La bambina Egea diventata nonna ha raccontato l’esodo istriano a èStoria
«Un emigrante ha una meta, un esule ha un passato. Un emigrante può sempre tornare, ha una patria che lo aspetta. Un esule parte per sempre». Sono differenze sostanziali e non semplicemente linguistiche quelle individuate da Egea Haffner a conclusione dell’incontro di oggi pomeriggio “Donne dell’esodo istriano”, ospitato nell’aula magna del Polo Universitario Santa Chiara a Gorizia, per èStoria, e realizzato in collaborazione con Anvgd-Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.
Divenuta simbolo dell’esodo come protagonista della ormai iconica immagine della bambina con la valigia (da cui il titolo del libro pubblicato nel 1995 per Piemme), Egea ha ripercorso le dolorose tappe della propria esistenza, una vita ritenuta comunque felice per i successi, personali e familiari, che l’hanno in seguito contraddistinta. Una sorte, la sua, per certi versi simile a quella di Erminia Dionis, amica d’infanzia di Norma Cossetto di cui ha finito per sposare un cugino.
Rimasta orfana di padre, per i legami con la famiglia del futuro marito era stata costretta ad abbandonare la madre da un momento all’altro per essersi ribellata al titino che era andato a prelevare tutte le persone imparentate ai Cossetto, compresa la sorella Gianna che, sposatasi anche lei con un cugino di Norma, rischiando di essere infoibata assieme al figlio Edoardo di appena 8 giorni. Le tappe del suo viaggio verso Trieste vengono lucidamente descritte da questa vivace signora che, a novantadue anni, continua a insegnare in un liceo raccontando un passato di sofferenza.
Vissuto che, come detto, la accomuna a Egea Haffner che ha avuto coscienza della sorte del padre, prelevato di casa il 6 maggio del 1945, solo per aver visto la sua sciarpa stretta intorno al collo di un titino incrociato per strada. Per questo nel 2006 Egea ha ricevuto dal presidente Ciampi una medaglia che ricorda il sacrificio del padre mentre memoria del passato della sua famiglia e di tutti gli esuli si trova all’Ecomuseo Egea di Fertilia (Alghero) a cui nel 2022 ha donato il fondo fotografico in ci si trova anche lo scatto che è diventato il simbolo dell’esodo.
Simile alla storia di queste due donne è quella di Lidia Matticchio Bastianich, madre del più celebre Joe, figura introdotta da Barbara Sturmar, docente di materie letterarie della scuola media Ascoli, e da due suoi ex alunni che hanno preso parte lo scorso anno a un progetto dedicato all’esodo giuliano e dalmata. Forte il ricordo delle privazioni legate agli anni trascorsi alla Risiera, che da campo di concentramento si è trasformata in sorta di luogo di smistamento degli esuli in attesa di una loro ricollocazione.
Ma è proprio dalla memoria di quel periodo e dalla nostalgia per ciò che aveva lasciato alle proprie spalle che per Lidia nasce il riscatto,, legato alla cucina e ai sapori che sempre aveva portato nella mente e nel cuore. L’incontro, che ha fatto registrare il tutto esaurito, è stato introdotto dalla presidente dell’Anvgd Maria Grazia Ziberna: l’inquadramento storico da lei fornito ha messo in rilievo l’importanza che hanno rivestito le donne anche in questo delicato momento, permettendo di preservare la memoria di un popolo senza che questo precludesse uno sguardo fiducioso verso il futuro.
Eliana Mogorovich
Fonte: Il Goriziano – 28/05/2023