Aquila fiumana: trama degna di un film
Nella ricorrenza odierna di San Vito, patrono di Fiume, condividiamo questo articolo di presentazione di un un nuovo documentario riguardante la storia dell’aquila bicefala, uno dei simboli della città adriatica.
Si terrà il prossimo 17 giugno all’estivo dell’Art cinema la première del documentario croato che racconta la vicenda della statua, secolare simbolo del capoluogo quarnerino
Nella versione inglese è “The eagle of Fiume”, ma nasce come “Riječki orao”, il documentario prodotto da Velimir Grgić e Dario Lonjak, che ricostruisce i frammenti di una storia complessa, burrascosa, con una trama degna di un film, dove i colpi di scena e le passioni – nel bene e nel male – non mancano. Protagonista assoluta è una città di frontiera, mosaico di popoli e culture, che all’epoca guardava più a Roma che non ai Balcani; una città contesa, salita agli onori delle cronache mondiali come mai prima nel suo passato secolare. Nei ruoli secondari, ma tutt’altro che comparse (anzi), un Comandante con la sua ultima grande impresa, un pezzo di ferro e i sentimenti di una popolazione spesso succube dei grandi mutamenti del Novecento.
Aspetti dell’avventura dannunziana
Dovrebbe uscire, significativamente, proprio sotto San Vito, il 17 giugno (la premiére alle ore 21.30, all’estivo dell’Art cinema), quindi pochi giorni dopo la festa del Santo patrono, il docufilm che racconta aspetti e strascichi dell’avventura dannunziana, nel centenario della sua fine, attraverso l’epopea dell’Aquila fiumana. Il “carnefice” e la vittima che, rocambolescamente, gli sopravvisse. Sì, perché parliamo della testa mozzata – in un afflato nazionalista e, si dice, qualche goccia di troppo (chissà, forse di quel Sangue Morlacco, liquore cupo delle distillerie Luxardo, che infiammò i Legionari fiumani alla mensa di Gabriele D’Annunzio) – da due tenenti degli Arditi (Guglielmo Barbieri e Alberto Tarpari) nel novembre del 1919: l’unica testa sopravvissuta della storica aquila che oggi si trova murata al Vittoriale nel “Cortiletto degli Schiavoni”.
La scultura durante i secoli
Per il resto, sono soltanto cocci (alcuni amorevolmente custoditi dalla Società di studi fiumani a Roma e consegnati al sindaco uscente Vojko Obersnel quattro anni fa, di cui uno recante la scritta Ind, quel che rimaneva del motto Indeficienter e un altro il nome Skull, la fonderia dalla quale uscì nel 1906) di quella che era la versione originale, quella modellata dallo scultore Vittorio De Marco grazie all’insistenza delle donne fiumane, che raccolsero i fondi necessari per realizzare l’opera, pur di vedere in cima alla Torre civica il simbolo della città. La scultura fu inaugurata il 15 giugno del 1906, giorno di San Vito e i fiumani cantarono: “Gavemo l’aquila là su la Tore (….) Gloriosa e splendida con la testa pronta a difesa de la città. (…) E dighe ai popoli anche lontani che qua i fiumani parla italian”. Abbattuta dal regime comunista nel 1949, con i frammenti diventati quasi reliquie, nell’aprile del 2017 è stata stata rimessa sulla cupola, dopo innumerevoli sforzi e una procedura che si trascinava dal 2009, una fedele replica.
La decapitazione
”Un esperimento artistico, un’azione futurista, una performance collettiva orchestrata dal Vate Gabriele D’Annunzio e dai suoi Arditi, acclamata dai dadaisti tedeschi e al contempo l’avanguardia del fascismo italiano, nota con il nome poetico Impresa di Fiume, è diventata una fonte d’ispirazione praticamente ‘inesauribile’ per storici, scrittori e registi”, si legge nella sinossi. Gabriele D’Annunzio e la sua occupazione di Fiume – uno dei fenomeni più bizzarri e importanti della vita politica e culturale del Ventesimo secolo, sul quale gravano controversie e che ha smentito il detto che le muse tacciono in mezzo alle armi, non potevano fare una fine diversa. Il filmato si occupa di uno dei gesti “arditi”, la decapitazione dell’Aquila fiumana. Il documentario – si legge nella sinossi – propone una visione approfondita di quel fenomeno attraverso la storia della testa perduta e ritrovata del volatile bicipite posto sulla Torre civica. Ricordiamo, questo simbolo di Fiume fu decapitato nel 1919 perché ricordava “gli odiati” Asburgo e per i successivi cent’anni fu considerato perduto. La testa mancante fu poi scoperta dallo storico italiano Federico Carlo Simonelli, immurata, nel cortile della casa museo Il Vittoriale degli Italiani, dove D’Annunzio si era ritirato dopo la cacciata da Fiume”.
Una storia inedita
Gli autori, lo sceneggiatore e il regista hanno visitato il Vittoriale (che ha aperto le sue stanze anche solitamente non accessibili) proprio nell’anno del “ritrovamento” della testa e da allora hanno lavorato al documentario, con riprese nei luoghi in cui si dipana la vicenda, con interviste a studiosi e ricercatori italiani e croati, con l’intento di ricostruire i fatti, offrire una narrazione inedita e, soprattutto, dalla prospettiva di entrambe le parti. Il documentario è stato girato a Fiume e in Italia, in due lingue, insieme a un ricco materiale d’archivio e a un’analisi dettagliata del personaggio e dell’opera di D’Annunzio.
Frequentando gli archivi del Vittoriale, Simonelli osservava davanti al “Cortiletto degli Schiavoni”, un cortile interno della Prioria, quella che all’epoca era una misteriosa testa d’aquila di metallo scuro, dal lungo becco e dallo sguardo arcigno. Era uno dei pochi oggetti ignorati dagli studiosi, la sola a non avere un’origine certa. Confrontandola con foto d’epoca, Simonelli ha ipotizzato che potesse appartenere all’aquila a due teste che svettava sulla Torre civica di Fiume all’inizio del secolo scorso. Il fiorentino Guglielmo Barbieri e Alberto Tappari, originario di Saluggia in provincia di Vercelli, che s’arrampicarono sulla Torre e tagliarono la “testa di troppo”, la donarono a D’Annunzio e il poeta la portò con sé sul Garda e la collocò tra i suoi cimeli.
Ne parlano gli storici Federico Carlo Simonelli, Tea Perinčić (che nel 2019 ha ideato il percorso espositivo “Fiume o morte”, all’ex Palazzo del governo e pubblicato nel 2020 l’omonimo libro) Simone Don, lo storico dell’arte Ervin Dubrović e lo scultore Hrvoje Urumović (autore della replica). Regia di Dario Lonjak, sceneggiatura di Velimir Grgić. Si tratta di un progetto prodotto dalla Pulsar Produkcija di Zagabria, con il patrocinio della Città di Fiume. Il film sarà distribuito anche in Italia.