti rivoluzionari di Parigi e la pressante marcia dell’esercito del Bonaparte arrivarono sino a Venezia, che però non temeva questa ondata di tumulti. Solo il mare era preoccupato quella mattina mentre la città sull’acqua era spensierata come al solito e non degnava della minima considerazione l’esercito francese. O almeno, così sembrava a Piero. La sera prima però, Piero, aveva ascoltato una conversazione tra due veneziani dai toni molto accesi. Erano entrambi mercanti e discutevano, accompagnando i loro discorsi con grandi tazze di vino e qualche uovo. Uno dei due, ad un tratto, in preda ai fumi, si alzò in piedi sulla grande tavola di legno ed urlando per farsi sentire dalle poche persone presenti, disse: “il grande Generale Napoleone Bonaparte, comandante in capo dell’esercito francese presto arriverà anche qua. E tutti i nobili finiranno sulla ghigliottina, taglieranno loro la testa...” La gente presente continuava a bere e a non considerare quel mercante mentre il suo compagno, anch’egli visibilmente ubriaco, cercava di far colare la cera della candela sopra ad uno scarafaggio il quale, avvertito il pericolo, si rifugiò all’interno di una gamba del tavolo dove aveva la sua tana. “Moriranno tutti, Napoleone li metterà in riga e dopo solo noi comanderemo!Già a Milano sono successe strane cose e vedrete, tutti quanti, la Rivoluzione arriverà anche qua…” Giacomo Romagnoli che era il padrone della taverna, prese il mercante per un braccio e a fatica, lo buttò fuori. Piero era rimasto incuriosito dalle espressioni che quell’uomo aveva usato. Non conosceva nessun Napoleone Bonaparte, nessuna Milano e tantomeno nessuna rivoluzione. Egli viveva la sua esistenza senza badare agli avvenimenti che la gente altolocata considerava importanti. E poi a Fianona arrivavano raramente le gazzette che portavano con sé notizie da fuori dell’Istria. Piero ne aveva viste, in tutta la sua vita, forse tre o quattro e siccome non sapeva leggere bene, quelle volte che gli capitavano tra le mani, neanche non le guardava e non si metteva mai in fila per leggere. A lui importavano due cose: il lavoro e la famiglia. Non ascoltava neanche il podestà quando dovendo comunicare qualcosa di importante, come era successo durante l’ultima guerra di Venezia contro l’Austria, chiamava quasi a raccolta la popolazione. Ora però era diverso perché quelle notizie che aveva sentito in quella taverna continuarono a tormentarlo per tutto il viaggio di ritorno. Il mare, subito fuori dal raggio della Dominante, cominciò ad ingrossarsi e a far presagire un rapido mutamento del clima. Gli ultimi giorni di marzo ,negli animi degli uomini di mare, suscitavano sempre delle strane sensazioni. Sembrava che tutto da un momento all’altro sarebbe cambiato, che la bella stagione sarebbe arrivata, qualche raggio di sole in più avrebbe accompagnato le giornate ed invece ad un tratto, tutti i pensieri si trasformavano in rapide illusioni. Tutto ritornava grigio e lasciava pensare, ai marinai, che era ora di mettersi al lavoro e rimboccarsi le maniche. Piero non si rendeva conto di niente di tutto questo e per l’intero tratto da Venezia a Capo d’ Istria non fece che pensare al discorso del mercante ubriaco e a questo Generale, il cui nome, in verità, non gli diceva niente di buono.