Il Vescovo Santin cammina con noi…
Una Santa messa per ricordare il pastore ma anche la forza di un grande uomo
A trentadueanni dalla scomparsa, la figura del Vescovo Antonio Santin, nato a Rovigno, formatosi nel Seminario di Zaticna, continua ad indicare la strada in un mondo che spesso perde la giusta rotta. La sua prima messa fu a Vienna dove era andato a trovare la sua famiglia sfollata in Alta Austria, come tanti istriani, allo scoppio della prima guerra mondiale.
Ci sono personaggi che rimangono nella storia dei luoghi e delle genti per il messaggio forte e l’esempio di rettitudine e di coraggio che riescono ad esprimere con la loro fede e con le proprie scelte. Sabato 16 marzo alle ore 19, nella chiesa di Nostra Signora di Sion in via don Minzoni a Trieste è stata celebrata una Santa Messa in memoria dell’arcivescovo Antonio Santin da Monsignor Ettore Malnati che è stato per più di un decennio suo segretario personale, in grado quindi di testimoniare il rapporto del Vescovo anche col quotidiano.
Si alzava al mattino alle 4 e mezza – ricorda – e fino alla sera alle 20, la sua giornata era scandita dalla preghiera, dalla meditazione, dalla messa e l’incontro con i parrocchiani, la vita con la città.
Cosa ha insegnato alle genti il Vescovo Santin? La coerenza, il coraggio: quando a Trieste – ricorda Malnati – vennero annunciate le leggi razziali, Santin andò incontro a Mussolini davanti a San Giusto e gli intimò di non entrare se non avesse rinunciato ad un comportamento così assurdo.
Mise in salvo il tesoro della sinagoga allo scoppio della guerra e quando suonava l’allarme, era la prima cosa che cercava di proteggere. La Comunità ebraica – sottolinea Malnati – era composta allora, (censita nel 1938) da più di seimila individui, per molti il Vescovo si prodigò per procurare documenti falsi che avrebbero salvato loro la vita. Oggi qualcuno contesta queste verità. In una società in cui il negazionismo fa sfoggio della sua stoltezza, bisogna vigilare affinché la menzogna non offuschi storie d’eccellenza. Per non dire di quanto Santin fece durante la guerra per la città e l’Istria, vicino alla sua gente. E più tardi nell’esodo, recandosi nei campi profughi a portare conforto, accolto con gioia e gratitudine. L’esortazione di Santin era di far forza sulla dignità di un popolo laborioso e combattivo che avrebbe saputo trovare la strada, grazie alla fede, di un nuovo riscatto. Fu Santin negli anni Sessanta a posare la prima pietra di quartieri come quello di via Baiamonti dove tanti esuli trovarono casa, non solo come semplice ricovero ma come luogo in cui ricomporre un tessuto sociale e umano che avrebbe dato nuova vitalità a Trieste. Contro ogni ipocrisia, contro ogni facile denigrazione, convinto che ci fosse una soluzione, bisognava volerla e la fede sarebbe servita anche a questo.
Andato in quiescenza, inviò i suoi pochi risparmi ai terremotati del Sud, quando venne a mancare – rammenta ancora Monsignor Malnati – furono i parrocchiani ad attivarsi per pagare il suo funerale. E’ morto in povertà, si potrebbe dire ma sarebbe come tradire la sua memoria perché il Vescovo Santin visse di grande ricchezza nel rapporto col prossimo. Al suo popolo ha saputo dare coraggio e dimostrarsi “uomo”, giusto in tante occasioni, duro, fermo fino alle estreme conseguenze. Nel momento in cui la chiesa ha un nuovo Papa, Francesco, che si richiama al suo compito pastorale tra la gente semplice, tra i meno abbienti, la fede che mosse il Vescovo Santin assume, ancora una volta, una grande attualità assieme all’orgoglio di averne condiviso tempo e luoghi di provenienza, cammino e maturazione, sacerdozio e impegno nella chiesa.
Una santa messa, quella di sabato sera, in una chiesa gremita, trascorsa nel canto, la preghiera, la condivisione, a creare un’atmosfera di palpabile speranza: la storia è fatta dagli uomini, qualche volta sono in grado anche di cambiarne il corso trasformando la sofferenza in opportunità di crescita e di riscatto.
Nelle prime file alcuni rappresentanti delle associazioni degli esuli che hanno voluto organizzare questa occasione d’incontro e persone, come il consigliere regionale Bruno Marini, che fu vicino, insieme alla sua famiglia, al Vescovo Santin. E’ impegno comune tenerne ferma la memoria, oggi più necessaria che mai.
Rosanna Turcinovich Giuricin
L’Osservatore Adriatico
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