Il museo della civiltà istriana non è un “falso” storico
La risposta di Chiara Vigini
Chiara Vigini, Presidente dell’IRCI, risponde alle illazioni avanzate recentemente da un gruppo di storici noti per i loro atteggiamenti negazionisti, che contestano la realtà del Civico Museo di via Torino con argomenti d’altri tempi.
Alcune considerazioni, doverose per smorzare sul nascere le recenti polemiche riguardanti il Civico Museo della Civiltà istriana, fiumana e dalmata. È apparso sul Piccolo un articolo di Fabio Dorigo in cui si rende nota una presa di posizione da parte di storici e intellettuali di Trieste e di altre città d’Italia, contro il “falso” Museo della Civiltà istriana. Considerare “falso” il Museo della Civiltà istriana mi pare che possa significare soltanto tornare indietro alla ricerca di vecchie polemiche e contrapposizioni, che ormai sono da considerare del tutto anacronistiche. Mi pare innegabile che in questi tempi l’Italia, la Slovenia e la Croazia abbiano fatto notevoli passi in avanti nella assunzione delle reciproche responsabilità di Stati e di forze politiche, e non possiamo certo permetterci il lusso di tornare indietro, in particolare oggi quando – per fortuna – questa regione adriatica si sta riunificando nell’Unione Europea. Esiste un documento solennemente firmato nel luglio del 2010 dai Presidenti delle Repubbliche d’Italia, Slovenia e Croazia in cui ciascuno si assumeva le proprie responsabilità e tutti assieme si decideva di guardare a un futuro diverso per le terre affacciate all’Adriatico.
Il documento dei tre Presidenti, infatti, afferma la dignità dei tre popoli adriatici e riconosce i torti e le ingiustizie che ciascuno ha subìto nella lunga stagione dei nazionalismi e dei totalitarismi. A quel documento, secondo me, ci si può riferire proficuamente per andare avanti e favorire processi di integrazione che possono essere utili per l’insieme di questa regione. Ad esso c’è da richiamarsi, come individui e come gruppi e associazioni, per sviluppare una riflessione che abbia la consapevolezza dei torti patiti e la volontà di risolvere i casi di ingiustizia che ancora permangono, nella prospettiva di una sempre più necessaria collaborazione adriatica.
Nell’ambito di questa collaborazione o addirittura unificazione adriatica, inoltre, sono convinta che gli istriani, i fiumani e i dalmati di lingua italiana possono mettere a disposizione di tutti un significativo contributo, dopo il Novecento, tragico, ma non tale da cancellare le competenze derivanti dalla lunga esperienza di convivenza civile tra popoli diversi e dal grande affetto che essi hanno mantenuto per queste terre.
Credo che ciò corrisponda agli interessi di tutti, appunto, e non di una singola parte: riconoscere i torti subiti significa non pensare solo al passato, ma finalmente mettere a disposizione dei diversi paesi e dell’Europa un patrimonio di relazioni pacifiche, passioni e presenze di questa Europa adriatica che finalmente ritrova la sua unità.
Il Civico Museo della Civiltà istriana, fiumana e dalmata non è soltanto – è bene ricordarlo – un luogo, doveroso, del ricordo, ma è anche una delle espressioni di un istituto – l’Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata – che vuole essere protagonista di questi passaggi nuovi che coinvolgono tutti i popoli di queste regioni.
I miei personali riferimenti culturali e civili, nella formazione famigliare e negli ambienti che ho frequentato e frequento, mi consentono di poter dire che è diffusa la disponibilità a essere parte attiva di questi processi di pacificazione e sviluppo adriatico nell’interesse di tutte queste regioni.
Tornare di nuovo a contrapposizioni fuori luogo e stantie credo non sia utile a nessuno: possiamo proficuamente lavorare perché a tutti sia riconosciuta la dignità di una presenza e di una storia che il documento dei tre presidenti sollecita, richiama, riconosce e promuove. Per questo auspico, personalmente e come Presidente dell’Irci, che tutte le culture presenti nella nostra regione abbiano la possibilità di esprimersi al meglio, per cui i tagli alla Biblioteca slovena mi dispiacciono e mi preoccupano.
Chiara Vigini
Presidente dell’Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata
L’Osservatore Adriatico
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