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GdR21 Discorso Fico Ravvicinato

Discorso del Presidente Fico alla cerimonia del Giorno del Ricordo 2021

Buongiorno a tutte e a tutti.

Saluto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, i colleghi parlamentari, il Presidente de Vergottini e i rappresentanti delle Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati.

Vi ringrazio vivamente per essere intervenuti a questa cerimonia in occasione del Giorno del ricordo come ringrazio tutti coloro che la seguono a distanza.

Rivolgo un ringraziamento speciale all’Orchestra del Conservatorio di Trieste “Giuseppe Tartini” per aver eseguito in apertura l’inno nazionale.

Oggi le istituzioni e tutta la comunità nazionale sono chiamate a rinnovare la memoria di tutte le vittime delle foibe, a ricordare l’esodo di istriani, fiumani e dalmati dalle loro terre nel secondo dopoguerra e la complessa vicenda del confine orientale.

“Conservare e rinnovare” la memoria significa anzitutto rendere un omaggio commosso alle sofferenze dei nostri connazionali privati della vita o lesi gravemente – come individui e comunità – nella loro dignità e nei diritti fondamentali.

E ringrazio l’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, il Ministero dell’Istruzione e il Comune di Trieste per averci dato l’opportunità di trasmettere un breve estratto del documentario “Le perle del ricordo”, che propone testimonianze drammatiche di ciò che avvenne al confine orientale, come quella che abbiamo appena ascoltato.

Migliaia di italiani furono uccisi, spesso in massa, dalle forze comuniste jugoslave e ancora oggi spesso si ignora il loro luogo di sepoltura. Centinaia di migliaia di persone furono costrette a fuggire e, purtroppo, non sempre furono accolte nella nostra penisola con la solidarietà dovuta.

Oggi ricordiamo anche quanti invece rimasero in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia ma furono sottoposti ad aberranti forme di persecuzione e discriminazione dalle autorità jugoslave, almeno fino agli anni Cinquanta.

Per troppo tempo le ferite lasciate da quei terribili eventi sono state confinate nella memoria degli esuli e dei loro discendenti, le cui sofferenze sono state acuite dalla indifferenza o addirittura dalla ostilità di ampie parti del nostro Paese.

Per troppo tempo sono prevalse narrazioni di parte, fortemente distorte da pregiudiziali di natura ideologica e nazionalista, che hanno ostacolato – ed in parte continuano ad ostacolare – una ricostruzione accurata ed oggettiva di quanto realmente avvenuto al confine orientale.

Soltanto grazie alla tenacia delle Associazioni degli esuli è stato avviato un percorso di giustizia e di verità volto a costruire una memoria condivisa. Ad esse va pertanto la più sincera gratitudine e vicinanza delle istituzioni e di tutto il Paese.

Oggi, sulla base di ricerche autorevoli, imparziali ed accurate, sappiamo che in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia fu messa in atto una feroce persecuzione contro la popolazione italiana inerme, mascherata in molti casi da rappresaglia di membri dell’apparato repressivo nazifascista ed elementi collaborazionisti.

Abbiamo dunque tutti gli elementi per respingere senza esitazioni le tesi negazioniste o giustificatorie di quella persecuzione, purtroppo ancora presenti.

Ciò non significa certo ignorare o sminuire le aberrazioni della politica di italianizzazione forzata delle popolazioni slave, condotta dal fascismo, e la ferocia criminale che ispirò la condotta delle forze nazifasciste in Jugoslavia.

Verso di esse dobbiamo ribadire la più ferma condanna, in coerenza con la Costituzione che nasce sulla Resistenza e si fonda sui valori antifascisti.

Ma – è bene ribadirlo – nessuna aggressione o violenza, per quanto efferata, può giustificare rappresaglie atroci verso la popolazione inerme, come quelle commesse contro gli italiani sul confine orientale.

In questa prospettiva, il Giorno del ricordo, deve essere anche un monito per il presente ed il futuro.

Deve ricordarci che la pace, la convivenza tra i popoli, il rispetto dei diritti umani non sono acquisiti per sempre. Ma richiedono un impegno quotidiano affinchéi conflitti, gli estremismi ideologici e nazionalistici, i totalitarismi, l’odio etnico e di classe non portino nuovamente ad atrocità, persecuzioni e crimini contro l’umanità.

Sono convinto che questo impegno debba tradursi – nel nostro continente – nella costruzione di una memoria comune europea sulle tragiche pagine della nostra storia passata.

Essa deve essere parte essenziale del processo di integrazione europea, del suo nucleo di valori e principi comuni, incentrati sul rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto, sulla protezione delle minoranze, sulla pace, sulla solidarietà.

Valori che quindi sono oggi comuni a tutti i Paesi interessati dalle vicende del confine orientale: l’Italia, la Slovenia e la Croazia.

Di fortissima importanza, simbolica e politica, in questa chiave è stato l’incontro dello scorso luglio a Trieste tra il presidente Mattarella e il suo omologo sloveno Pahor che hanno deposto insieme una corona sia presso la Foiba di Basovizza sia presso il monumento ai Caduti sloveni.

I gesti compiuti e le parole pronunciate in occasione di quell’incontro hanno sugellato il superamento di incomprensioni e recriminazioni tra Italia e Slovenia e l’affermazione definitiva della logica del dialogo e della cooperazione.

In quest’ottica la notizia che Gorizia e Nova Gorica saranno insieme capitali europee della cultura nel 2025 è particolarmente significativa. Rappresenta un segnale prezioso per due comunità indissolubilmente legate.

Mi avvio alla conclusione ribadendo l’importanza di promuovere il ricordo e la divulgazione storica delle foibe e dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati tra le nuove generazioni, come ha opportunamente previsto la legge istitutiva della Giornata del ricordo.