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Edwards Riscoprendo Mia Madre

Caterina Edwards sulle orme della mamma istriana

Caterina Edwards, oggi affermata scrittrice canadese, è autrice di diversi romanzi, uno dei quali, in particolare, Riscoprendo mia madreUna figlia alla ricerca del passato, edito da Les Flaneurs, parla di chi è stato esule due volte.

È la storia di Caterina Edwards stessa, figlia di un inglese, approdato dopo la guerra a Venezia, al seguito delle truppe anglo-americane, e di una madre esule istriana, Rosa, dell’isola di Lussino, che il padre ha sposato e portato con se in Inghilterra. Qui, nata Caterina nel 1948, sono rimasti sette anni per poi trasferirsi definitivamente in Canada. In tutta la sua vita, Caterina non ha mai approfondito le origini della madre, la quale, per rimuovere il dolore che le suscitavano i ricordi del suo passato di esule non le aveva mai parlato troppo delle sue origini. E, forse, proprio per la volontà di rimuovere quel passato tragico, la madre è andata prematuramente incontro a una sempre maggiore perdita di memoria. Finché la diagnosi non ha dato il terribile verdetto: Alzheimer.

Recuperare la memoria perduta

Da qui la volontà della scrittrice di recuperare la memoria della madre, ricercando nel suo passato, così apprendendo via via il destino delle genti giuliane, le foibe, l’esilio. I viaggi a Lussino, la ricerca dei parenti, che ritrova a Venezia, dove i genitori si erano conosciuti, la partecipazione agli incontri che annualmente gli esuli organizzano a Toronto. Incontri dei quali Rosanna Turcinovich Giuricin parla nel suo  libro, qui raccontando come Caterina, nella ricerca del passato della madre, confidava di aiutare la madre a ricordare, a guarire dalla sua malattia, per poi sempre più sentirsi coinvolta nella storia drammatica della popolazione istriana.

Una storia che lentamente emerse in lei. “Mi vergognavo” scrive “di rendermi conto che le mie zie, i miei zii, i miei cugini e mia sorella Corinna erano stati tutti rifugiati, tutti avevano trascorso anni nei campi profughi, eppure io eri solo vagamente consapevole di ciò che era successo. E la mia ignoranza era tipica. Un popolo era stato sradicato, le città svuotate, una cultura risalente a mille anni prima era stata cancellata e la reazione del mondo era indifferenza e silenzio”.

Questo la spinse, nel 2001, a venire in Italia e ad andare per la prima volta a Lussino, col marito. Lo disse alla madre che “non rispose con parole o gesti. I suoi occhi rimasero vuoti.  (…). La volta successiva che citai Lussino fece il collegamento: ‘Voglio andare. Voglio vedere la mia gente’ disse. La mia gente? Non l’avevo mai sentita usare quella frase prima. La mia gente – quando non conosceva quelli che erano con lei ogni giorno.  La mia gente: intendeva i suoi parenti, quasi tutti morti e andati? O una parentela più ampia? Un desiderio che riconduceva al nome di Lussino? Era sempre stata orgogliosa di dire che era di Lussino. Dichiarava di essere italiana, ma aggiungeva veneziana/istriana/lussignana. Non nascose mai questo fatto, non negò mai la sua origine...”

Un valore fondamentale

Ecco, è questa storia, questa identità, che gli esuli, quelli che, in qualsiasi parte del mondo sono poi andati, si portano dietro. “La mamma aveva vissuto in Canada per quarantadue anni, ma si era sempre rifiutata di farne la sua casa. Rimase risolutamente chiusa, impermeabile a questo Paese sia nei suoi atteggiamenti che nelle sue capacità. Non aveva mai imparato a parlare più di un inglese rudimentale”.

Caterina ha voluto, in questo modo, prendere il posto della madre tra la sua gente, recuperandone in qualche modo la memoria. Edwards fece proprie le parole che Claudio Magris (sposato a un’esule fiumana, la scrittrice Marisa Madieri), pronunciò in occasione del primo Giorno del Ricordo, nel 2004. “La memoria è un valore fondamentale: non è la nostalgia per il passato ma una difesa e un salvataggio della vita, un senso della presenza di ogni vita e ogni valore”.  In questo senso, il recupero della memoria di Caterina per la madre, non è stato, a dispetto dell’Alzheimer, uno sforzo vano, se “un paio di mesi prima della sua morte, una sera quando la stavo infilando nel letto, stranamente, si era fatta baciare sulla guancia. ‘Grazie’, aveva detto la mamma. ‘Cosa?’. Ero rimasta sorpresa. “ Grazie. Grazie per tutto quello che hai fatto per me’”.

E, aggiungiamo, continua a fare. Per lei. Per tutti gli esuli, due volte tali: dalla propria casa, dalla propria patria.

Diego Zandel
Fonte: L’Incontro – 07/03/2022