La stanza di Piera
L’autrice, lontana da ogni posizione politica, dopo accurate ricerche racconta il genocidio delle fòibe avvenuto nell’Istria del 1943, visto da un’ottica esclusivamente umanistica. ANGELO FLORAMO ne cura la postfazione e scrive: ”Stefania Conte ha capito che la ferocia della Storia evoca fantasmi crudeli, che non adottano una bandiera o un ideale. Infieriscono sull’umanità. Ne fanno scempio perché abdicano i suoi valori più profondi“
Libero Martini nasce ad Albona, paese bagnato dalle acque dell’Adriatico, nel golfo del Quarnero. Nel 1943 ha diciotto anni e vive la Seconda Guerra Mondiale indossando l’uniforme del partigiano. Nei sessant’anni successivi la vita gli procura più dolori che gioie. Reagisce alle difficoltà e riesce a dare un senso alla propria esistenza prendendo i voti come prete cattolico. Alla soglia dell’ottantesimo compleanno, nei quaranta giorni che precedono il Natale decide di mettere nero su bianco ciò che anni prima ha vissuto in prima persona. Spinto da incomprensibili suggestioni visive e sonore, colte in prossimità della chiesa di San Giovanni in Tuba a Duino, inizia raccontando di Piera Leoni, un’italiana di Fianona che non sopravvive alle fòibe. Di lei, accusata ingiustamente dai partigiani titini di collaborazionismo e torturata nel castello di Pisino, esce un ritratto emblematico ed umanissimo di un essere umano che, con rara consapevolezza, scambia la propria vita per salvarne un’altra. Il romanzo si basa su fatti realmente accaduti.
Stefania Conte è nata a Venezia e vive in Friuli Venezia Giulia. Alterna la scrittura di romanzi e racconti di vario genere alla professione di editor.