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La Cassazione: «Esuli giuliano dalmati, lo Stato non risarcisce più»

TRIESTE – Lo Stato italiano non deve risarcire ulteriormente gli esuli giuliani e dalmati che hanno perso i propri beni nei territori ceduti alla Jugoslavia con il Trattato di Pace del 1947, espropriati o nazionalizzati dal governo jugoslavo. Lo sottolinea la Cassazione a Sezioni Unite. La Corte era chiamata a decidere sul ricorso presentato da alcuni esuli, e loro eredi, che avevano fatto causa alla presidenza del Consiglio e al ministero dell’Economia giudicando le somme versate loro come indennizzo tardive (furono stabilite solo con il trattato di Osimo del 1975, reso esecutivo negli anni ’80) e «irrisorie».

Puntando su un precedente abbastanza recente, una sentenza del 2004 della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo sui risarcimenti da parte della Polonia dopo gli accordi presi con le Repubbliche Sovietiche, i ricorrenti avevano portato in tribunale, a Trieste, lo Stato chiedendo di giudicare sul loro diritto a essere risarciti delle conseguenze dell’accordo di pace dopo la seconda guerra mondiale, perdendo sia in primo grado che in appello. Ora la Cassazione (sentenza 8055, udienza del 25 marzo) sottolinea come in effetti ci sia «un diritto soggettivo della parte nei confronti della pubblica amministrazione», ma questo «non limita le scelte del legislatore nel determinare la misura dell’indennizzo» che è un intervento «ispirato a criteri di solidarietà della comunità nazionale», e non ad «un obbligo di natura risarcitoria per un fatto illecito, non imputabile allo Stato italiano».

Fu l’allora Jugoslavia con la propria politica di nazionalizzazione, a procedere all’espropriazione anche dei beni appartenenti a cittadini di nazionalità italiana. Quindi lo Stato italiano «non è autore della violazione», «poiché la privazione dei beni dei cittadini italiani si è verificata ad opera di uno Stato straniero, al quale il territorio su cui essi si trovavano è stato ceduto dall’Italia, soccombente nel conflitto bellico». E in questo – hanno osservato le Sezioni Unite – il caso è diverso da quello giudicato dalla Corte Europea, che si riferisce ad un accordo tra due stati usciti vincitori dal conflitto, riguardante la frontiera orientale della Polonia e gli accordi con l’Ucraina, la Bielorussia e la Lituania, «con l’assunzione, da parte dello Stato polacco, di una specifica obbligazione di risarcimento nei confronti dei propri cittadini».

«Il Gazzettino», 07/04/14

L’Osservatore Adriatico