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Foiba Di Basovizza Giorno Del Ricordo 2021

Cerimonia del Giorno del Ricordo alla Foiba di Basovizza

Mercoledì 10 febbraio la consueta cerimonia del Giorno del Ricordo al Monumento Nazionale della Foiba di Basovizza (TS) si è svolta con un numero limitato di presenze causa l’emergenza Covid.
Sono intervenuti il Sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, il Vescovo della diocesi giuliana Giampaolo Crepaldi, il Presidente del Comitato per i Martiri delle Foibe Paolo Sardos Albertini, il Presidente della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga ed il Prefetto di Trieste Valerio Valenti.
Il Presidente del Centro di Documentazione Multimediale per la Cultura giuliana, istriana, fiumana e dalmata Renzo Codarin ha dichiarato che «i discorsi delle autorità intervenute sono stati di alto spessore, ma in particolare ho apprezzato l’intervento del Presidente Fedriga. Egli ha espresso alle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati le scuse delle istituzioni che per troppo tempo hanno ignorato o addirittura deriso le nostre istanze. Ha, inoltre, riconosciuto il ruolo delle sigle della diaspora adriatica nella conservazione del Ricordo e della storia delle tragedie delle Foibe e dell’Esodo nei lunghi decenni di oblio e di indifferenza da parte delle istituzioni. A testimonianza della sua volontà di collaborare con il nostro associazionismo – prosegue Codarin – Fedriga ha dichiarato che si impegnerà con rinnovata determinazione affinché il Parlamento modifichi le procedure che impediscono di ritirare l’onorificenza della Repubblica italiana conferita a Tito»
Riportiamo quindi il discorso tenuto dall’Avv. Paolo Sardos Albertini, Presidente del Comitato per i Martiri delle Foibe e della Lega Nazionale.
Lo scorso 10 febbraio, nel mio intervento al Sacrario di Basovizza, mi ero richiamato alla scelta della Chiesa Cattolica di portare all’onore degli altari tre giovani beati di queste terre, l’italiano Francesco Bonifacio, lo sloveno Lojze Grozde ed il croato Miroslav Bulesic, tutti e tre assassinati dagli uomini di Tito, tutti e tre martiri , tutti e tre testimoni della barbarie criminale del Comunismo.
Avevo auspicato che, proprio nel ricordo di quei tre martiri, si renda onore, alla Foiba di Basovizza, non solo agli Italiani, ma anche a quanti altri, Sloveni ed Croati, avevano parimente subito la violenza ideologica della Rivoluzione titoista.
Concludevo testualmente: «Se a questo ricordo comune riterranno di partecipare anche autorità istituzionali delle vicine Repubbliche ben venga.»
Lo scorso 13 luglio la visita al Sacrario di Basovizza di due capi di stato, quello italiano e quello sloveno, ha dato realizzazione, parziale, a quell’auspicio.
Quella visita si è collocata appunto nel segno di ricordare, qui a questo Sacrario, la tragedia vissuta dai due popoli, italiano e sloveno.
Tragedia, peraltro, in comune anche con il popolo croato.
Da ciò l’auspicio – condiviso dal Sindaco Roberto Di Piazza – di una presenza futura, a questa Foiba, anche di rappresentanti istituzionali della Repubblica di Croazia.
Perchè – va ribadito con forza – tutti gli uomini (e le tante donne) assassinati in quel tragico contesto dagli uomini con la stella rossa, certamente le migliaia di Italiani, ma anche quanti di altra nazionalità, tutti (senza discriminazioni di sorta) hanno parimenti diritto di essere ricordati con un unico sentimento di pietà, pietà umana, pietà cristiana.
E proprio la consapevolezza di questa comune tragedia sarà anche la risposta più adeguata a quegli storici, o sedicenti tali, che continuano ad accampare le più svariate argomentazioni pur di non riconoscere la verità vera: la responsabilità della tragedia delle foibe e dell’esodo grava tutta sul Comunismo, quello di Josip Broz e dei suoi assassini con la stella rossa.
Le loro vittime, centinaia di migliaia, non erano «nemici del popolo», bensì «martiri», testimoni della barbarie criminale della rivoluzione comunista: così come i Polacchi delle fosse di Katyn, come i ragazzi ungheresi di Budapest del ’56, come i giovani cinesi di piazza Tienanmen.
