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GoliOtok

Goli Otok, il lager di Tito

ome ormai tutti sappiamo quest’anno ricorre il centenario della nascita del Partito Comunista d’Italia. I comunisti in generale, quelli italiani in particolare si sono sempre elevati al rango di unici custodi della VERITA’. Gli intellettuali di sinistra hanno sempre maledetto qualsiasi forma di ” revisionismo storico”, non considerando che la conoscenza della storia è sempre in movimento, perché possono emergere fatti nuovi, o poco conosciuti, vengono aperti archivi, desegretati documenti e tanto altro. Come ebbe modo di scrivere il giornalista Pansa: “Forse bisognerebbe ricordare a tutti quei “professoroni” che vi fu sempre un “negazionismo trinariciuto”, ben più consolidato di altre forme di negazionismo!”.

Del resto è interesse degli intellettuali di sinistra “cristallizzare la storia”, enfatizzando le categorie del Bene e del Male, tenendo sempre appiccicate le solite, consuetudinarie etichette, per avvalorare la manipolazione degli spiriti, sempre ben supportata da cinema, televisione, stampa ed editoria.

Però, a saper ben cercare, si trovano molte crepe nella storia,così come è stata tramandata da “una certa intellighenzia”, che ha saputo infiltrarsi capillarmente nella scuola, nella giustizia, nella stampa,nella comunicazione in generale. La tragica storia dell’ISOLA CALVA /ISOLA GOLI OTOK è esattamente una di quelle crepe che fa scorgere che c’è proprio tanto non conosciuto, volutamente ed attentamente occultato. Questa pagina bruttissima ed atroce può anche essere l’emblema di quella macchina di menzogne messa in moto dal PCI, da quelo che per molto tempo è stato il suo potente organo di informazione, il quotidiano L’Unità, specie grazie a certi articoli di “Fortebraccio”, polemista di punta del giornale comunista (al secolo Mario Melloni, 1902-1989), articoli che servivano a spandere a piene mani in Italia germi stalinisti che si manifestavano a volte in mai sopiti propositi golpisti.

Giacomo Scotti ha scritto un libro pubblicato a Trieste dalle Edizioni Lint :”Goli Otok, Ritorno all’Isola Calva”. E’ un testo fondamentale per capire cosa era successo ai comunisti contrari a Tito, nella ex Jugoslavia, deportati in quell’isola, che ospitò il più terribile dei lagers del dittatore jugoslavo Tito legato da uno stretto patto di alleanza con i comunisti italiani fin dagli anni della seconda guerra mondiale. Ovviamente il PCI ha sempre accuratamente seppellitto sotto una coltre di totale rigoroso silenzio quei fatti agghiaccianti!

Il disastro cominciò quando il PCI di Togliatti venne coinvolto nella rottura fra Tito e Stalin, avvenuta a sorpresa nel giugno 1948. Il Partito Comunista Italiano, membro del Cominform, che era il coordinamento fra i partiti comunisti europei, si schierò subito con l’Unione Sovietica e dall’oggi al domani Tito divenne “uno sporco fascista, camuffato da socialista”, “un servo degli Usa e dei banchieri di Wall Street” ed anche “uno spocchioso che viveva nel lusso come un satrapo orientale”, mentre il popolo jugoslavo moriva di fame.

Famosa una fotografia che ritrae il Maresciallo a bordo del suo panfilo,in navigazione con l’attrice italiana Sofia Loren, che all’epoca flirtava con i comunisti. Anche l’Avv. Agnelli, quando incontrò Tito, rimase sbalordito dal lusso di cui si circondava. Ancora oggi a Belgrado, il Palazzo di Serbia, fatto costruire in occasione della prima riunione dei paesi non allineati, testimonia di fatto tale lusso, anche se in quel caso per un edificio pubblico, con funzioni di rappresentanza. Stranezze comuniste!

Comunque i primi a pagare duramente il conto di quel velocissimo cambio di posizione furono gli operai specializzati di Monfalcone, circa 2.500 uomini, che, incoraggiati dal PCI, erano andati in Jugoslavia a lavorare nei cantieri navali. Subito dopo a finire nei guai furono gli ex partigiani comunisti che si erano rifugiati a Fiume, sottratta alla sovranità italiana nel 1945. Tutti quei cominformisti divennero di colpo “nemici del popolo jugoslavo”, “agenti stalinisti”, “sabotatori”, “spioni”, “cospiratori” e…” potenziali golpisti”! L’OZNA, la terribile polizia segreta jugoslava, iniziò a perseguitarli e così si riempirono le carceri di oppositori, moltissimi quindi anche comunisti italiani!

