La voce nel silenzio
L’Archivio Museo storico di Fiume della Società di Studi Fiumani
Della vicenda fiumana molti sanno il poco che dicono i libri di storia. L’irredentismo e D’Annunzio, Tito e le foibe. Imprese mirabili ed eventi tragici, che restano confinati all’attimo: ciò che li lega e li cala nella Storia, la vita vissuta da quelle generazioni, i libri non lo raccontano.
Un silenzio colpevole è pesato a lungo sull’esodo giuliano-dalmata: tra il 1945 e il 1947 (e poi proseguito per tutti gli anni ’50) oltre 300.000 persone che si sentivano anzitutto italiane abbandonarono Fiume, l’Istria e la Dalmazia, dal 1947 formalmente appartenenti alla ormai ex-Jugoslavia. La diaspora riguardò la quasi totalità degli abitanti di lingua italiana: gran parte di loro restò nella penisola, dispersa in campi profughi sorti ovunque, ma circa 80.000 dovettero proseguire verso America ed Australia. Solo in pochi, circa 22.000, restarono nelle terre d’origine.
Fuggendo, gli esuli portarono con sé la memoria di quei luoghi, di tutto ciò che era sentito come proprio e non trascurabile. Nel caso della città di Fiume, dopo la nascita delle leghe fiumane fa seguito, nel 1966, la nascita a Padova del Libero Comune di Fiume in esilio, che si pose come punto di riferimento istituzionale per i profughi fiumani. Su un piano più ideologico e culturale, fu invece cruciale la ricostituzione nel 1960 della Società di Studi Fiumani (erede dell’omonimo istituto sorto a Fiume nel 1923), con lo scopo di raccogliere, conservare e studiare memorie e documenti rappresentativi della cultura giuliano-dalmata. È all’interno di questa struttura e nel rispetto di queste intenzioni che nel 1963 venne istituito l’Archivio-Museo storico di Fiume.
Per tutti gli anni della Guerra Fredda la vicenda fiumana venne minimizzata: solo dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della dittatura di Tito si cominciò a prestare orecchio a voci fino ad allora inascoltate. Si è dovuto attendere il 2004 perché venisse formalmente istituito un Giorno del ricordo per le vittime delle foibe e per l’esodo giuliano-dalmata (l. 92/2004), da allora festeggiato ogni 10 febbraio. Grazie anche all’attuale situazione politica, negli ultimi anni si è potuto lavorare al recupero dell’identità italiana come componente ineludibile della cultura fiumana, al fianco di quella croata: identità squisitamente culturale, senza pretese di prevaricazione politico-istituzionale sulla Fiume di oggi, dove gli italiani sono una minoranza.
PRESERVARE IL RICORDO «I fiumani devono avere un ricettacolo in cui deporre quanto possa ricordare il proprio passato. Ricordi delle nostre lotte vicine e lontane, della nostra attività in campo culturale ed economico, le reliquie dei nostri antenati che ebbero modo di distinguersi per il bene della nostra città, le immagini dei nostri caduti e dei nostri volontari nella lotta per la nostra italianità, le opere dei nostri artisti, piccoli o grandi che siano, sempre ugualmente cari. […] Rimarrà ancora tra noi, in vita, quanto ancora noi portiamo nei nostri cuori dell’indimenticabile nostra Fiume.»
Le parole scritte nel 1963 da Enrico Burich, intellettuale fiumano, danno chiara l’idea dello scopo originario dell’Archivio-Museo storico di Fiume: un luogo dove il passato fosse preservato ed eternato, un santuario della memoria. Il distacco doloroso, rimandato quanto più a lungo possibile, dalla propria terra determinò un forte senso d’appartenenza, verso tutto ciò che materialmente l’incarnava e verso la stessa Comunità fiumana esiliata; sentimento che si riflette nell’istituto stesso.
La genesi quasi spontanea, non organica e compartecipata dell’Archivio-Museo rende infatti molto più labili del solito i confini tra le varie realtà (archivistica, libraria, museale, giornalistica) che vi convivono, presto ricondotte dal consiglio direttivo della Società di Studi Fiumani ad altrettante sezioni dell’istituto. Ma è proprio questo “tutto” a rendere assolutamente peculiare la struttura, dove le lettere autografe di D’Annunzio e il carteggio personale di Riccardo Zanella, unico presidente dello Stato libero di Fiume, si affiancano a passaporti di inizio ‘900, resti di monumenti, cartine topografiche della città, fotografie e cartoline, testate giornalistiche fiumane dall’Ottocento in poi, libri di storia e cultura locale. Nell’Archivio-Museo trovano posto la grande storia e quelle piccole: i fondi di importanti personalità fiumane, donati e recuperati con pazienza dalla Società di Studi Fiumani, e i piccoli lasciti di coloro che affrontarono l’esodo. Il comune sentire (e soffrire) ha reso possibile la costituzione di una memoria collettiva, sempre passibile di incrementi ed aggiunte.