Dipiazza Basovizza Gdr 2021
Questo, invece, il discorso del Sindaco di Trieste Roberto Dipiazza:
Familiari delle vittime,
rappresentanti delle Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati; del Comitato per i Martiri delle Foibe, della Lega Nazionale, insignita da questa Amministrazione comunale con l’onorificenza della Civica benemerenza, della Federazione GrigioVerde, degli Alpini e di tutte le Associazioni combattentistiche e d’arma
Prefetto di Trieste, Valerio Valenti,
Governatore del FVG, Massimiliano Fedriga,
Eccellenza arcivescovo di Trieste, Monsignor Crepaldi,
Autorità politiche, militari e religiose,
signore e signori,
a tutti voi rivolgo un sentito grazie per aver contribuito alla complessa realizzazione di questa cerimonia in occasione del Giorno del Ricordo che, quest’anno, causa la pandemia, ci ha costretto a limitare la presenza delle tantissime persone che sarebbero volute venire oggi a pregare su questo monumento ed a rendere gli onori ai nostri martiri. Se la presenza fisica è limitata è altrettanto vero che la partecipazione, l’attenzione e la vicinanza a questa giornata aumenta di anno in anno, perche alla Storia non è più concesso smarrire l’altra parte della memoria.
Qui sono state scritte pagine sanguinose della storia del ‘900, qui ogni pietra ha un lamento.
Per mano dei comunisti titini, con la connivenza dei comunisti italiani, sulle nostre terre si è consumato l’olocausto delle foibe, dove i cadaveri si misurano in metri cubi, e la tragedia dell’esodo di oltre 350 mila persone fra istriani, fiumani e dalmati costretti a diventare esuli nel mondo.
Qui si è consumato il crimine, a guerra finita, di coloro che con la stella rossa sul berretto proclamandosi, buoni e giusti hanno trucidato, violentato, assassinato, umiliato giovani, donne, uomini, anziani, bambini, sacerdoti, suore; alimentati soltanto da una furia cieca nei confronti degli indifesi, degli inermi, dei vinti, di coloro che rappresentavano un ostacolo all’ideologia comunista.
L’eccidio degli italiani della Venezia Giulia, Istria e Dalmazia è stato il più orribile dopo l’unità d’Italia. Le milizie di Tito durante la Seconda Guerra mondiale e nei 40 giorni di terrore per Trieste hanno straziato migliaia di persone gettandole in questa ed in altre foibe, per la sola colpa di essere italiani o servitori delle istituzioni dello Stato come carabinieri e finanzieri.
Da quel 30 marzo del 2004, quando finalmente il Parlamento Italiano con legge proposta dall’On. Roberto Menia ha istituito il Giorno del Ricordo dedicato ai martiri delle foibe e alle vittime dell’esodo giuliano dalmata dal nostro confine orientale, la verità ha iniziato a squarciare il muro di un silenzio complice di Stati, governi, politici.
Toni Capuozzo, nella prefazione al libro “Verità Infoibate” dei giornalisti Fausto Biloslavo e Matteo Carnieletto si domanda se “è stata una vendetta contro i soprusi subiti, come piace dire a qualcuno che cerca sempre nelle vittime una parte di colpa” e ci da anche la risposta, immediata e chiara: “Se lo è stata, è stata senza proporzionalità, e consumata contro degli innocenti”.
Ci sono delle figure ed episodi simbolo di questa immane tragedia perpetrata ai danni degli italiani da parte dei partigiani comunisti di Tito. I produttori del film “Red Land – Terra Rossa” stanno facendo conoscere a giovani, istituzioni, stati, politici, negazionisti travestiti da “storici”; la tragica vicenda, per troppi anni volutamente dimenticata, ed oggi ancora negata da qualcuno, della povera Norma Cossetto, una giovane di 23 anni di Santa Domenica di Visinada che il 25 settembre del ’43 venne prelevata dai militari titini per essere poi legata ad un tavolo dove diciassette bestie l’hanno violentata per ore, per poi gettarla nuda in una foiba con le braccia legate con il filo di ferro ed i seni pugnalati.
Tremendo il racconto di Mafalda Codan: “Il 7 maggio del ’45 mi trovo davanti tre partigiani con il mitra spianato, si rallegrano dell’orribile morte dei miei cari e poi mi intimano di seguirli. Con il filo di ferro – racconta Mafalda – mi legano le mani dietro la schiena e mi fanno salire su una macchina. A Santa Domenica mi portano davanti la casa di Norma Cossetto, chiamano sua madre per farla assistere alle mie torture in modo da ricordarle il martirio di sua figlia”.
La propaganda anti religiosa sostenuta da Tito non ha avuto pietà nemmeno di Don Bonifacio, ucciso perché rappresentava un ostacolo alla diffusione dell’ideologia comunista, mentre il Vescovo Monsignor Santin venne aggredito a Capodistra nel ’47. I partigiani di Tito hanno anche le mani sporche del sangue dei cento morti, tra cui molti bambini, ridotti a brandelli con il tritolo nella strage della spiaggia di Vergarolla dove era stata organizzata una gara di nuoto che il quotidiano l’Arena di Pola raccontava come una manifestazione di italianità.
