Il Campo Profughi di Udine nel libro di Elio Varutti
La storia del Campo Profughi di Udine, che accolse circa 100 mila persone durante l’esodo da Zara, Fiume e Pola oggi è un libro. L’idea nacque dalla curiosità dei partecipanti alla Commissione Istruzione, Cultura e Partecipazione della Circoscrizione n. 4 “Udine Sud”, di cui l’autore fa parte. Si pensò di cercare e di costruire la storia del Campo Profughi di Via Pradamano. Era il 2003 e si propose al Consiglio di Circoscrizione di effettuare alcune conferenze sui temi dei profughi e dell’esodo istriano, giuliano e dalmata. Così fu fatto. L’Italia aprì 109 campi per loro. Essi fuggivano dalle violenze titine e dalla paura di essere gettati nelle foibe, dove finirono diverse migliaia di oppositori, accusati di essere fascisti o semplicemente italiani. Ciò accadde dopo le violenze del ventennio fascista contro gli sloveni, i croati e i serbi. Nella seconda parte del volume si racconta la storia del Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), dal 1948 al 2007. Tale organizzazione si occupò di assistere i profughi, di difendere i loro interessi e di ricordare le vittime della pulizia etnica jugoslava, perpetrata alla fine della Seconda guerra mondiale. È stato utilizzato il metodo di lavoro della ricerca storica sui testi pubblicati, dalla saggistica alla letteratura, alle riviste e ai giornali. Si è proceduto, inoltre, ad uno spoglio e un’analisi dei documenti ufficiali disponibili, giacenti all’Archivio di Stato di Udine, oppure presso altre conservatorie di repertori pubblici e in collezioni private. È stata effettuata, infine, una ricerca diretta, andando a sondare le fonti orali, mediante un’intervista semi – strutturata nei confronti di 103 persone, tra esuli adriatici e abitanti nello stesso quartiere del campo profughi o qualche altra persona coinvolta coi profughi. A loro sono state chieste informazioni sul campo profughi e sulla città del dopoguerra, assieme al reperimento di documenti, fotografie e pubblicazioni, facenti parte delle collezioni familiari, debitamente citate in fondo al lavoro. Sono state poi ricostruite decine di biografie individuali e, in un caso, di un intero gruppo familiare. Le biografie costituiscono dei casi emblematici del sentirsi persone dell’esodo. Che cosa si è scoperto? Il Centro di Smistamento Profughi (CSP) di Udine, situato in Via Pradamano, al civico numero 21, operò dal 1947 al 1960. Dipendeva dall’Ufficio dell’Assistenza Postbellica del Ministero dell’Interno. Il suo direttore, alla data del 19 agosto 1948, risultava Luciano Guaita. Saltuariamente, nel giugno 1945, la stessa struttura accolse profughi e reduci rimpatriati, che affluivano a Udine a migliaia dall’Austria, dalla Germania, dai Balcani, dall’Istria e dalle città italiane bombardate dagli angloamericani. Il 1° febbraio 1946 erano transitate per Udine, dal termine della Seconda guerra mondiale, oltre 500 mila persone, dirette nel resto d’Italia, alle rispettive famiglie. L’edificio di Via Pradamano fu eretto nel 1934-1936, come Collegio Convitto dell’Opera Nazionale Balillall’Opera Nazionale Balilla, con scuole magistrali. In seguito passò alla GIL, apparato del partito fascista. Nel 1943 fu acquartieramento delle truppe germaniche. Dopo la Seconda guerra mondiale ospitò militari inglesi. Oggi trovano sede, nei suoi ambienti, una piscina comunale, una scuola media statale, una biblioteca di quartiere e gli uffici della Circoscrizione n. 4, «Udine Sud». La prima accoglienza ai profughi e ai rimpatriati fu attivata, in Friuli, dalle autorità ecclesiastiche, soprattutto nel periodo bellico 1944 -1945 e nella fase postbellica. La prima struttura creata in città, il 9 maggio 1945, fu il Campo Raccolta Profughi di Via Gorizia, nell’area meglio definita come Via Monte Sei Busi, presso la succursale della scuola elementare statale “Dante Alighieri”. La gran parte degli intervistati l’ha chiamato come “el campo de Via Gorizia”. Il suo nome nel gergo militare alleato fu: “Camp n. 4 AMG – DP Centre Udine”. In seguito furono utilizzati, lì appresso, pure alcuni prefabbricati metallici, dove prima erano accasermate truppe inglesi e poi italiane. Così sorse il toponimo di “Villaggio Metallico”, o anche di “Vilagio de Fero”. Le stesse baracche, una volta chiuso il centro di raccolta, nel 1947, furono occupate dagli esuli, che le adattarono alla meglio ad uso abitazione. Vi fu sistemata persino una cappella per le funzioni religiose. Il cappellano del CRP di Via Gorizia fu don Pietro Damiani Calvino. Quello di Via Pradamano fu don Mario Stefani. Ambedue celebrarono l’eucarestia in campo, per fornire assistenza spirituale ai profughi. Il comandante alleato del CRP di Via Gorizia fu un tenente inglese; quello italiano fu il tenente Previato. L’ufficiale statunitense che comandava tutti i campi fu il maggiore Henry Hudson. Impiegato nel CSP di Via Pradamano fu Leonardo Cesaratto. I custodi furono tale Mainardis e Remo Leonarduzzi. Dal 1947 al 1951 affluirono al CSP di Via Pradamano 46 mila e 900 persone. È stato stimato che transitarono per le strutture di accoglienza di Udine circa centomila profughi adriatici, ossia un terzo di coloro che costituirono l’esodo istriano, fiumano e dalmata (350 mila persone per padre Rocchi; 250 mila, invece, per Raoul Pupo).
Per informazioni sul libro telefonare allo 0432-506203, sede dell’ANVGD di Udine
Elio Varutti