Donatella Rettore ricorda le foibe a Sanremo
Stravagante ma con stile, Donatella Rettore irrompe sul palco dell’Ariston in un completo bi-color bianco e nero con croci di cristallo incrostate sulla giacca. Sul web gli internauti rumoreggiano: «Ma è la Rettore o Crudelia Demon?», è la domanda più gettonata sui social. Il giudizio, comunque, è unanime: voto 10. Ma non è solo per la performance artistica e per il look che la cantante lascia il segno in questo Sanremo in cui si inneggia al politically correct e trionfa l’abc del mainstream che invoca stancamente accoglienza e diversità, e non solo tra le righe dei brani in gara. Un’edizione che rischia di implodere nel suo avvinghiarsi a un orientamento ideologico forzatamente ecumenico e buonista a tutti i costi, e dove non ci si scandalizza più nemmeno tanto per le acrobazie “eretiche” di Achille Lauro.
Sanremo, la Rettore in controtendenza al Festival del politically correct
Coordinate “festivaliere” che forse vanno strette alla grintosa Rettore che, da indomita rocker e regina della provocazione miscelata a sapiente ironia. Da ex ragazza ribelle insofferente a etichette e manifesti, raccontando del suo ritorno all’Ariston e spiegando il senso della sua canzone, Chimica, cantata in coppia con Dito nella piaga, si concede un inciso che ha il valore dell’attestazione di carattere. E in controtendenza alla melassa retorica dispensata a generose dosi nelle prime due serate della kermesse, in omaggio a buonisti e radical chic, dichiara (e l’Adnkronos riporta): «Si vive anche di ricordi e non bisogna cancellarli mai. Nessuno».
«Si vive anche di ricordi senza cancellarne nessuno: la Shoah come le Foibe»
E ancora: «Non se ne può ricordare uno e cancellarne un altro. Nella vita, come nella Storia», incalza la Rettore. Che poi prosegue: «Ad esempio, non si può ricordare la Shoah e cancellare le foibe. Non si può». È la sua posizione, sul passato nazionale e sulla vita di tutti i giorni. Un rimando, quello dell’artista in gara al Festival di Sanremo, che dà voce al profondo convincimento di chi, da sempre, denuncia pseudo-revisionismi e volute manipolazioni che fomentano un inaccettabile negazionismo sulle foibe. E che relegano le vittime, il dolore e il sacrificio di quella pagina della storia strappata troppo a lunga dalla memoria collettiva e dai calendari dei riconoscimenti istituzionali, in un’assordante dimensione di silenzio. Di verità taciute. E di ricordo e omaggi negati…
Giulia Melodia
Fonte: Secolo d’Italia – 03/02/2022