Con l’esercizio dell’arte della sfacciata menzogna, che ha sempre caratterizzato molti regimi comunisti, tali prigioni vennero chiamate “istituti di miglioramento”. Qualcosa di simile accadde anni dopo anche a Cuba, dove uno dei campi di concentramento per gli oppositori venne chiamato con crudele ipocrisia “Nueva Vida”. Però quelle carceri jugoslave non erano il peggio che il regime di Tito potesse offrire! Quelli veramente disgraziati finirono infatti all’Isola Calva/Goli Otok. Una distesa di pietre, caldissima d’estate e gelida d’inverno, posta nell’Adriatico, di fronte al Quarnaro. Là molti deportati morirono per le terribili torture subite.

In quel terrificante lager di Tito venne applicato un sistema unico al mondo per “rieducare” gli uomini: i nuovi deportati dovevano essere perseguitati dai loro compagni di sventura, arrivati prima di loro! Un sistema per uccidere la solidarietà umana! Le vittime diventavano tragicamente vittime di altre vittime, un meccanismo infernale ideato da Edvard Kardelj (1910-1979), il braccio destro di Tito, poi, in seguito, realizzato da Aleksandar Rankovic (1909-1983), il temutissimo capo della polizia segreta.

La giornalista Lucia Bellaspiga, in un articolo del 3 giugno del 2015, pubblicato su Avvenire raccolse le testimonianze di alcui sopravvissuti, fra i quali Pavao Ravlic. Fra il 1949 ed il 1956 la motonave Punat scaricò migliaia di disgraziati in quell’inferno in terra! “I nuovi prigionieri – raccontò Ravlic – dovevano passare fra due file di vecchi prigionieri per il “supplizio del benvenuto” (lo stroj); migliaia di detenuti picchiavano senza risparmiarsi i nuovi venuti; lo stroj durava circa 1km e mezzo e molti svenivano prima della fine; non era prevista la pietà; se le guardie si accorgevano che i detenuti vecchi non infierivano abbastanza sui nuovi, li buttavano subito fra le file di coloro che dovevano ricevere il supplizio”.

Dall’articolo della Bellaspiga si desume che alcuni internati che erano stati prima ad Auschwitz dissero che era meglio 1 mese ad Auschwitz che 1 giorno all’Isola Calva. Ma i tormenti non riguardavano solo i deportati, ma anche i familiari! Le mogli degli internati erano costrette a divorziare ,venivano sfrattate, licenziate. I figli venivano espulsi dalle scuole. Ecco eseguita a puntino la regola comunista dell’annullamento della personalità.

Il PCI, che ha sempre condannato qualsiasi forma di revisionismo storico, l’ha poi attuato in 24 ore. Infatti, nel 1953 morì Stalin ed arrivò Krusciov che, nel maggio del 1955,atterrò a Belgrado. L’incontro fra i due despoti fu sugellato da baci ed abbracci. Et voilà nuovo revisionismo rapidissimo  del PCI ,che ricominciò a celebrare Tito come “bravo compagno comunista”. Anche l’Unità, che aveva descritto il Maresciallo come “il bandito jugoslavo”, riprese a pubblicare articoli entusiasti sulla Jugoslavia, senza, ovviamente il benché minimo cenno all’Isola Calva! Coloro che poterono rientrare in Italia furono obbligati al più rigoroso silenzio sulle loro sofferenze. La tragedia dell’Isola Calva colpisce anche per la gravità del ” fuoco amico” fra comunisti, ma c’è da chiedersi quando prenderà forma nell’immaginario collettivo quel colossale genocidio perpetrato contro i non comunisti durante la Rivoluzione Bolscevica e negli anni successivi.

Forse, oggi coloro che saranno disposti a soffiare sulle candeline sulla torta per il centenario del Partito Comunista sono sempre meno, ma non bisogna dimenticare che l’onda lunga di molte menzogne ha pervaso, negli anni, anche gli spiriti di coloro che non sono mai stati simpatizzanti.

Alexandro Rossi – 04/03/2021
Fonte: Storia In Rete