La visita ad Albona
La mattina di sabato 11 giugno i radunisti sono partiti dall’Hotel Brioni su tre pullman diretti a Porto Albona. In uno di questi sedeva l’esule polese Marina Cavalieri Hill, residente in Scozia, che proprio quel giorno compieva 92 anni ed ha ricevuto da tutti i più calorosi auguri. Lasciata dai pullman nella parte alta di Porto Albona, la comitiva ha sceso le scale in direzione del porto, dove si è imbarcata su un battello del 1897, che l’ha condotta in direzione sud a vedere la costa orientale istriana fino a Santamarina. Malgrado il cielo plumbeo, si sono potute ammirare sia le bellezze paesaggistiche sia le brutture architettoniche sorte qua e là specie a partire dagli anni ’70. Al coperto una fisarmonica ha allietato il viaggio con melodie tradizionali. Al ritorno è cominciato a piovere, tanto che la risalita verso i pullman si è rivelata difficoltosa. I pullman sono quindi ripartiti per Albona, dove gran parte dei radunisti ha pranzato al ristorante “Velo Kafe”, mentre altri in un locale vicino. Durante una pausa il socio bergamasco Fernando Togni ha rivolto un pensiero affettuoso alla socia Silvana Sricchia, impossibilitata a partecipare per ragioni di salute, augurandole di rimettersi presto. Dopo il pranzo i radunisti si sono ritrovati sotto la loggia seicentesca della piazza bassa di Albona, dove li attendeva il presidente del Comitato esecutivo della Comunità degli Italiani Tullio Vorano, che ha fatto loro da guida. «Albona – ha detto fra l’altro – venne fondata sul sito di un castelliere del II millennio a.C. e fiorì in epoca romana. Una lapide del 245 d.C. cita la “res publica Albonensium”, ovvero il Municipio di Albona. La città rimase importante sia in epoca franca (venne citata nel Placito del Risano) sia nel periodo aquileiese. Al 1341 risale il suo Statuto comunale. Nel 1420 si dedicò a Venezia, che le concesse vari privilegi, tra cui quello (poi persosi) di eleggersi da sola il proprio podestà e quello di conservare il proprio Statuto. Tutti i principali edifici del centro storico sono di epoca veneta (1420-1797), con l’unica eccezione del palazzo comunale, eretto nel 1900. Nel 1626 si scoprì nelle vicinanze la prima vena di carbone, ma la prima miniera venne aperta nel 1781-83. A fine ’700 cominciarono le prime manifatture richiedenti carbone. Prima non sapevano che farsene. In epoca austriaca aumentò sia la produzione sia il numero di dipendenti, e vennero aperte altre miniere. Alla fine degli anni ’30 del ’900 l’autarchia indusse a produrre fino a un milione di tonnellate annue con 10.000 dipendenti. Furono realizzati i nuovi insediamenti di Arsia (1936-37) e Pozzo Littorio (1940-42), poi chiamata Piedalbona. Dopo la Seconda guerra mondiale la produzione continuò, ma con una media di 870.000 tonnellate annue e 7.000 dipendenti. La crisi del carbone portò negli anni ’60 alla chiusura delle miniere. L’ultima fu nel 1999 quella di Tupliacco. Negli anni ’70 aprirono invece delle fabbriche. Parecchie di queste lavoravano con l’Italia, ma negli anni ’90 entrarono in crisi. Dagli anni ’60 si è sviluppato il turismo a Porto Albona (Rabaz) e recentemente sono sorti impianti industriali italiani. Le mura cittadine risalgono al periodo veneto. Fino all’800 esistevano due porte. Nel 1599 gli uscocchi attaccarono invano la città di notte venendo da Porto Longo. Da allora gli albonesi venerano san Sebastiano come protettore, insieme a san Giusto».
L’Arena di Pola, luglio 2016