Voglio ricordare, per primo a me stesso, le parole della preghiera di Monsignor Antonio Santin: “Questo calvario, col vertice sprofondato nelle viscere della terra, costituisce una grande cattedra, che indica nella giustizia e nell’amore le vie della pace”.
La strada della pacificazione, soprattutto in queste terre, è piena di ostacoli, ma anche se sarà impossibile avere una memoria condivisa, vale comunque continuare questo percorso di amore avviato per il riconoscimento di queste sofferenza da parte di coloro che in rappresentanza di Stati, oggi diversi ed europei, sappiano condannare e dissociarsi da quanto fatto dai titini. Non si tratta di chiedere perdono, che è un processo intimo e personalissimo che può compiere solo la vittima. Si tratta, invece, di riconoscere quanto accaduto chiedendo scusa e con una preghiera rendere omaggio ai nostri martiri.
I sacrifici e la tenacia con cui stiamo seminando, stanno iniziando a dare i frutti. Dopo il concerto nel 2010 dei tre Presidenti della Repubblica di Italia, Slovenia e Croazia: Napolitano, Josipevic e Turk in Piazza Unità a Trieste; per la prima volta un leader dell’ex Jugoslavia nel luglio dello scorso anno è venuto qui. Davanti a questo monumento nazionale della Foiba di Basovizza, il Presidente della Repubblica Slovena Borut Pahor, che ringrazio, mano nella mano al nostro Presidente Sergio Mattarella ha onorato questi nostri martiri italiani.
La Commissione governativa slovena che indaga sui crimini titini ha denunciato al mondo lo scoprimento, lo scorso agosto, della foiba dei ragazzini con i resti di 250 persone ed ha già individuato 750 fosse e riesumato migliaia di vittime passate per le armi dalle squadre di eliminazione di Tito. Secondo il presidente della commissione si tratta di almeno centomila persone tra italiani, sloveni, croati, serbi eliminati in nome di una pulizia multietnica e politica. La volontà della Slovenia di fare luce su questi crimini è un significativo episodio di questo processo di verità.
Il 19 settembre del 2019, un’importante risoluzione del Parlamento Europeo “Sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa” ha acceso un’ulteriore e doverosa luce sulla storia del ‘900, equiparando i crimini dei regimi comunisti a quelli del nazismo, mentre dallo scorso anno, nella nostra Trieste abbiamo istituito il 12 giugno quale giornata per le celebrazioni della liberazione dal comunismo titino.
Il mondo, finalmente, sta riconoscendo la tragedia delle foibe ed il dramma dell’esodo. In questo oggettivo contesto, pur rispettando l’età e le drammatiche e ingiuste sofferenze vissute, non credo sia opportuno erigere ad esempio dei drammi del ‘900, come molti vogliono ancora fare, lo scrittore Boris Pahor che, riferendosi al Giorno del Ricordo ancora afferma: “E’ tutto una balla, non era vero niente”.
Questo percorso intrapreso di riconoscimento delle sofferenze e della verità, per quanto mi riguarda, non è ancora terminato e con l’aiuto di tanti mi auguro che si possa porre rimedio ad una delle vergogne dello Stato Italiano, che nel 1969 ha insignito il boia Tito con l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce.
Fortunatamente sono sempre meno, ma purtroppo ancora troppi coloro che, come presunti storici, politici e altro negano questi fatti e cercano ancora di intitolare strade e piazze al boia o erigere stelle rosse nelle città, come accaduto a Fiume che non sarà mai più italiana, ma della cui italianità ne sono pregne la storia e la cultura.
A tutti questi esseri rammento che rimuovere il ricordo di un crimine, vuol dire commetterlo nuovamente, perché il negazionismo è lo stadio supremo del genocidio.
Su queste pietre intrise di sangue e lacrime, davanti a questo sacrario di Basovizza, simbolo dei drammi che hanno interessato il confine orientale durante la Seconda Guerra Mondiale, che nel mio precedente mandato nel 2007 ha ritrovato il suo doveroso onore diventando monumento nazionale, conto di accompagnare nel prossimo futuro anche un rappresentante della Repubblica di Croazia per rendere omaggio a queste vittime innocenti.
Solo in questa direzione si potrà compiere quel processo di giustizia indicato da Monsignor Santin.
Onore ai Martiri delle Foibe,
viva l’Italia,
viva Trieste.
Corone Basovizza Gdr 2021