Il Museo Egea di Fertilia festeggia un anno d’esistenza
Egea Haffner, la protagonista della celeberrima fotografia della bambina con la valigia divenuta l’icona dell’esodo giuliano dalmata, grazie all’esposizione della sua foto, ha fatto visita ieri in occasione del primo anniversario della sua fondazione, al Museo dell’esodo di Fertlia, in Sardegna, che porta il suo nome. Un progetto in perenne evoluzione che, partendo da un padiglione museale denominato “Ex officine” si estende quindi alla “Città di Fondazione di Fertilia” e alla sua variegata comunità, composta da donne e uomini giunte negli anni da luoghi diversi. Infatti oltre ai sardi si sono ritrovati in questo luogo in tempi e per motivi diversi i coloni del Veneto e dell’Emilia Romagna, gli esuli dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, che hanno completato la costruzione della Città di Fondazione abbandonata fin dalla fine del 1941 a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale, i rimpatriati delle colonie italiane della Libia, dell’Eritrea, dell’Etiopia, della Corsica, dell’Isola di Rodi e della Romania, oltre a tante altre famiglie giunte qui per lavorare all’Aeroporto militare. Una comunità tanto eterogenea quanto inclusiva che ha visto nella componente giuliano-dalmata il suo nucleo di maggiore importanza, dal punto di vista numerico e di conseguenza culturale e sociale.
Egea Heffner ha voluto così unire con un immaginario filo della memoria le città di Pola e di Rovereto in ricordo del suo lungo viaggio avvenuto nel 1946 ed ha deciso di donare al Museo la fotogafia originale con la valigia che la ritrae. Per l’ccasione ha letto anche alcuni passi del suo libro “La bambina con la valigia”.
Per il Museo si è trattato di un momento di grande importanza e di grande valore simbolico, in quanto Egea Heffner rappresenta tutti coloro che hanno pagato un prezzo altissimo senza avere alcuna colpa e che hanno dovuto abbandonare tutto per iniziare un lungo viaggio verso l’ignoto, ricostruendo da zero una nuova vita lontano dalla terra natia.
L’esempio di Egea rappresenta quindi un forte e positivo messaggio, di riscatto e integrazione, da consegnare alle nuove generazioni: senza mai dimenticare il passato, anche dalle situazioni più difficili è possibile ricrearsi una vita sociale e individuale serena. E questo vuole essere anche il messaggio che intende comunicare ai visitatori e agli utenti l’ecomuseo che porta il suo nome: un punto di riferimento per gli esuli giuliano dalmati sparsi in tutti i cinque continenti del pianeta e per tutti coloro che nella loro vita, per qualsiasi causa e ovunque nel mondo, hanno dovuto lasciare la loro terra natia per approdare in un luogo lontano in cui ricostruire da zero una nuova vita.
Fonte: La Voce del Popolo – 19/06/2022