Patrizia Kovacs: «Lacerazioni» in mostra
Figlia di esuli fiumani, la sua pittura trae origine nel crogiuolo di terre, luoghi e radici che hanno attraversato le origini della sua famiglia.
Il 21 agosto presso la Temporary Art Gallery di Asiago è stata inaugurata la mostra personale di Patrizia Coccon Kovacs, figlia di esuli fiumani. Artista autodidatta, finora ha illustrato vari racconti per Fiabe in Costruzione, poesie e filastrocche per Arcobaleno (Edit) e il racconto di Silvia Paganini, Piccola Bolla pubblicato con la casa editrice Caosfera di Vicenza. Ha esposto in mostre personali e collettive in Veneto e ha partecipato al Festival shakespeariano “Juliet” a Verona.
La sua pittura trae origine nel crogiuolo di terre, luoghi e radici che hanno attraversato le origini della sua famiglia. “Lacerazioni” è il titolo della serie di dipinti dedicati agli esuli, uno dei quali è in mostra ad Asiago. “Lacerazione uno”, è stata esposta alla Mostra Internazionale d’Arte Contemporanea “Venezia Project 2011” e “Lacerazioni 4” presso la Scoletta di San Giovanni Battista di Venezia.
Dice di lei Andrea Ciresola, artista e divulgatore d’arte contemporanea: “Penso a quella terra aspra, ma circondata da un mare dolce che è l’Istria, con i drammi della nostalgia appesi nei vicoli delle città, negli anfratti misteriosi del mare, in quelli orribili dell’interno. Contrapposizioni quindi e strappi stanno sullo sfondo di questi dipinti dove il buio (o il cielo, o il sangue…) contrasta con la speranza di un pertugio, una finestra, una linea luminosa e al contempo lacerante in quanto apparentemente irraggiungibile. In questi lavori non troviamo effetti speciali, tutto è suggerito, alleggerito, reso evanescente nell’inconscio tentativo di renderlo vano. Così come sembra vana la lotta con la vita che a volta contraddistingue l’artista sincero combattuto tra il sogno, la realtà e il dramma del nulla. Dentro questo schema Kovacs ha deciso di muoversi in autonomia sfiorando appena il déjà vu di certa pittura americana (così abusata e di moda oggi) per allontanarsene verso il realismo magico e ritornare infine nell’informale. Un continuo gioco dell’onda che disegna forme sul bagnasciuga, andare e tornare. Andare e tornare. In libertà, senza vincoli, Kovacs affronta la sfida che ogni giorno le pone il dipinto con la consapevolezza di essere autodidatta e, quindi, con l’ingenuità stupita del bambino. Ma come dice il Filosofo è proprio dallo stupore che hanno inizio tutte le cose e così, come non dobbiamo chiederci perché l’alba sia rosa, dobbiamo abbandonarci al mistero di questa pittura senza chiedere ragione del suo senso.”
Tiziana Dabović – 29/08/2021
Fonte: La Voce del Popolo