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Antonio Ballarin

La Fondazione degli Italiani di Istria, Fiume e Dalmazia ed il ruolo dell’Anvgd

Anche quest’anno l’Istria, il Quarnaro e la Dalmazia si riempiranno di turisti per le ferie estive. Una colorata e plurietnica moltitudine si riverserà in spiagge, calli, porti, paesi e città dell’Adriatico Orientale e, come ogni anno, le presenze italiane saranno significative. Ma come ogni anno ci aspettiamo, anche questa volta, che molti dei nostri connazionali si stupiscano alla scoperta di luoghi in cui la presenza della storia e della cultura italiana si percepiscono dall’aria stessa che si respira, dall’architettura, dalla presenza delle nostre Comunità autoctone – per lo più sconosciute – dai cibi e dai sapori che incarnano secoli trascorsi come cerniera tra mondi contigui. Davanti ad una tale ‘riscoperta’, frutto, purtroppo, della non conoscenza, quei turisti avranno modo di fare esperienza diretta con la «Questione Adriatica».

Lungi dall’essere fuori moda, nel centenario dallo scoppio della Prima Guerra che indubbiamente ha devastato il tessuto sociale, economico e culturale di questo delicato micro-cosmo, lo specchio di mare che unisce la penisola italica e la regione balcanica, custodisce con tenacia e perseveranza le vicende umane, le contraddizioni e le affinità di popoli che convivono in una regione il cui ruolo geo-politico non è mai banale né trascurabile per la nostra patria. La Questione Adriatica non può essere confinata entro un ambito prettamente regionale, ma è una vicenda nazionale a tutto tondo, essendo connessa con la storia dell’Italia intera per ragioni che vanno dai contributi culturali, offerti dalle eminenti personalità istriane e dalmate, agli interessi economici, inevitabilmente scaturiti nell’attuale configurazione europea.

L’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia incarna un percorso decisamente emblematico entro questo scenario. Nata nel 1947 con lo scopo di raccordare e organizzare i 350.000 profughi, dispersi in più di centoventi insediamenti in Italia e provenienti dai territori ceduti alla ex Jugoslavia con il Trattato di pace del 10 febbraio 1947, nel tempo ha saputo coinvolgere e sensibilizzare sempre più ampli ambiti della società civile. L’impegno per tematiche sconosciute al grande pubblico – come quelle messe in scena nell’opera teatrale Magazzino 18 di Simone Cristicchi – costituisce l’essenza stessa del lavoro volontario prestato da migliaia di persone senza distinzione di stato sociale, età, sesso, appartenenza politica o provenienza etnica.

L’Associazione non è il luogo di ritrovo di persone che con nostalgia pensano ad un passato che mai tornerà, ma è l’ambito in cui sono accolti e riuniti i giuliani, i fiumani i dalmati, e tutte quelle persone che sentono e vivono l’italianità dell’Adriatico Orientale e si chiedono, oggi, cosa fare per mantenere viva una degna identità, spesso rivelatasi fragile e bistrattata. Non si tratta di revanscismo, ma di un sano, garbato e fiero esercizio teso a celebrare e tutelare le proprie radici, la propria appartenenza, non certo estinta, ma viva e generativa.

Nella coscienza di una Questione Adriatica tutt’altro che marginale, l’Associazione svolge l’opera di difesa delle tradizioni italiane e di conservazione del patrimonio storico, spirituale e culturale della Venezia Giulia e della Dalmazia, sostenendo i diritti fondamentali degli italiani autoctoni in quelle Terre. Inoltre, mantiene uniti e consapevoli gli esuli giuliano-dalmati ed i loro discendenti, nel culto delle Memoria, nella difesa dei valori civili e culturali di cui sono depositari, nel ricordo del sacrificio collettivo dell’esodo, nella solidarietà con i meno fortunati, rendendosi portavoce delle loro esigenze individuali e collettive.

In questo senso le linee guida dell’Associazione trovano consenso e la sua stessa presenza si allarga sul territorio nazionale, anziché restringersi come in molti potevano pensare. È un dato di fatto come, le attività di difesa dei diritti negati ad esseri umani che hanno pagato per tutta la Nazione il debito di guerra con la Jugoslavia, unitamente alla proposizione e valorizzazione dell’elemento italiano in un territorio che vede l’istro-veneto od il dalmato-veneto come una delle lingue di uso comune, coinvolgano sempre più elementi della società civile che acquisiscono coscienza di una vicenda vitale, in divenire.

I settanta Comitati Provinciali e Delegazioni di cui è costituita l’Associazione Nazionale Venezia-Giulia e Dalmazia, hanno agito come un lievito entro il corpo della società, trasferendo la memoria di eventi a forza dimenticati ed ottenendo, come risultato, una risposta non becera né volta ad anacronistiche rivendicazioni, ma propositiva e fattiva, ovvero tesa a ricreare quel sottile filo d’oro che lega chi ha patito ed è andato via dalla propria Terra per un ideale, alla propria identità.

Questo è il senso ultimo di una Memoria che sappia trasformarsi in elemento capace di generare prospettiva.

Entro questa consapevolezza che matura e, nel tempo, acquista spessore sia entro l’Associazione che negli ambiti in cui essa entra in contatto – in particolare nel mondo della scuola –, i Congressi che si sono succeduti hanno permesso, progressivamente, di focalizzare meglio quale sia l’impegno percorribile con realismo. Si tratta della tutela di diritti ingiustamente disattesi – dall’indennizzo dei beni abbandonati alla possibilità di riacquisire quanto espropriato –, ma anche della perseveranza nella salvaguardia del patrimonio umano rappresentato dalle Comunità autoctone di Istria, Quarnaro e Dalmazia.

È in quest’ottica che all’ultimo vivace, propositivo e creativo Congresso tenutosi a Gorizia nel novembre del 2012, la scelta dell’Associazione si è orientata all’unanimità verso la costituzione di una Fondazione quale miglior strumento a livello nazionale e, soprattutto, internazionale per perseguire l’azione fino ad oggi attuata.

La recente assemblea tenutasi, su questi argomenti, lo scorso 11 luglio presso la sede delle Comunità Istriane a Trieste, a meno di qualche minoritario ed inevitabile distinguo, ha registrato un livello di significativa maturità. La comprensione che è solo il nostro popolo il soggetto in grado di costruire il proprio futuro era chiaramente palpabile. È certamente possibile e legittimo, anche se quasi sempre sterile, recriminare torti ed ingiustizie, ma è fuori discussione come per preservare e tramandare l’amore per le nostre radici vi sia bisogno della consapevolezza che nessuno potrà costruire la nostra storia se non noi stessi, che amiamo e serviamo l’italianità delle nostre Terre a dispetto di tutto ciò che ci è capitato nella vita.

Per questa ragione è sotto gli occhi di tutti come la coscienza condivisa di un’identità, la nostra, in grado di autolegittimarsi con continuità attraverso le mille piccole e grandi azioni civili intraprese in settant’anni, produca un’unica seria richiesta: cogliere giorno dopo giorno i frutti di un’identità, la nostra, che si diffonde come un sorprendente e positivo virus nella società.

Roma, 14 luglio 2014

Antonio Ballarin, Presidente nazionale Anvgd