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Osservatorio Balcani Caucaso Ue Croazia

La Croazia, l’euro e il triplete

Alla stazione di servizio di Vrata Jadrana, nei pressi di Fiume, una fila di persone impazienti si è rapidamente formata al bancone del bar. C’è chi tiene in mano una banconota da 10 euro, chi una da 50 kune, mentre la cassiera si mette le mani tra i capelli e ripete regolarmente “con calma, con calma!”, forse parlando più a se stessa che ai clienti. Dal 1° gennaio 2023 la Croazia ha introdotto la moneta unica, l’euro, ma per le prime due settimane del nuovo anno si può continuare a pagare anche con la vecchia valuta, la kuna. Secondo le direttive del governo, i commercianti sono tenuti a dare il resto unicamente in euro, ma nella pratica le cose sono un po’ più complicate. Al bar di Vrata Jadrana, chi paga con la carta di credito è accolto con un sorriso.

L’anno degli obiettivi raggiunti

“Il 2022 è stato l’anno degli obiettivi raggiunti”, ha dichiarato a fine anno scorso il Primo ministro croato Andrej Plenković festeggiando l’ingresso della Croazia nell’area Schengen e nella zona euro a partire dal 1° gennaio di quest’anno. Per il più giovane stato membro dell’Unione europea, indipendente da poco più di trent’anni, si tratta in effetti di un grande successo. Dieci anni dopo il suo ingresso nell’Ue, la Croazia entra nel ristretto club dei 15 paesi che fanno parte al tempo stesso dell’Unione europea, della Nato, dell’area Schengen e della zona euro. Se a questo si aggiunge il completamento dell’agognato ponte di Pelješac (che dall’estate scorsa riunisce il territorio nazionale, ricollegando Dubrovnik al resto del paese), si capisce facilmente l’entusiasmo di Zagabria.

Ma se le autorità croate festeggiano il triplete euro-Schengen-ponte, la popolazione guarda con preoccupazione all’arrivo della moneta unica, che avviene in un contesto economico già marcato da una forte inflazione che nel 2022 supererà il 10%. “Temo che ci sarà un aumento dei prezzi ancora più importante con l’arrivo dell’euro. Già adesso i prezzi sono alti e gli stipendi sono aumentati di poco…”, afferma Katarina, una signora di 39 anni impiegata in una ditta di pulizie nella città di Novska, a 100 km a sud di Zagabria. Vicino alla stazione dei treni di Zagabria, Liljana, una pensionata, condivide lo stesso scarso entusiasmo per il cambio di valuta. “Penso che non ci saranno grandi aumenti nei prezzi perché il potere d’acquisto dei croati è già molto basso – afferma la signora – Se davvero si arriverà a cambiamenti notevoli, allora le vendite caleranno. Insomma, i commercianti dovranno adattarsi al nuovo potere d’acquisto dei croati, che sarà ancora più basso con l’euro”.

Benefici a lungo termine

I sondaggi realizzati dalla Banca centrale croata  (HNB) negli ultimi anni hanno regolarmente confermato la reticenza dei croati – per non dire la loro contrarietà – alla moneta unica. Nel 2020, ad esempio, solo il 41% dei cittadini era favorevole all’euro, mentre il 39% ne aveva un parere “negativo” o “molto negativo”. Il rischio principale citato dagli intervistati era appunto l’aumento dei prezzi, menzionato nel 42,8% dei casi. Chi si occupa di economia ammette in effetti che “il rischio di un’ulteriore inflazione a breve termine c’è”, come afferma l’economista Vedrana Pribičević, che insegna alla Scuola di Economia e management di Zagabria (ZSEM). Tuttavia, sul lungo termine l’adesione alla moneta unica porterà più benefici che danni all’economia croata.

“Chi compra un’automobile o un appartamento ragiona già in euro e l’economia della Croazia segue fedelmente i cicli economici della zona euro”, spiega Vedrana Pribičević. Quando la zona euro cresce, lo fa anche l’economia croata; quando è in recessione, anche Zagabria è in negativo. Kuna e Euro erano inoltre legate da molto tempo e il tasso di cambio negli ultimi anni era praticamente fisso. “A partire dal 1° gennaio 2023 scompaiono in Croazia tutti i costi di conversione tra euro e kune. Parliamo di circa lo 0,5% del PIL croato che fino a fine 2022 le banche guadagnavano con le conversioni”, prosegue Pribičević. Un altro effetto positivo è che i fondi pensionistici croati potranno investire in tutti gli asset finanziari della zona euro senza rischio di valuta. Infine, l’economista si aspetta anche un aumento dei salari, perché con l’euro i croati potranno più facilmente confrontare i propri stipendi con quelli degli altri paesi della zona euro (la corsa ai confronti è per altro già cominciata  ).

Nuovi obiettivi

Finito “l’anno degli obiettivi raggiunti”, per dirla con le parole di Andrej Plenković, per il governo croato è arrivato ora il momento dei nuovi propositi. E non sarà difficile trovare le nuove priorità, a cominciare da una questione che già da anni avrebbe dovuto allarmare le autorità: il calo demografico. Negli ultimi anni, mentre il processo d’integrazione europea della Croazia proseguiva rapidamente, la popolazione del paese si ridimensionava altrettanto velocemente. L’ultimo censimento realizzato nel 2021 ha svelato un risultato drammatico: la giovane repubblica non ha più 4,2 milioni di abitanti com’era il caso nel 2011, ma appena 3,8 milioni. Secondo il demografo Stjepan Šterc, migliorare la situazione demografica del paese dovrebbe essere il nuovo obiettivo strategico del governo croato.

“Nell’arco di due censimenti la Croazia ha perso circa 400mila cittadini, ovvero quasi il 10% della popolazione. Una parte è perso a causa dell’emigrazione, un’altra parte a causa del fatto che ci sono ogni anno in Croazia più morti che nascite”, spiega Stjepan Šterc, che aggiunge “se facciamo una proiezione da qui a dieci anni, continuando con questo trend, tutti i servizi fondamentali dello Stato saranno a rischio. Insomma, la questione demografica deve diventare centrale”. Secondo il demografo, il sistema pensionistico croato ha ad esempio 8 anni di tempo prima di diventare economicamente insostenibile.

Fino ad ora, le misure introdotte dall’esecutivo croato non hanno incontrato grandi successi. L’ultima iniziativa è il programma “Scelgo la Croazia”, che prevede dei bonus fino a quasi 30mila euro per i croati che decidono di tornare in patria. Ma a quasi un anno di distanza dal lancio del programma, solo 78 persone hanno accettato l’offerta del governo. Di questo passo, a fine secolo, la Croazia avrà poco più di 2 milioni di abitanti. “La situazione è tale che non si può più stare a guardare”, chiosa Stjepan Šterc. Insomma, se il trend demografico non si invertirà in fretta in Croazia, il triplete del governo Plenković sarà servito a ben poco.

Giovanni Vale
Fonte: Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa – 09/01/2023