Far conoscere anche attraverso traduzioni in inglese la nostra storia
Nella prestigiosa cornice di Palazzo Giustiniani a Roma mercoledì 29 novembre sono state presentate a cura della Società Dalmata di Storia Patria di Venezia e dell’Associazione Coordinamento Adriatico l’opera di Marina Cattaruzza Italy and its Eastern Border (1866-2016), Routledge, New York and London 2017 e due lavori editi con il contributo delle associazioni della diaspora adriatica: Luciano Monzali, The Italians of Dalmatia. From Unification to World War I, University of Toronto Press, Toronto 2009 e Giuseppe de Vergottini – Valeria Piergigli – Ivan Russo, The Adriatic Territory. Historical Overview, Landscape Geography, Economic, Legal and Artistic Aspects, Peter Lang, Frankfurt am Main 2017.
Il Senatore Gaetano Quagliariello ha ripercorso a sommi capi le vicende dell’italianità adriatica, mettendone in rilevanza le profonde connessioni con la storia nazionale, laddove la stratificazione di dominazioni succedutesi in queste terre è stata al centro del saluto formulato dal Senatore Carlo Giovanardi.
Il Sottosegretario di Stato al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e Turismo Antimo Cesaro si è soffermato sulle leggi che sostengono l’associazionismo giuliano-dalmata e le comunità italiane nella ex Jugoslavia: «Si tratta di strumenti positivi ed efficaci, ma la cui applicazione necessita di un ammodernamento. Obiettivo primario è quello di presentare, grazie alle nuove potenzialità della ricerca scientifica, elaborati più appetibili per nuove e nuovissime generazioni»
Il professor Davide Rossi, moderatore della serata, ha quindi anticipato che è già in cantiere l’organizzazione di un simposio in onore di Lucio Toth, recentemente venuto a mancare, in cui si ricorderà non solo la figura dell’illustre dalmata, ma verranno presentati anche lavori di ricerca inerenti la storia dell’Adriatico orientale.
Impossibilitata ad intervenire Marina Cattaruzza, è stato Damir Grubiša a proseguire gli interventi auspicando maggiori sinergie fra ricercatori italiani e croati: «Il filosofo Elvio Baccarini, il ricercatore Franco Dotta e l’insegnante Vanni d’Alessio – ha elencato l’ex ambasciatore croato – rappresentano il legame che continua a sussistere tra l’Università di Fiume e l’Italia. Dobbiamo por fine a quello che Dotta ha definito “l’agguerrito dopoguerra”, il quale, assieme alle guerre mondiali, ha spezzato la koiné adriatica. Il ritorno dell’aquila bicipite sulla torre civica fiumana è una riconquista identitaria, laddove il bilinguismo visivo di cui si dibatte in città su istanza di una lista civica è una sfida da accettare per una città che nel 2020 sarà Capitale europea della cultura con il tema “il porto delle diversità”»
Secondo Luciano Monzali si è fatta chiarezza sulla storia dell’Italia adriatica dal Settecento a oggi, sicché la nuova sfida consiste nel meglio definire i rapporti italo-sloveni, italo-croati, italo-albanesi, ecc. e così delineare ancor meglio l’identità degli italiani dell’Adriatico orientale: «L’impronta veneziana è rilevante – ha specificato Monzali – e non si trattò solamente di dominio territoriale, ma anche dell’esportazione di un modello politico e culturale di cui risentì ad esempio pure Ragusa, che ben poco fu sottoposta alla Serenissima. Tali influenze hanno condizionato anche sloveni, croati e montenegrini più di quanto pensiamo» Si è venuta così configurando un’italianità adriatica peculiare, una civiltà marittima condizionata dall’incontro/scontro con gli slavi del sud e caratterizzata dal policentrismo.
Avendo Rossi ricordato che in questi ultimi anni anche l’associazionismo degli esuli istriani, fiumani e dalmati ha realizzato rilevanti studi e ricerche, è giunta opportuna la presentazione del nuovo lavoro di Coordinamento Adriatico: «Averlo pubblicato in inglese – ha spiegato Ivan Russo – ci darà maggiore diffusione; aver coinvolto colleghi afferenti a diverse specializzazioni (storia, economia, diritto, architettura) conferisce all’opera caratteristiche di multidisciplinarietà» In ambito economico il volume offre prospettive sul futuro nelle quali si auspicano «confini che collaborano e si integrano» ed un esempio già valido di cooperazione è stato indicato da Rossi nel Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT) imperniato su Gorizia e Nova Gorica, laddove il professor de Vergottini si è detto soddisfatto dell’attenzione che le istituzioni hanno riservato a questo evento: «Vogliamo diffondere la conoscenza di queste vicende oltre confine pensando anche alle seconde e terze generazioni di esuli che hanno perso o ridotto la padronanza della lingua italiana. Se abbiamo realizzato tutte queste opere, in gran parte, è merito dei contributi della Legge 72/2001, che purtroppo, però, non sempre sono solleciti»
Lorenzo Salimbeni