All’Irci i cinquemila volumi della ricca biblioteca Depiera
Importante lascito del notaio e studioso Camillo di Antignana d’Istria protagonista dei mutamenti storici e giuridici a cavallo della Grande Guerra
di Piero Delbello* – 19/04/2018
*Direttore dell’Irci
TRIESTE C’è tutto il fascino della carta antica, e dei tesori che essa contiene nell’imponente donazione che Maria Laura Iona ha voluto affidare al nostro Irci, l’Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata. È la biblioteca del notaio Camillo Depiera, di Antignana, e di suo figlio, l’architetto Felice. Il fondo, in prevalenza derivante da Camillo, conta circa cinquemila titoli messi insieme nel tempo dal notaio che era nato in Antignana d’Istria nel 1861 e sarebbe morto, dopo una vita intensissima, più che ottuagenario, a Capodistria nel 1943. Descrivere questo nucleo librario (ed anche documentale) in poche righe appare impresa ardua, anzi impossibile.
Fonte: Il Piccolo
Gli scaffali che accolgono il materiale, in ordine, ad oggi, assolutamente provvisorio, svelano porte ovvie di stanze giuridiche con grandi approfondimenti – e di assoluta importanza – per l’arco di tempo che va dalla metà dell’800 ai primi anni del ‘900, né poi si fermano, quasi a scadenzare il tempo e le leggi sino alla scomparsa di Camillo. Non è a caso che troviamo la raccolta completa dell’”Allgemeines Reichs-Gesetz-und Regierungsblatt für das Kaiserthum Österreich”, cioè il “Bollettino generale delle leggi ed atti del governo per l’Impero d’Austria”, fin dal primo volume del 1849, redatto subito dopo l’avvento di Francesco Giuseppe, per tutta la serie completa fino ad arrivare all’ultima ordinanza del 26 ottobre 1918 “dispensata e spedita” il 7 novembre di quel terribile anno.
E in tema scopriamo ancora “La scienza della legislazione” del Filangieri, edita a Firenze nel 1820, oppure l’importantissimo “Consilia sive responsa juris clarissimi viri Marci Antonii Peregrini patavini, Serenissima Reipublicae Venetae juriconsulti…”, uscito dai torchi del Savioni a Venezia nel 1727 e completa dei sei volumi per un totale di oltre duemila. Oltre e aldilà dei temi giuridici, significativi da segnalare paiono opere quali l’”Atlas Universel”, il grande atlante che si deve al Vaugondy, stampato a Parigi fra il 1757 e il 1758, una delle prime opere nel genere basata su ricognizioni scientifiche nella tradizione di D’Anville e De L’Isle. Difficile tacere su una parte del fondo composta da fascicoli, poco vistosi, ma eccezionali sia perché presenti in notevole quantità che per la loro rarità: si tratta della raccolta di statuti delle più svariate società e imprese di area locale fra Gorizia, Trieste e l’Istria risalenti perlopiù al periodo fra la fine dell’800 e i primi anni del ‘900 come lo “Statuto del Consorzio Agricolo di Sicciole” (1911) o quello del “Consorzio per la regolazione del Quieto” (1920) o ancora quello della Società anonima per la utilizzazione delle forze idrauliche della Dalmazia (1913) oppure, non ultimo, quello della “Cooperativa industriale fra Scalpellini ed Ornatisti in Trieste” (1906).
Ebbene, fra Le Fabbriche e i Disegni di Andrea Palladio raccolti e illustrati da Ottavio Bertotti Scamozzi, opera del 1786, con qualcosa come duecento e più grandi incisioni in rame, spesso a pagina doppia, con prospetti, piante e spaccati del Palladio, indubbiamente un capolavoro dell’editoria italiana del 1700, o la curiosa operetta di Galileo Galilei con le Considerazioni al Tasso e discorso di Giuseppe Iseo sopra il Poema di M. Torquato Tasso, riemerge la figura del notaio raccoglitore Depiera, primogenito di otto figli, Camillo di nome in omaggio a quel Cavour le cui idee avevano ampiamente influenzato l’intelligenza istriana di metà Ottocento, quando gli italiani si sentivano particolarmente compressi dall’espandersi della parte croata favorita dall’azione del clero, e proprio al Cavour guardavano con ammirazione.
Camillo, per le vicissitudini famigliari, dovette lottare per portare a compimento gli studi giuridici cui era stato avviato a Vienna, dopo le scuole di Parenzo e il liceo di Capodistria, fucina di intellettuali giuliani. Alla morte del padre dovette lasciar tutto per occuparsi dei fratelli più piccoli e riuscì a riprendere gli studi e concluderli a Graz solamente nell’ultima parte del secolo. Fu nominato “notaio” a Castelnuovo d’Istria nel 1887 e, qualche anno dopo, chiamato in Consiglio comunale a Trieste dove dimostrò le sue competenze proprio nelle situazioni scottanti come quella dello sventramento della Cittavecchia o la questione del Monte di Pietà. Depiera conobbe curiose vicissitudini durante il periodo di guerra che lo portarono ad essere messo sotto sorveglianza dagli austriaci e anche tradotto sotto scorta a Vienna. Ebbe la capacità di cavarsela e, alla fine del conflitto, conobbe forse il momento più intenso e produttivo della sua vita quando il nuovo Governatorato triestino gli affidò il delicatissimo compito della consulenza sulle nuove leggi italiane nelle materie dove la differenza con quelle austriache si rivelava più pesante. Era la maggior preoccupazione dell’amministrazione italiana. Ma era il suo mestiere e Camillo lo svolse egregiamente. Lo premiarono nel 1921 con la commenda. Non abbandonò mai i suoi studi e il lavoro in questo settore neanche dopo il pensionamento del 1934. Tanto da scrivere nel 1943 un trattato sulla “Riforma del sistema monetario” che venne inviato all’allora ministro delle Finanze. Ma stava per spirare un brutto vento; anche in Istria e a Capodistria, dove allora viveva, i rivolgimenti della storia lo avrebbero colto ormai anziano, malato e senza più capacità di reagire.