L’ARCHIVIO E I SUOI FONDI L’archivio si struttura così in fondi chiusi ed aperti: tra i primi, i più rilevanti da un punto di vista storico sono senz’altro quelli relativi ai protagonisti della scena politica e culturale di Fiume. Il già citato Fondo Riccardo Zanella, che consta di 50 faldoni ed è di grande interesse per lo studio di una realtà dalla vita breve ma significativa come il Libero Stato di Fiume, conserva carte di natura privata, lettere e altra documentazione in tre lingue (italiano, croato, ungherese), riguardanti le vicende fiumane tra fine Ottocento e inizio Novecento. Il Fondo Attilio Depoli e il Fondo Antonio Grossich, rispettivamente formati da 10 e 12 faldoni, conservano importanti testimonianze documentarie per gli anni dell’Impresa di Fiume (1919-1920), con lettere autografe di D’Annunzio e molto altro materiale eterogeneo (volantini, ritagli di giornale, fotografie, manifesti), in grado di attestare l’intensità di quel periodo e degli anni successivi, nonché il sentimento di epica resistenza che doveva animare il Vate e i suoi volontari. Il Fondo Vosilla contiene in 16 faldoni lettere e carte private di Michele Maylender e Andrea Ossoinack, personaggi politici molto in vista all’inizio del ‘900, tra i principali fautori (con Riccardo Zanella e Luigi Ossoinack) dell’autonomia fiumana.
Estremamente interessanti i fondi concernenti l’attività della Società di Studi Fiumani e i primi archivisti – uomini illustri, letterati ed artisti – dell’Archivio-Museo storico di Fiume: in particolare il Fondo Giovanni Proda conserva la sua corrispondenza ufficiale e permette di tracciare un quadro delle associazioni fiumane in esilio sorte ovunque, in Italia e nel mondo. Sempre frutto dell’attività dell’Archivio-Museo è il Fondo Personalità Fiumane, in cui gli archivisti hanno organizzato il materiale più vario (lettere, fotografie, articoli) relativo a 38 persone o famiglie legate alla storia politica e culturale di Fiume. Per citarne solo uno: il senatore del Regno, che aderì al fascismo, Riccardo Gigante, sindaco (1919-20), poi podestà (1930-34) e attivo a Fiume durante l’occupazione tedesca (1943-1945) ma senza ricoprire cariche ufficiali, profondamente legato alla sua terra, che non abbandona neanche all’arrivo dell’armata jugoslava (verrà fucilato nel 1945 a Castua). Ogni personalità costituisce un sub-fondo, per un totale di 50 faldoni.
Di certo rilievo sono anche gli altri fondi storici, tra i quali: il Fondo Whitehead e il Fondo Arsa raccolgono materiale interessante ancorché esiguo, relativo a due importanti attività economiche di Fiume e dell’area circostante, rispettivamente il silurificio Whitehead e le miniere dell’Arsa (in Istria). Il Fondo CAI contiene 10 faldoni di carte prodotte dalla sezione di Fiume del Club Alpino Italiano in esilio, mentre il Fondo Sport Giuliano-Dalmata conserva documenti di ogni tipo relativi alle associazioni sportive fiumane, che si siano o meno ricostituite in esilio: si tratta di circa seimila documenti. Il fondo Carte geografiche e passaporti, oltre a costituire un’importante traccia della topografia di Fiume all’inizio del Novecento, ne attesta anche la varietà etnica: i passaporti di chi vi abitò tra Ottocento e Novecento permettono infatti di rilevare notevoli dati sociali e linguistici (ad esempio è interessante notare come già alla fine dell’Ottocento i passaporti per i fiumani a lingua italiana fossero scritti in italiano, pur essendo Fiume dipendente dal regno Austro-Ungarico).
