Gli esuli polesani e la Città di Pola hanno ricordato la strage di Vergarolla
Il 18 agosto di 77 anni fa si compiva quel bagno di sangue che sarebbe poi passato alla storia come la “Strage di Vergarolla”. Una domenica in spiaggia, una domenica sportiva. Alcune centinaia di polesi si sono sistemate in riva al mare per assistere alle gare della Coppa Scarioni per quella che sarebbe dovuta essere una giornata di festa mentre invece si è tramutata in una giornata di sangue. Le mine accatastate in spiaggia e in mare ritenute ormai innocue, tanto che i bagnanti ci passavano accanto e ci posavano sopra le proprie cose, hanno dato luogo a una deflagrazione spaventosa che ha trasformato la spiaggia in un macello. Sessantaquattro le vittime identificate, qualche altra decina i bagnanti morti senza lasciare traccia di sé, più di duecento feriti. Un evento che ha vestito la città di lutto e ha fatto emergere sopra ogni altra cosa l’eroica figura del medico chirurgo Geppino Micheletti perché assistette i feriti giorno e notte pur essendogli stata recapitata all’ospedale la notizia dell’uccisione dei due figlioletti, del fratello e della cognata. La successiva inchiesta del governo militare alleato stabilì che “l’esplosione venne causata da una o più persone” ma senza fornire nomi e prove tangibili di una responsabilità individuale o condivisa del sanguinoso evento. È anche per questo che ogni anno gli italiani di Pola, esuli e residenti, concittadini, autorità e ospiti onorano le vittime partecipando alla Messa di suffragio al Duomo e poi alla cerimonia di posa delle corone di fiori e delle orazioni al cippo commemorativo nel Parco intitolato alle Vittime.
Non solo un oratore tra gli altri come in passato, quest’anno il sindaco di Pola ha fatto lui stesso gli onori di casa alla cerimonia. Nella sua allocuzione, Filip Zoričić ha avuto anche la gentilezza di parlare in italiano: “Nella giornata odierna di 77 anni fa avvenne la grande tragedia di Vergarolla. Due sono le teorie sulla causa dell’esplosione degli ordigni bellici, ma solo una è la verità. Quel giorno persero la vita 64 civili, donne e bambini, e centinaia furono i feriti. Le ipotesi sono una cosa, ma la tragedia resta indelebile in questo monumento. A quel tempo le manifestazioni e gli scontri fisici tra le due parti opposte erano comuni in città. La verità non fu mai rivelata e l’evento causò la partenza della maggior parte degli italiani da Pola, nostri concittadini, nell’esodo che culminò nel 1947. Le nostre polesane e i nostri polesani abbandonarono le proprie dimore e i propri affetti, e noi oggi dobbiamo convivere con questa verità storica. Consentitemi di esprimere il mio più profondo rispetto per le vittime e per la memoria del passato, ma anche di rivolgere lo sguardo al futuro che si esprime nella disponibilità al dialogo, nella collaborazione, nel rispetto e nella convivenza serena”.
Il deputato CNI e vicepresidente del Parlamento croato Furio Radin si è rivolto quindi ai “connazionali con il cuore più forte di tutte le ideologie che ci hanno diviso, a coloro che non amano la retorica degli assolutismi e ai concittadini che hanno trovato il coraggio di essere qui per Vergarolla anche se i manuali scolastici non ne parlano, come non parlano di esodo e di foibe”. A tutti loro, insomma, il vicepresidente del Sabor ha detto con convinzione quasi profetica che tutti loro “tra noi saranno sempre benvenuti, anche se poi quel ‘noi’ e quel ‘voi’ sono pronomi che presto cadranno in disuso, fino a quando scompariranno completamente”.
La vicepresidente della Regione istriana in quota CNI, Jessica Acquavita ha ragionato in questi termini: “Se e vero che Vergarolla è stata il punto di non ritorno per molti italiani istriani che proprio dopo la tragedia decisero di lasciare la loro terra, è vero anche che Vergarolla ha segnato il destino di coloro che decisero di rimanere nella propria città e quindi di tutti noi che con ostinazione e caparbietà abbiamo continuato a coltivare la nostra identità, la nostra lingua e la nostra cultura italiana”.
A seguire l’allocuzione del viceconsole italiano a Pola, Tiziano Sošić, in rappresentanza del Consolato generale d’Italia a Fiume e del Console Davide Bradanini, assente per impegni istituzionali: “Una manifestazione dedicata a un evento storico ha senso se ha un messaggio per il futuro. Quello che mi ha affascinato sempre degli organizzatori è la loro tenacia, il fatto di avere lavorato per anni, passo dopo passo, con certosina pazienza, per raggiungere traguardi niente affatto scontati come lo sono stati la collocazione di questo cippo, la targa minore dedicata al dottor Micheletti, e poi altri progetti che non hanno ancora visto la luce ma verranno. Tutto questo è stato il frutto di un lavoro meticoloso non di una ma di un gruppo di persone. Mi associo al messaggio di Furio Radin che si lavora in coro e che bisogna continuare così soprattutto di questi tempi che abbiamo nuovamente una guerra in Europa, perché stiamo ritornando indietro pericolosamente: tra tutte le ideologie contrapposte, l’ignoranza è quella che ci tira indietro più di ogni altra”.
Gli ha fatto eco Maurizio Tremul, presidente dell’Unione Italiana: “Settantasette anni fa si compì a Pola una strage di innocenti, una delle tante stragi irrisolte dell’Italia e oggi anche della Croazia. L’Europa usciva disintegrata dalla mattanza del secolo breve che anche a queste latitudini ha tracciato una striscia inesorabile di dolore, di morte e di odio causati dalla contrapposizione cieca di ideologie e nazionalismi, dal nazismo, dal fascismo e dal comunismo. La sorte dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia erano già segnate, contese tra tre nazioni madre, tra virgolette, ma i cittadini che l’additarono ne erano ignari. La speranza nella miglior vita, come disse Tomizza, che guida il nostro istinto di conservazione ed è più forte dell’azione consapevole, era l’unica ancora di salvezza per il male dell’uomo. Così tra terrificanti strumenti di distruzione ritenuti innocui, l’infanzia, la genitorialità e la spensieratezza dei bagnanti nell’attesa delle gare natatorie, trovarono l’angoscia del tradimento contrapposto alla gioia di vivere. È importante fare luce su quanto è accaduto – ha concluso Tremul – perché se conosciamo la verità è anche possibile perdonare”.
Daria Deghenghi
Fonte: La Voce del Popolo – 18/08/2023