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Ravignani

Ravignani, vescovo istriano della beatificazione di don Bonifacio

Monsignor Eugenio Ravignani, venuto a mancare la notte del 7 maggio scorso, era anche lui un figlio dell’Istria, essendo nato nel 1932 a Pola, entrata a far parte d’Italia alla fine della Prima guerra mondiale. Lasciò la sua città natale nel 1946 per intraprendere gli studi seminariali a Trieste (all’epoca entrambe le località giuliane facevano parte della Zona A sotto amministrazione militare anglo-americana), proseguirli a Vittorio Veneto e terminarli nuovamente nella città di San Giusto. Qui nel 1955 sarebbe stato ordinato presbitero da un suo corregionale, il rovignese monsignor Antonio Santin, il cui successore, mons. Lorenzo Bellomi, lo avrebbe consacrato Vescovo di Vittorio Veneto nel 1983: il suo episcopato ebbe come motto ispiratore la citazione tratta dalla prima lettera di San Pietro «Donec dies elucescat»(Finché non spunti luminoso il giorno).

Dalla località veneta sarebbe tornato a Trieste per esserne vescovo dal 1997 al 2009, allorché gli subentrò l’attuale Arcivescovo Giampaolo Crepaldi, il quale ne ha ricordato «la grande carità, l’amabile e arguto sorriso, la pazienza e delicatezza nei rapporti», doti che nel corso del suo magistero gli valsero la stima e l’affetto della comunità locale. Durante la permanenza al vertice della diocesi triestina, presiedette assieme al prefetto della Congregazione delle cause dei santi Angelo Amato nella Cattedrale di San Giusto il 4 ottobre 2008 la celebrazione di beatificazione di don Francesco Bonifacio, il sacerdote di Pirano (1912-1946) martirizzato in odium fidei dalle guardie popolari che all’epoca imperversavano nella Zona B sotto amministrazione militare della Jugoslavia comunista di Tito.

Il profondo legame instauratosi fra il polesano Ravignani e Trieste è stato una delle tante dimostrazioni dell’indissolubile rapporto che esiste da sempre ed in molteplici ambiti fra il capoluogo giuliano ed il suo naturale entroterra istriano.

Renzo Codarin