La presentazione degli atti di Dante Adriaticus sul canale YouTube del CDM
La conclusione del progetto Dante Adriaticus, realizzato dal comitato provinciale di Roma dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia per conto della sede nazionale, prevedeva innanzitutto la presentazione degli atti, editi da Gammarò, dei convegni internazionali di studi che hanno caratterizzato l’evolversi di Dante Adriaticus nelle sue tre tappe successive ad un webinar introduttivo: Roma, Verona e Pola. A chiudere il cerchio, tale conferenza si è svolta a Palazzo Valentini, negli spazi della Città Metropolitana di Roma. Donatella Schürzel, presidente del comitato provinciale e vicepresidente vicario nazionale dell’Anvgd, ringraziando per l’accoglienza e la collaborazione, ha poi reso noto con giustificato orgoglio che Dante Adriaticus ha ricevuto la medaglia del Presidente della Repubblica che ne attesta l’alto valore culturale e l’importanza nel panorama dei molteplici eventi realizzati in occasione del centenario dantesco (1321-2021). Come accennato, Dante Adriaticus ha svolta una tappa anche a Pola e la sinergia che si è creata con le istituzioni cittadine della comunità italiana è stata tale che una delegazione della città dell’arena ha preso parte a questa giornata conclusiva: «Sono molto emozionato – ha dichiarato il vicesindaco italiano di Pola Bruno Cergnul – per il grande onore che Dante Adriaticus abbia coinvolto Pola: la cultura serve alla nostra comunità per distinguersi e ci stiamo dando tanto da fare per ampliare gli spazi della cultura italiana nella nostra città». Sono stati quindi presentati dalla professoressa Ester Capuzzo (Università La Sapienza di Roma) gli Atti, realizzati con la curatela dei componenti del comitato scientifico presieduto da Donatella Schürzel e composto anche da Giuliana Eufemia Budicin, Maria Grazia Chiappori, Lorenzo Salimbeni e Barbara Vinciguerra. È stata messa subito in rilievo l’importanza della memoria in Dante, argomento di un saggio della professoressa Schürzel. Capuzzo ha evidenziato che nell’Ottocento Dante diventò il simbolo delle aspirazioni risorgimentali: nel tema dell’esilio, così sentito nel ghibellin fuggiasco appunto, si identificarono tanti patrioti dopo i vari moti risorgimentali, Ugo Foscolo per primo, ma anche Niccolò Tommaseo. Quest’ultimo avrebbe pure pubblicato nel 1865 uno studio su Dante, poi ristampato dal Centro di Ricerche Storiche di Rovigno (ne parla nel suo contributo Giovanni Radossi). Dante incarna tuttavia anche la passionalità della contrapposizione politica, come si evince dagli scritti di Luigi Fattorini e di Kristjan Knez, il quale rileva che Dante simboleggia la grande patria italiana che si relaziona in un sonetto di Combi con la piccola patria capodistriana. Come si evince dal saggio di Stefano Pilotto, la Lega Nazionale e la Società Dante Alighieri avrebbero poi preso Dante come simbolo della difesa della lingua italiana nelle terre irredente, argomento di cui all’epoca si occupò diffusamente il dantista dalmata Antonio Lubin, del quale si sono occupati Marino Micich e Rita Tolomeo da due diverse prospettive. Da un contributo di Barbara Vinciguerra risulta che la Casa di Dante a Roma e la connessa fondazione fanno capo all’irredentista triestino di origine ebraiche e dirigente delle Assicurazioni Generali Marco Besso. Si è quindi svolta la lectio magistralis del professor Giulio Ferroni, accademico ed insigne dantista che ha subito ricordato di aver svolto nel 2014 in collaborazione con la Società Dante Alighieri un viaggio dantesco in tutti i luoghi citati nella Divina Commedia, toccando pure Capodistria, Pola, Albona, Abbazia, Fiume, Cherso e Veglia, cogliendo peraltro le connessioni con Pola del busto dantesco e della lapide attualmente all’arsenale di Venezia. Le connessioni con l’Adriatico orientale riguardano il soggiorno a Duino, ma anche un possibile legame con la famiglia dei Francopane che possedeva il castello di Tersatto sulle alture di Fiume, in quanto Boccaccio sostiene che la famiglia di Dante, Cacciaguida compreso, discenda da un ramo dei Francopane appunto. L’Adriatico appare altresì già nel V canto dell’Inferno per descrivere con un’ampia perifrasi la terra di origine di Francesca da Rimini, ma in realtà nata a Ravenna. E già nel De vulgari eloquentia se ne parlava, a proposito della distinzione tra lingua d’hoc, d’oil o del sì, come estremità orientale delle terre in cui il sì suona. Si fa in particolare riferimento ad un promontorio che taluni identificano con Otranto ed altri con Promontore, la punta meridionale della penisola istriana. Visitando i seminatori di discordia Dante si ricollega nuovamente all’Adriatico grazie alla profezia che fa riferimento al promontorio tra Fano e Cattolica noto per la violenza dei suoi venti e per la frequenza dei naufragi, mentre i confini del regno italico che sarebbe dovuto spettare a Manfredi vengono indicati dai fiumi Garigliano e Tronto a nord e dal “corno d’Ausonia” a sud che si proietta nell’Adriatico appunto. [LS]
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