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December 24th, 2024
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La Cartografia Araba

Cartografia Araba

In tale ambito un ruolo particolare rivestono gli Arabi che coltivarono un notevole interesse per l’astronomia, la cartografia, la geografia matematica e soprattutto furono i continuatori dei Greci.
Ebbero il grande merito di aver mantenuto in vita, in un’età di regresso, la scienza classica, impedendo che il ricordo di grandi conquiste scientifiche andasse perduto. L’importanza della cartografia araba nella storia della geografia non si limita però a questo.
Gli Arabi furono, infatti, anche il veicolo per mezzo del quale parte del sapere classico ritornerà all’Occidente, preparando la rinascita della geografia nel basso medioevo.
Nel periodo medievale, mentre in occidente la tradizione classica viene elaborata in chiave religiosa, si diffonde la civiltà islamica.
Traendo spunto dalle culture vicine, il pensiero scientifico e quello religioso si sviluppano e sostengono l’espansione politica ed economica dell’Islam.
Tra le opere classiche tradotte in lingua araba tra il VII e il X secolo vi è l’opera di Claudio Tolomeo, autore fondamentale per la cartografia, ma soprattutto per il suo contributo all’astronomia, scienza importantissima per un popolo che, secondo il credo islamico, doveva in ogni momento saper individuare la direzione della città santa della Mecca.
La cartografia acquista un nuovo impulso quando, intorno all’XI secolo, gli arabi sono costretti ad aprirsi verso i nuovi mercati dell’Europa del nord.
Protagonista di questa rinascita è al-Idrisi meglio noto come Edrisi.
Nato a Ceuta nel Marocco nel 1099, dopo aver compiuto gli studi a Cordova visse per molti anni nell’Africa settentrionale ed in Asia minore prima di giungere a Palermo, dove ricevette dal mecenate normanno Riccardo II l’incarico di raccogliere in un unico testo le notizie utili per produrre una descrizione geografica del mondo allora conosciuto.
Il cartografo produce tra il 1154 e il 1192 due opere che presentano una notevole e pregevole raccolta di documenti, alcuni molto complessi altri più ridotti per dimensioni e numero di toponimi. In tutti viene adottata la distinzione in zone climatiche già presente in Tolomeo e il criterio per cui l’orientamento è determinato dal sud posto in alto.
Se al-Idrisi è da considerare uno dei maggiori ingegni della cartografia medievale, è però da sottolineare che, pur in possesso di un’ingente mole di nuove informazioni e di elementi originali della cultura araba, risente ancora del carisma culturale di Tolomeo e, nel tentativo di costringere il nuovo materiale nello schema classico, produce raffigurazioni spesso deformate e di difficile lettura.
I documenti, nel loro complesso, appaiono, infatti, notevolmente deformati, forse perché tutti gli elementi nuovi e originali che si potevano desumere dalle carte arabe itinerarie sono ricondotti nello schema classico antico, mentre la loro lettura è resa difficile per l’uso della scrittura araba, che tralascia le vocali.
Per quest’ultimo motivo non è sempre possibile riconoscere la localizzazione di tutte le città riportate nel disegno, anche se il testo si rivela prezioso, in quanto fornisce indicazioni precise sulle strade e sulle distanze tra le singole località.
Sia gli scritti che le tavole sono ricche di errori poiché Edrisi, ad eccezione della Sicilia, della Puglia e della Calabria, da lui stesso visitate, per le altre regioni ricavò le notizie da terze persone o dai giornali di viaggio, che egli poté leggere, o da note di erudizione che non sempre risultano corrette.
L’importanza della sua opera cartografica fu comunque tanto grande da influenzare per lungo tempo la produzione successiva.
I materiali che ci lascio rappresentano il massimo delle conoscenze geografiche possedute fino ad allora dagli Arabi.
Il suo disegno dell’Italia, nel quale è esagerata la parte meridionale, è certo quello che più di ogni altro avvicina il nostro paese alla classica foglia di quercia, anche se è difficile dire se derivi dai materiali antichi usati per la compilazione o dagli elementi raccolti direttamente per la grande opera.

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L’Adriatico vi assume una forma semilunare; manca del tutto la penisola istriana e le sue sedi più importanti si allungano su una costa del tutto priva di insenature o protuberanze.
Un accenno a piccole penisole si coglie soltanto in corrispondenza di Albona o di Durazzo, cioè quella delimitata a nord dal Golfo del Drin e a sud dalla baia di Valona.
Corrisponde di faccia il Capo d’Otranto che sembra giustamente chiudere a sud l’Adriatico.
La costa italiana appare comunque più articolata viene, infatti, individuato il promontorio del Gargano mentre un’irreale ed ampia insenatura si conclude ad Ancona (non esiste alcun cenno del Conero).
Le isole del Quarnero settentrionale poi raggiungono quasi la latitudine di Zara.
Generalmente tutte le carte medioevali ben più di questa di Edrisi, ci porgono immagini del tutto travisate ed irriconoscibili, tanto da fornirci un’eloquente dimostrazione delle condizioni in cui si trovava la geografia come scienza in questi secoli.


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