Autore: Rosanna Turcinovich Giuricin
Nei nuovi disegni della politica regionale, cariche che appaiono ed altre che si spengono, almeno ufficialmente. Uno dei risultati di maggiore spicco quello raggiunto dall’Isontino che è riuscito ad esprimere un consigliere: Rodolfo Ziberna, di Gorizia. Ora però, per tenere fede ad un impegno che non ammette conflitti e sovrapposizioni, ha rassegnato le dimissioni da diverse cariche ricoperte nel corso degli anni, tra queste anche quella di Presidente dell’ANVGD della sua città nell’ambito della quale milita da decenni, prima al fianco di personaggi come Apollonio e poi nella carica di massimo rappresentante. Da cosa nasce il conflitto d’interesse? “Per termini di legge – risponde Ziberna – un consigliere non può guidare un’associazione che abbia più del 10 per cento di contributi regionali. Mi dimetto quindi per obblighi di legge ma anche di deontologia, lascio l’UPI e anche l’incarico di assessore comunale affidatomi un anno fa. Credo che la funzione di consigliere assorbirà tempo ed energie ed è una mansione che intendo portare avanti con la massima coerenza”. Un cambiamento radicale di vita… “Praticamente uno stop a tutto ciò che ho fatto fino ad ora e, se dovesse passare la proposta Serracchiani, ci rimetterò anche a livello finanziario. Ma la mia candidatura nelle file del Pdl nasce dal desiderio di cimentarmi in qualcosa che mi appassiona, soprattutto nel rapporto col territorio. Sceglierò di operare in due commissioni, la prima, bilancio e finanzia, nella quale mi sento di poter dare molto nonostante sia un settore difficile ma concreto, decisivo. L’altra invece spero sia cultura, sport e turismo, senz’altro nelle mie corde. Questo è quanto auspico per rispondere con coerenza a chi mi ha votato”. La politica oggi, paga? “Non direi proprio. Non c’era mai stata una classe politica così delegittimata, una pessima situazione finanziaria, un bilancio drammatico ma con aspettative alte per cui sarà da operare in tutte le direzioni dando concretezza al concetto di politica come servizio. Spero di riuscire ad offrire il massimo proprio ora, stando all’opposizione”. Come valuta il ruolo della Presidente Serracchiani? “Ogni cambiamento suscita una reazione, è legge fisica, ma poi la gente si abitua. Credo sia partita con alcuni atteggiamenti positivi, per esempio andando ad incontrare i sindaci ed i prefetti nelle singole città, entrando direttamente nel cuore delle problematiche a livello locale. La mossa che non mi convince è quella di aver diminuito il numero dei consiglieri per poi assegnare gli incarichi per la Giunta a degli esterni che vanificano lo sforzo di contrazione numerica. Ha fatto una scelta di qualità, però è legittima la domanda: non si fida degli eletti del suo partiro? Comunque il giudizio verrà col tempo”. Cosa succederà ora con l’ANVGD di Gorizia? “A maggio sarà nominato il nuovo presidente. Ho fatto pressione su mia sorella Grazia, che collabora con il Comitato da tanto tempo. E’ un’insegnante di storia, ha realizzato delle pubblicazioni sulle nostre vicende. Al suo fianco vedrei Guido Rumici, entrambi professori, noti, già dentro le cose. Io rimarrò a dare un aiuto. Ma non come Presidente onorario, che mi sentirei un anziano, non facciamo scherzi”. Lei vede un futuro dell’associazionismo nel mondo degli esuli? “Quella che stiamo affrontano, a mio avviso, è la classica criticità da crescita. Dopo decenni di vita in enclave, all'improvviso con la legge del Ricordo e quella per l’attività finanziata dal Governo, siamo diventati protagonisti, dopo tanto silenzio le luci della ribalta. I media hanno cavalcato l’idea del nostro mondo diviso. Ciò che conta per noi, invece, è il rapporto con le istituzioni, che è di grande stima e considerazione nei nostri confronti”. Non crede sia necessaria a questo punto una strategia? “C’è. Vogliamo arrivare quanto prima alla creazione di una fondazione, per metterci al riparo da una possibile crisi dei finanziamenti e organizzare il nostro futuro. Una fondazione sulla falsariga di quelle bancarie che investa solo gli interessi di un capitale che per noi dovrebbe essere quello depositato dalla Slovenia dopo la dissoluzione della Jugoslavia a conto di quanto la stessa s’era impegnata a pagare per i nostri beni. Fondamentale individuare progetti forti che ci permettano di supportare le Comunità degli Italiani per mantenere in loco la testimonianza della nostra esistenza. Contiamo sull’aiuto del Governo che dovrà stabilire nuove collaborazioni con i Paesi di riferimento. Il tutto per mantenere accesa la fiammella di un popolo sparso. Il resto sarà affidato ad un’impenditoria che l’entrata della Croazia nell’UE dovrebbe favorire. C’è poi la possibilità di accedere insieme, esuli, la comunità italiana, la minoranza slovena ai finanziamenti europei”. L’economia come volano di una nuova stagione di rapporti? “In amore e in guerra bisogna usare le armi giuste. Oggi è questo il volano di dialogo tra le diverse realtà, è giusto gestirlo al meglio. Immagino un GECT Istria che ci comprenda, utilizzando istituzioni e uomini in una sinergia tra città come Venezia, Trieste e Gorizia, la realtà croata, quella slovena e fino alla Dalmazia, partner le minoranze, italiana e slovena. Di GECT ce ne sono solo 16 in Europa, ancora in grado di intercettare finanziamenti. Dobbiamo partire adesso. Uno dei miei obiettivi sarà quello di promuove incontri tra i vari soggetti con questa finalità, senza considerare i mal di pancia che come arrivano, per fortuna, svaniscono”.