Istriani e dalmati in difesa di San Marco
170 anni fa avvenne quella che gli storici definirono “la Primavera dei popoli”: riaffiorarono gli ideali della Rivoluzione francese che un trentennio di Restaurazione non era riuscito a reprimere e che già negli anni Venti avevano dimostrato una certa vitalità, portando all’indipendenza della Grecia. La triade libertà, uguaglianza e fratellanza si condensava nel concetto di “nazione”, capace di mettere a repentaglio la stabilità degli imperi multinazionali, congiuntamente alla richiesta di riforme in senso liberale da parte delle classi borghesi protagoniste della rivoluzione industriale.
Nell’Italia che il Congresso di Vienna aveva spartito a tavolino in Stati e staterelli, ma di fatto inserito nella sfera d’influenza dell’Impero d’Austria, mentre a Vienna le manifestazioni di stampo liberale del marzo 1848 mettevano in crisi l’ordine imperiale, nel Regno lombardo-veneto Milano e Venezia chiedevano ugualmente riforme, ma sventolando pure quel Tricolore che a far data dal 7 gennaio 1797 fu della Repubblica Cispadana nata in seguito allo sconvolgimento apprtato dalla vittoriosa campagna d’Italia condotta da Napoleone Bonaparte. Le idee rivoluzionarie giunte in Italia al seguito dell’esercito napoleonico avevano contribuito altresì a por fine all’esistenza della Repubblica dei Dogi, ceduta all’Austria con gran delusione di patrioti come Ugo Foscolo e con la commossa partecipazione dei dalmati di Perasto, i quali seppellirono il gonfalone della marina da guerra della Serenissima di cui erano gelosi custodi. Ma proprio dalle coste dell’Adriatico orientale si sarebbe realizzato un significativo afflusso di volontari in difesa della rediviva repubblica marciana, la quale aveva il suo vertice in Daniele Manin, appena liberato dalle carceri assieme ad altri detenuti politici tra cui il dalmata Niccolò Tommaseo, illustre letterato nato a Sebenico ed in procinto di venire incaricato di prestigiosi ruoli di governo in quest’esperienza rivoluzionaria che aveva scelto per bandiera il Leone di San Marco affiancato al Tricolore verde-bianco-rosso. La volontà di inserire la memoria della Repubblica marciana in un più ampio contesto patriottico risulta palese in un discorso tenuto da Manin in Piazza San Marco: «Non basta aver abbattuto l’antico governo; bisogna altresì sostituirne uno nuovo, e il più adatto ci sembra quello della repubblica che rammenti le glorie passate, migliorato dalle libertà presenti. Con ciò non intendiamo separarci dai nostri fratelli italiani, anzi, al contrario, noi formeremo uno dei centri che serviranno alla fusione graduale, successiva, della nostra cara Italia in un solo tutto. Viva la Repubblica! Viva la libertà! Viva San Marco!».
Da parte dell’entroterra veneto la reazione iniziale non fu entusiasta, probabilmente come retaggio delle antiche signorie ed autonomie comunali che erano state assorbite dall’espansionismo veneziano, laddove in Istria e Dalmazia «non mancarono episodi significativi – affermava Lucio Toth nell’opuscolo “A novant’anni dal compimento dell’Unità d’Italia. La partecipazione degli istriani fiumani e dalmati al processo risorgimentale”, ANVGD, Roma 2008 – come la richiesta del Comune di Spalato di aderire alla rinata Repubblica Veneta e la progettata ribellione di Zara e della sua guarnigione al comando del colonnello Sirtori, rinviata poi per volontà del Tommaseo, coditattore del governo rivoluzionario veneziano». D’altro canto tutto il fervore rivoluzionario che si registra in Italia nel 1848-’49 coinvolge appieno anche la sponda orientale adriatica, a dimostrazione di come fosse intimamente connessa con la penisola italica e di come ne seguisse con trepidazione le vicende e gli sviluppi. Il compianto senatore zaratino e punto di riferimento dell’associazionismo degli esuli proseguiva ricordando «l’adesione di centinaia di volontari a difesa della Repubblica di Venezia e della Repubblica Romana e nelle file dell’esercito piemontese. A Venezia, oltre a Niccolò Tomamseo, con Daniele Manin alla guida della Repubblica, molti membri del governo erano dalmati e istriani: il ministro della Marina e della Guerra Antonio Paulucci, Matteo Ballovich, Sovrintendente della Marina, Leone Graziani, Vincenzo Solitro, Matteo Petronio. Si formò un’intera Legione dalmato-istriana. A Roma collabora con i Triumviri il liberale raguseo Federico Seismit-Doda (autore de “La Romana”, l’inno dei difensori di Roma), che più tardi sarà ministro nel Governo Crispi. E nella difesa della città si distinsero numerosi volontari dalmati e istriani».
Anche in altri moti che sconvolsero la compagine asburgica si riscontrò l’adesione di combattenti italofoni adriatici: «In Ungheria i coscritti fiumani nell’esercito ungherese costituirono una “Legione Fiumana”, composta da italiani, che combatté a fianco degli insorti ungheresi».
Anche se alle sconfitte degli insorti «seguì un’aspra repressione dei quadri amministrativi e militari che avevano preso parte, in patria o fuori, agli eventi rivoluzionari: condanne al carcere e all’esilio, assegnazione dei militari semplici alle compagnie di disciplina, allontanamento dai pubblici uffici di funzionari e magistrati», il percorso risorgimentale italiano era avviato e comprendeva a pieno titolo pure i patrioti che volevano vedere sventolare il Tricolore su entrambe le sponde del mare Adriatico.
Lorenzo Salimbeni – 26/03/2018
Fonte: Il Giornale d’Italia