Tra i fondi aperti alcuni tracciano un profilo più puramente storico, come il Fondo Miscellaneo Gabriele D’Annunzio (15 faldoni), relativo soprattutto all’Impresa Fiumana e al suo ricordo, o il Fondo Esodo Giuliano-Dalmata, la cui eterogenea documentazione riguarda ogni aspetto del modo in cui la questione fiumana è stata trattata dal 1945 in poi. Altri sono invece testimoni della viva voce e del ricordo degli esuli: l’Archivio Generale, di recente costituzione, conserva in 11 faldoni in ordine alfabetico il frutto di piccoli lasciti, donazioni e recuperi (segno lampante di quella partecipazione collettiva alla conservazione della memoria, di cui s’è detto), mentre il Fondo Fonti Orali è di estremo interesse per la ricostruzione fedele delle esperienze vissute dai profughi. Ugualmente recente è il Fondo “Giorno del Ricordo”, che raccoglie tutto il materiale prodotto nell’ambito della manifestazione, dall’anno della sua istituzione in poi: memento di un gesto magari formale, ma nondimeno importante, che riconosce ufficialmente la dolorosa realtà dell’esodo fiumano. Ricchissimo e vario è poi il Fondo Periodici, in cui si conservano numeri sparsi delle numerose riviste prodotte a Fiume e dintorni dall’Ottocento ad oggi, testimonianza dell’intensa attività giornalistica che ha caratterizzato quell’area, e dunque indirettamente della forte recettività dei fiumani alla res publica. Infine, si incrementa costantemente un archivio multimediale, dove si conservano riproduzioni digitali di documenti e fotografie, la cui funzione in questo nostro secolo si avvia probabilmente a diventare centrale per i fini dell’istituto.
CONSERVAZIONE, COMUNICAZIONE, IDENTITÀ A proposito di fini: le parole di Burich sono certo valide ancor oggi, in un mondo dai ritmi incalzanti in cui conservare è difficile: l’Archivio-Museo storico di Fiume è in effetti essenziale per la ricostruzione della storia locale e quella più in generale dell’esodo, poiché conserva pressoché tutto ciò che rimane della documentazione prodotta in quell’area nella prima metà del Novecento, e dunque molti dei suoi abituali fruitori sono ricercatori, studiosi e storici. Ma occorre allargare gli orizzonti, porsi in un’ottica diversa, più attiva e comunicativa. La Società di Studi Fiumani e l’Archivio-Museo già da diversi anni se ne preoccupano, attraverso pubblicazioni (libri, giornali, filmati), progetti di ricerca in collaborazione con le istituzioni culturali della terra d’origine (nell’ottica del recupero dell’identità italiana al fianco di quella croata), ma anche condivisioni di dati archivistici con altri istituti italiani (Istituto Luigi Sturzo, Fondazione Antonio Gramsci, Fondazione Lelio Basso …).
Cruciale è poi avvicinare a questa realtà chi ne sa poco o nulla, in una “campagna di sensibilizzazione” che coinvolga negli ultimi anni ragazzi di tutte le età: la Società di Studi Fiumani organizza quindi convegni, seminari, borse di studio in collaborazione con le università romane, visite didattiche per studenti di scuola primaria e secondaria (nei casi migliori inserite in una più ampia ricostruzione della storia fiumana promossa dalle scuole stesse), conferenze negli istituti scolastici del Lazio e di altre regioni, soprattutto al Centro-Sud, dove l’esodo fiumano è avvertito come un evento ancor più lontano – geograficamente, temporalmente, culturalmente – che al Nord.
Dunque un messaggio forte, il rifiuto di lasciar scivolare nell’oblio la propria storia, rivolto a chi vi è legato come a chi ne è distante; monito e stimolo alle coscienze. Ma non solo: l’Archivio-Museo di Fiume, per tutti gli esuli e per chi è rimasto, riflette la molteplicità di culture che coesistono in quelle terre. Certo, si può parlare di lingua predominante, ma in fondo è un riconoscersi in questa o quella istituzione: in una stessa famiglia non è insolito parlare tre o quattro lingue (italiano, croato, ma anche ungherese, albanese, tedesco …). Radici diverse, tutte importanti, che i nazionalismi del primo Novecento hanno condotto a crasi e violenza: l’estremismo che ha spaccato l’Europa qui è sceso più a fondo, creando barriere di sangue tra vicini di casa. Per un credo e una lingua si è data la morte, e le foibe e l’esodo non sono che la conseguenza ineluttabile di decenni d’odio: come sperare in una convivenza pacifica, dopo essersi sentiti nemici tanto a lungo? Quale scelta se non la fuga? Sono ferite che non basta un trattato a rimarginare, occorre tempo, e un ricordo – costante – che risalga più indietro, a quando la diversità era una ricchezza. È anche questo che l’Archivio-Museo storico vuole raccontare, esso è specchio fedele dell’identità fiumana di carattere italiano: e tuttavia quest’identità non riposa in una particolare etnia, ma nella multietnicità e pluriculturalismo che da secoli caratterizza l’area giuliano-dalmata.
Ruben Celani