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July 16th, 2024
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Fulvio Tomizza, il fascino del ritorno possibile

Tomizza

Autore: Rosanna Turcinovich Giuricin

TRIESTE – Studi Rai di Trieste, un lungo corridoio con le luci rosse sopra le porte, accese o spente, a segnalare le registrazioni in corso. Chissà quante volte Fulvio Tomizza, cartella sotto il braccio, avrà percorso questi spazi, posato lo sguardo sui medesimi particolari, immerso nei suoi pensieri… “Essere istriano per me è tutto”, diceva. Il ricordo della sua “voce”, calda e misurata, ci giunge da una delle tante registrazioni che lo sceneggiatore Fabio Venturin e la regista Viviana Olivieri hanno ripescato dagli archivi per dar vita ad un nuovo progetto del quale ci stanno rendendo partecipi. La messa in onda è già stata fissata per sabato 6 aprile (prima puntata), ore 12, sulle frequenze di Radio 1 per l’FVG. Proposto dalla sede regionale Rai per il Friuli Venezia Giulia, intitolato “Fulvio Tomizza: Dove tornare”, ovvero cinque episodi che rivelano il suo percorso: Alle radici dell’albero, La doppia guerra di Stefano, Lo specchio trasfigurato, Lo strappo, Esodo e ritorno. Le prove sono in corso, necessarie prima della registrazione che inizierà tra un po’, giusto il tempo di cogliere alcune battute, di ragionare con lo sceneggiatore su quest’operazione che restituisce Fulvio Tomizza, ancora una volta, al suo pubblico. “Tomizza è un classico – risponde il professore Venturin –, che va letto e riletto e non può essere dimenticato”. Ma la vita, si sa, è fatta di grandi fughe e di periodi di pausa, di oblio, nulla è dato per scontato, per cui bisogna lavorare, studiare, proporre… Fabio Venturin viene dal mondo della scuola, con una lunga esperienza nelle sceneggiature, dai radiodrammi ai personaggi. Ha curato trasmissioni sui grandi della musica dando seguito alla sua passione per le note, suona il pianoforte. È suo il ciclo di trasmissioni su Giuseppe Tartini, realizzate quando era ancora difficile trovare le registrazioni necessarie, per cui si doveva ricorrere allo studio degli spartiti. C’è la musica, anche in questo suo nuovo lavoro, basta ascoltare l’intrecciarsi delle voci degli attori Gualtiero Giorgini, Adriano Giraldi, Ian Leopoli, Maria Grazia Plos, Massimo Somaglino, Mariella Terragni. Ad ascoltare pazientemente ogni passaggio, l’assistente al programma, Marina Devescovi. In regia, il tecnico del suono Carlo Morello. Quale il filo che unisce le cinque puntate? “L’autobiografia – risponde l’autore Venturin –. Fulvio si racconta, intervenendo egli stesso con spezzoni di interviste d’archivio, rapportandosi con suo padre e sua madre, le vicende della sua vita segnata dall’esodo, per cui il ragazzo si chiede perché non possa essere come tutti gli altri che vivono una vita normale, senza scossoni. Invece per l’Istria non è così”. Lo racconta nei suoi libri nei quali la scrittura è mondo essa stessa, nel quale riversare dubbi e certezze, nel quale trovare una strada. Perché la radio? “Perché ascoltare, come leggere un libro, permette di viaggiare con la fantasia, di immaginare, di entrare nella magia delle parole”. Scrivere per la radio è come comporre uno spartito… “Ci vuole musicalità, ritmo, le giuste pause e poi c’è il ruolo della musica che entra ogni tanto per sottolineare un momento, da protagonista e poi svanisce. È un concerto, gaver recia, si direbbe nel nostro dialetto”. Nostro? “La mia famiglia è di Umago, quindi neanche lontano dal luogo di nascita di Tomizza, al quale lui era tornato”. Il tema del ritorno è sempre presente, anche in questo lavoro, ma nel titolo non c’è un punto di domanda… “Volutamente. Per tanto tempo il punto interrogativo è stato d’obbligo: l’esule non ha un luogo del ritorno. Ma ora l’abbiamo tolto, i tempi sono cambiati, il mondo è cambiato e così anche il concetto del ritorno, che assume altri significati per chi è andato lontano, o per chi è nato altrove, ma sentendo il richiamo delle proprie radici. Sono tematiche che Tomizza ha cercato di analizzare in tutte le loro sfumature e che oggi sono di grande attualità”. Il ritorno è molto legato alla figura del padre. Perché? “È incredibile quanto sia importante per un ragazzo il confronto col genitore. Lo è stato anche per Fulvio, come lo è per me. A mio padre ho dedicato l’unico romanzo che ho voluto scrivere, aveva fatto la guerra, la sua sofferenza mi apparteneva, dovevo raccontarla. Così tutti i nostri padri riversano sulle nostre spalle la loro esistenza e, ad un certo punto della vita, andiamo a cercarli. Nell’albero dei sogni, ma anche in altri romanzi, Tomizza lo cerca, lo evoca, lo incontra anche dopo che è mancato e con lui riflette e si fa consigliare. Sono momenti di scrittura onirica, di grande lirismo, che ritroviamo in queste puntate”. La vita come ispirazione, in Tomizza è sempre presente… “In una conferenza al Liceo Gobetti egli affermò una cosa importante che ho voluto segnalare. Disse: io mi sono ispirato alla mia vita, per scrivere certi libri… Però ad un certo momento la materia ha bisogno di essere organizzata… Cioè nella nostra vita tutto accade caoticamente e questo… non possiamo proporre del caos a dei lettori… quindi dobbiamo organizzarla, mettere le cose a posto: quindi fare ‘personaggio’ di noi stessi, quindi non snaturarci, ma completarci, casomai…”. I tempi stringono, la pausa caffè è terminata, gli attori sono pronti a riprendere il lavoro, concentrati, entusiasti, anche emozionati per la forza del pensiero di Tomizza in questi dialoghi. Viviana Olivieri, dalla regia, come un capitano dalla plancia, comanda l’equipaggio e tutto si muove, succede, li lancia e li riprende, controllando i respiri. Chi ascolterà dovrà sentirsi coinvolto. Ma non basta: molti suoi libri sono introvabili, così si rischia di dimenticarlo. Forse anche uno sceneggiato radiofonico potrebbe rinverdire l’interesse degli editori su insistenza degli ascoltatori. 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