Non ci fu un esodo di croati da Fiume nel 1920
Ripensare l’Impresa di Fiume, ma con dati storici obiettivi. Non ci fu un esodo di croati da Fiume nel 1920.
Mi è pervenuto l’intervento del Sig. Marco Barone apparso sulla rubrica “Segnalazioni” del quotidiano Il Piccolo di Trieste e sul quale avrei delle osservazioni da fare per amore dell’ obiettività storica che si basa su dati certi e non immaginari o provenienti da fonti straniere.
Certamente non tutti i fiumani erano favorevoli al proseguimento dell’Impresa dannunziana. Questo accadde per la prima volta nel dicembre 1919 (circa tre mesi dopo la Santa Entrata del 12 settembre 1919 di d’Annunzio con i suoi volontari), quando il Consiglio Nazionale Italiano di Fiume deliberò a stragrande maggioranza l’accettazione del modus vivendi di Badoglio, in cui si proponeva tra le altre cose la sostituzione dei legionari dannunziani con soldati regolari del Regio Esercito e il ritorno di d’Annunzio nella penisola italiana. Dopodiché, va riconosciuto che a Fiume accrebbe il dissenso degli autonomisti di Riccardo Zanella, che man mano indebolì politicamente la posizione di d’Annunzio fino a far ottenere a Zanella, con il Trattato di Rapallo del 12 novembre 1920, la completa indipendenza per Fiume. Detto questo ci sono dati e ragionamenti usati nell’intervento di Barone, che non hanno un fondamento storico obiettivo e basato su dati certi.
Pubblicato su “Il Piccolo” del 9 dicembre 2020.
Marco Barone scrive testualmente “Le fonti croate raccontano tra i 3 mila e 5 mila croati costretti a fuggire dalle persecuzioni subite dai legionari”. Questa affermazione, volta a “smontare” l’immagine dei dannunziani, non corrisponde a verità, perché detta così fa intendere una specie di espulsione dei croati e altri slavi del sud da Fiume ad opera di d’Annunzio.
Se confrontiamo i censimenti della popolazione di Fiume, ad esempio quello del 1918, vediamo che a fronte di 28.911 italiani vi erano 10.927 slavi (croati, sloveni e pochi serbi), dopo l’Impresa di Fiume che terminò in seguito ai fatti sanguinosi e drammatici del Natale di Sangue (24 -29 dicembre 1920), andiamo a prendere un altro censimento quello del 1925 (a fatti storici ben conclusi e con Fiume passata all’Italia col Trattato di Roma del 27 gennaio 1924) in cui risultano in città ben 10.353 slavi. Se poi prendiamo in visione un altro censimento e cioè quello del 1940 si contano ben 11.199 slavi residenti a Fiume. Da ciò risulta che parlare di 3mila o addirittura 5mila croati (Barone non nomina gli sloveni) andati via da Fiume per opera di d’Annunzio e dei suoi legionari sia una pura invenzione da parte croata, che non andrebbe presa in considerazione visto il palese responso dei censimenti da me citati. Dal 1918 al 1940 si registra anzi un lieve aumento della popolazione slava a Fiume. Con questo non voglio affermare che non ci furono eccessi violenti contro i croati o gli sloveni di Fiume durante l’Impresa di Fiume ma parlare di una specie di esodo dei croati in quel periodo mi sembra fuori luogo e a dir poco inesatto.
Infine, va ricordato un altro fatto riportato dalla Carta del Carnaro, nella sezione “Dell’Istruzione pubblica” punto LII si dice: “In tutte le scuole di tutti i Comuni l’insegnamento della lingua italiana ha privilegio insigne. Nella scuole medie è obbligatorio l’insegnamento dei diversi idiomi parlati in tutta la Reggenza italiana del Carnaro”. Appare chiaro, da questo postulato costituzionale, che l’uso del croato non era vietato nelle scuole dei comuni inclusi nel territorio della Reggenza del Carnaro.
Termino qui e non mi dilungo oltre. Tengo solo a ribadire un concetto: si può ben criticare l’Impresa di d’Annunzio ma con dati certi e non improbabili.
Marino Micich
Segretario della Società di Studi Fiumani
Pubblicato su “Il Piccolo” del 13 dicembre 2020.