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December 21st, 2024
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Staffan De Mistura: la Pace è l’unica via…

Staffan 1

Al Sottosegretario, che sarà a Capodistria e a Valle lunedì prossimo, è stata data la cittadinanza onoraria ad Assisi

Autore: Rosana Turcinovich Giuricin

L’on. Staffan de Mistura, Sottosegretario agli Esteri del Governo italiano sarà lunedì prossimo a Capodistria e poi a Valle, vicino alla Comunità italiana in questo momento emblematico. Perché questa soddisfazione nell’avere la sua attenzione? Perché è uno di noi, almeno egli così si considera, per le sue radici dalmate, perché conosce la nostra storia, perché capisce il nostro dialetto e il desiderio di pace di un mondo che il Secolo breve ha segnato pesantemente. La pace è per de Mistura anche filosofia di vita, proprio per la forza delle sue radici appartiene al mondo, si sposta laddove c’è bisogno, tra chi soffre, alla ricerca di soluzioni. Un moderno cavaliere-combattente per il quale si prova immediata simpatia. Agli inizi di novembre la Città di Assisi gli ha conferito la cittadinanza onoraria durante una cerimonia alla presenza delle massime autorità locali alla quale hanno presenziato i giuliano-dalmati dell’Umbria. Che cosa significa – gli abbiamo chiesto – questo riconoscimento di Assisi? “L’ho accolto con grande emozione per due ragioni. Perché la città di Assisi rappresenta un simbolo di pace riconosciuto a livello internazionale ed è quindi un valore aggiunto per chi si occupa di pace keeping. Ma ritengo più importante la seconda ragione. Premiando me hanno premiato le migliaia di persone che ho incontrato durante la mia vita, in tutte le zone difficili del mondo, che operano ogni giorno in condizioni difficili, rischiando la vita, per un fine di pace. E’ la sua universalità a renderlo così importante”. Pace oggi significa soprattutto trasversalità, quanto è difficile far capire al mondo il peso assurdo delle chiusure negli egoismi locali? “Le resistenze ci sono ma considero che, alla fine, la via della pace sia l’unica possibile. Ne prendiamo atto in ogni occasione. Scoppia il conflitto, succedono fatti irreparabili ma quando riemerge la ragione, bisogna comunque trovare delle soluzioni di pace. Consideriamo quanto sta avvenendo in Siria, non potrà continuare, bisognerà arrivare ad un accordo, è solo questione di tempo. Ciò che è difficile da accettare è il prezzo che si paga per questa transizione dal conflitto alla sua soluzione, sulla coscienza rimangono tantissime vittime. La guerra è assurda”. L'esclusivismo nazionale per le terre dell'Adriatico orientale è stato una tragedia durante la seconda guerra mondiale e nei decenni successivi. Che cosa comporta il suo superamento? “Il tempo aiuta. Le ferite si risanano in fretta se scattano quel meccanismo imprescindibile del rispetto della dignità delle singole componenti. I giovani devono conoscere la storia ma essere pronti a superarla. Ciò che sta già avvenendo con l’entrata dei Paesi dei Balcani nell’UE. Dovrebbero entrare tutti perché a quel punto valgono le medesime regole del gioco e si fa strada un diverso approccio con la realtà”. Lei ricorda spesso l'aneddoto dell'abbraccio. Perché è così importante? “Beh, ciascuno segue dei particolari percorsi quando si tratta di operare in trincea. Dalla mia esperienza ho dedotto che quando ci sono questi momenti di estremo disagio, come può esserlo la profuganza, ha più valore uno strumento psicologico forte, che l’aiuto materiale. A chi ha lasciato casa ed affetti, a chi ha rinunciato ad una dimensione di vita normale, certi simbolismi significano rispetto della dignità che spesso non danno cibo, coperta o altri beni materiali. Ma se spalanchi le braccia a chi ti sta camminando incontro, metti in campo la tua disponibilità e l’altro si sente in salvo”. Che cosa le ha insegnato la sofferenza dei Balcani? “Proprio questo, il rispetto dell’altro”. Nelle sue missioni nel mondo che cosa porta con sé di questo mondo adriatico tormentato? “Le parole di mio padre. Era nato a Sebenico, si sentiva un veneto di Dalmazia con un profondo amore per le proprie radici. Questo orgoglio è fondamentale se aiuta ad incontrare l’altro, la storia diventa una guida alla quale riferirsi. Ricordati di tutto questo – mi diceva – quando girerai il mondo: se credi in ciò che sei, se hai una forte dignità, il resto verrà da sé”. Sarebbe più facile superare le crisi se ognuno smettesse di considerarsi l’ombelico del mondo? “E’ nella natura dell’uomo, l’egoismo è difficile da circoscrivere. Mettiamo il caso della persona che si ammala ed è convinta di essere l’unica vittima del destino in questa vita, implode, si commisera. Ma quando viene ricoverata all’ ospedale, all’improvviso si accorge che ci sono tante altre persone che soffrono, capisce che è parte di una realtà che coinvolge anche altri individui. Impara ad ascoltare, a ridimensionare le proprie ansie, ad accettare la sofferenza ma solo per combatterla”. Quanto è difficile oggi portare la pace in Paesi che non la conoscono? “Molto, ma va fatto perché va mantenuto quel senso di speranza e di fiducia nell’altro che ci rende forti. In tanti teatri di guerra mi sono accorto che ad esprimere questo sentire profondo sono proprio le donne che forse comprendono di più l’atrocità e l’inutilità della guerra. Sono loro che riescono a sorridere anche in situazioni difficili, infondono coraggio”. Che cosa rappresenta la Dalmazia per lei? “E’ la storia della mia famiglia che ritrovo in quella di tante famiglie giuliano-dalmate che ho modo di incontrare. Il legame con la terra che è forte nella nostra gente e quella dignità alla quale mi richiamo spesso perché la considero fondamentale, un messaggio che viene dal passato ma che non passa mai”. La prossima settimana Lei sarà in Istria, al Convegno sulle Minoranze a Capodistria e poi a Valle all’inaugurazione di Castel Bembo, restaurato grazie al contributo del Governo Italiano. Oggi più che mai diventa il simbolo dell’attenzione dell’Italia nei confronti della nostra realtà. La crisi ci sta investendo: c’è spazio per l’ottimismo? “Mi permetta di rispondere con un’unica parola: affermativo”.