Autore: Associazione Dalmati nel Mondo
Omaggio ad un “grande” impegno Pubblichiamo alcuni capitoli del libro sul Madrinato di Zara pubblicato dall’Associazione Dalmati nel Mondo, nel quale sono raccolti modi, tempi e risultati di un impegno delle donne zaratine esuli, per la salvaguardia dei monumenti del cimitero della loro città. Ad introdurre questa “storia”, Giorgio Varisco, figlio della fondatrice del Madrinato Dalmatico, che qui ricorda con grande tenerezza sua madre ma anche un’attività emblematica che non è mai cessata. Mia madre, Caterina Fradelli Varisco Casciando Zara il 2 gennaio 1947 per Rina Fradelli si fermò il tempo. In famiglia le tradizioni erano prassi di vita, fritole de magro la vigilia de Nadal, pinza a Pasqua, a tavola spesso pesce e carne d’agnello con strudel o paradiseto. Ma non solo, l’affettuosa devozione a San Simeone, la simpatia riservata ai frati di San Francesco, le minuziose descrizioni di case, calli e botteghe, il ricordo degli amici...amava il mare e il vento, ma soprattutto amava la gente della sua terra. Nei primi anni ‘80 in famiglia s’iniziò a parlare d’un argomento inusuale: i morti. Non quelli di famiglia, ma di una particolare generalità di morti, quelli che riposano nel cimitero di Zara. Gran parte dei rapporti degli italiani con Zara allora si sviluppavano attorno al cimitero. Le visite alla Città erano soprattutto pellegrinaggi per pregare sulle tombe dei propri cari, pagare le tasse cimiteriali, incontrare i pochi amici rimasti e visitare le chiese e i monumenti che si erano salvati dalla furia dei bombardamenti. Numerose tombe si trovavano in cattivo stato di conservazione e la loro proprietà era a rischio, non pagando le tasse molti rischiavano l’esproprio del bene. Le oltre quattrocento tombe italiane del recinto antico nel cimitero di Zara erano in serio pericolo. La pietà cristiana, l’aiuto delle amiche con cui aveva frequentato il Collegio San Demetrio, l’amore per la sua gente e la sensibilità, unita alla collaborazione delle autorità locali, furono altrettanti motivi che la videro svolgere per alcuni anni un’intensa attività a favore del cimitero. Bisognava fare presto e bene. Nel 1982 nacque il Madrinato Dalmatico per la Conservazione del Cimitero degli Italiani di Zara fondato dalle donne dalmate che decisero di occuparsi delle tombe. I loro nomi restano scolpiti nella storia del cimitero: Daria Machiedo Politeo, Carmen Matzenik Cronia, Elisa Perlotti, Maria e Lidia Hunger, Gina Zauner, Nora Millich Marsan, Nora Raccamato Fekeza, Didi Salghetti Drioli Caldana, Orietta Politeo Vidale, Annina Krekich Croce, Giulia Luxardo, Gioia Calussi Gabaldo, Maria Schittarellich, Maria Vittoria Barone Rolli e ancora molte altre contribuirono e continuano l’opera con immutato entusiasmo. La nostra casa divenne un ufficio anagrafe a ritroso dei decessi avvenuti a Zara dall’inizio del secolo ai giorni dell’esilio. In qualche modo una derivazione del cimitero, per ricostruire la mappa delle tombe, lo schedario dei proprietari, trovare i nomi e gli indirizzi degli eredi, incassare le tasse e pagarle alla direzione del cimitero. La vita famigliare si svolgeva simpaticamente tra morti a pranzo e tombe a cena; “come sta la tombarola” – “Fradelich, de che morti volemo parlar” – “signora funebretti, quanti morti ogi” – “la me dovaria dir se la tomba....xe sul perimetrale a destra entrando o nel primo campo a sinistra...”, scherzavamo noi figli al rientro da scuola o dal lavoro. § Mamma Rina sorridendo chiedeva di non essere presa in giro. Per l’arcinota “simpatia” per i numeri, la “tombarola” talvolta mi invitava a fare un controllo di cassa; a mano, non avevamo la calcolatrice. Con beata innocenza venivo informato che “mancavano o crescevano” anche somme importanti. Capita a chi non mette i numeri bene in colonna; alla fine naturalmente tutto quadrava, ringraziandomi diceva, “ti me ga proprio cavà un peso dal stomego”. Fu un lavoro non facile e di notevole spessore morale oltre che organizzativo affidato alla lucida memoria di mamma Rina. Si evitò la collaborazione con le autorità diplomatiche italiane, al tempo poco efficienti. Avrebbero potuto solo ritardare l’azione intrapresa, si decise di privilegiare il rapporto diretto con la Città. Le donne di Zara si attrezzarono al meglio documentandosi sugli strumenti giuridici consentiti nei rapporti bilaterali tra Italia e Jugoslavia per la trasmissione di documenti tra privati, studiarono un testo per il riconoscimento dell’usufrutto perpetuo delle tombe e raccolsero dagli eredi ogni documento necessario per mantenere la proprietà delle tombe. Una notevole mole di lavoro, ben ordinate in casa c’erano carte dovunque. Le difficoltà naturalmente non mancarono, ma dopo alcuni anni lo scopo fu raggiunto. Le proprietà furono riconosciute, consentendo anche oggi a molti di tumulare i propri cari a Zara nella tomba di famiglia. L’ultimo ritorno, finalmente a casa per riposare per sempre all’ombra dei pini, vicino al mare. Quando l’obiettivo fu raggiunto a chi la interrogava la Signora Fradelli rispondeva: “Mi lasci dire una verità che è sfuggita ai più, non saremmo riuscite a nulla se non ci avessero aiutato i nostri morti”. Giorgio Varisco