Fondazione Museo dello Shoah ed esuli giuliano-dalmati condividono la memoria delle rispettive tragedie
Testimonianze toccanti, un approfondimento sulle tragedie che hanno colpito la comunità ebraica e l’italianità giuliano-dalmata durante la Seconda guerra mondiale, la condivisione di queste sofferenze nel riconoscimento delle rispettive peculiarità: emozioni forti ha insomma provato il folto pubblico convenuto lunedì 29 maggio alla Fondazione Museo della Shoah di Roma in occasione della presentazione di “Maddalena ha gli occhi viola” (Comunicarte, Trieste 2016) della giornalista Rosanna Turcinovich Giuricin.
La lettura di alcuni brani del libro ha immediatamente ben delineato il trauma che rappresentò per gli ebrei italiani la promulgazione delle leggi razziali, avvenuta nel 1938 proprio a Trieste, città particolarmente importante nell’ebraismo italico e nella quale la famiglia della allora giovane protagonista (il padre era cantore della Sinagoga) si sentiva perfettamente inserita prima di dover riparare in Slovacchia. Maddalena ha deciso solamente in tarda età di affidare le sue memorie alla Turcinovich, incontrata a margine di una raduno giuliano-dalmata a Toronto che la scrittrice rovignese stava seguendo per raccogliere storie e testimonianze della diaspora adriatica. Prima di approdare in Canada la protagonista del libro ha attraversato il terrore della Shoah e visto annichilire la rigogliosa e storica comunità ebraica mitteleuropea: «Maddalena ha scelto di mettere la sua storia per iscritto – ha spiegato la Turcinovich – al fine di dare anche lei un piccolo contributo di verità contro chi nega o ridimensiona lo sterminio ebraico»
Il Direttore del Dipartimento Beni e Attività Culturali della Comunità Ebraica di Roma, Claudio Procaccia, ha colto le somiglianze fra le persecuzioni ebraiche e quelle patite dagli italiani in Istria, Fiume e Dalmazia: «In entrambi i casi si è trattato di persone travolte da un’idea sbagliata: la coincidenza fra popolo, nazione e territorio. La Legge istitutiva del Giorno del Ricordo – ha proseguito Procaccia – è stata importante, ma lo Stato italiano deve ancora chiedere ufficialmente scusa a ebrei ed esuli giuliano-dalmati per tutto quello che hanno patito»
Tra quanti si sono adoperati per la riuscita di questa importante iniziativa (Fondazione Museo della Shoah, Centro di Cultura Ebraica della Comunità Ebraica di Roma, Libreria Ebraica Kiryat Sefer, Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Associazione dei Triestini e Goriziani a Roma e Giuliani nel Mondo) spicca Donatella Schürzel, Vicepresidente nazionale e Presidente del Comitato provinciale di Roma dell’ANVGD, la quale ha ricordato come a Trieste, Fiume e Pola le comunità israelitiche fossero perfettamente inserite nel tessuto sociale con le loro specificità: «La fiducia che esisteva fra queste componenti della società – ha spiegato la professoressa Schürzel – è ben dimostrata dal Rabbino di Fiume che affidò al Vescovo cittadino i libri sacri prima che ne venisse fatto scempio dal crescente antisemitismo. Oggi le nostre comunità si trovano unite nella lotta contro chi nega o ridimensiona le catastrofi che ci hanno colpito»
Gli interventi del pubblico hanno portato alla luce storie di istriani che, ancora ignari dell’esodo che avrebbero dovuto affrontare, ospitarono e nascosero ebrei perseguitati. Tuttavia il ritegno nel raccontare vicende così intime e traumatiche, come manifestato nell’occasione dall’esule da Pola Fiorella Vatta, ha ispirato ulteriori riflessioni: il caso più eclatante di Primo Levi di disagio dei superstiti nei confronti di quanti sono stati sterminati è stato ricordato dalla Schürzel, che si è anche soffermata sulla necessità terapeutica di scrivere e raccontarsi, laddove Procaccia ha colto nella memorialistica molta attenzione al prima e al dopo e riserbo nella descrizione delle sofferenze.
Moderatore dell’incontro è stato Marcello Pezzetti (Fondazione Museo Shoah), il quale fra l’altro ha ricordato la necessità di uno studio approfondito delle persecuzioni antisemite nella Zona di Operazioni Litorale Adriatico (che comprendeva anche Trieste, Istria e Fiume), evidenziato l’importanza di “Maddalena ha gli occhi viola” nel testimoniare lo sterminio ebraico in Slovacchia (fra i primi a realizzarsi colpendo l’80% degli israeliti locali) e segnalato come non solo ad opera di Tito nei confronti di ebrei giuliano-dalmati di sentimenti italiani, ma anche in altri contesti dell’Europa orientale comunista superstiti dei campi di concentramento nazisti sono stati massacrati in nuovi pogrom una volta tornati a casa. Pezzetti frequenta da tempo il Friuli Venezia Giulia, l’Istria ed il Quarnero, ove in particolare ha raccolto le testimonianze degli ebrei locali: si tratta di un interesse che apre le porte alla possibile continuazione della sinergia tra le molteplici realtà coinvolte, di una collaborazione «possibile ed auspicabile», come evidenziato da Marino Micich, direttore della Società di Studi Fiumani; anche per affrontare insieme, come ha suggerito il professor Giuseppe De Vergottini (Associazione Coordinamento Adriatico), quel processo di negazionismo virulento che mina spesso gli sforzi delle comunità.
Erano, inoltre, presenti Roberto Sancin (presidente dell’Associazione Triestini e Goriziani a Roma), il Ministro plenipotenziario Francesco Saverio De Luigi, l’Ambasciatore croato in Italia Damir Grubiša, il consigliere del Ministro dei Beni Culturali Franceschini e già delegato alla Memoria di Roma Capitale Paolo Masini, l’Ambasciatore Massimo Spinetti, il Presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati Antonio Ballarin e Serena Ziliotto dell’Associazione Dalmati Italiani nel Mondo – Libero Comune di Zara in Esilio, nonché personaggi della cultura come l’attrice Isabel Russinova, il Maestro Francesco Squarcia e l’attore Mario Valdemarin.
Concludendo l’emozionante salotto letterario – al quale hanno inviato messaggi di saluto la presidente della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani ed il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza -, l’autrice ha spiegato che il suo lavoro è tutto rivolto a creare i presupposti affinché ciascuno possa tornare al luogo in cui affondano le sue radici: con riferimento all’Adriatico orientale, a Fiume il recente ritorno della scultura dell’aquila bicipite emblema della città sulla Torre civica ha segnato un fondamentale passo avanti di forte carattere simbolico.
Lorenzo Salimbeni, ANVGD, 30 maggio 2017