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November 23rd, 2024
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Nipote E Moglie Rosita

Missoni, la vicenda dell’eterno presidente… con affetto

Tra il pubblico anche il nipote e la moglie Rosita.
Ritrovato il corpo del figlio di Missoni” è questa la triste notizia che arriva nella giornata di apertura della Bancarella, dedicata quest’anno a Ottavio Missoni: una giornata particolare che rinnova nella memoria il grave lutto che ha colpito la sua famiglia. Presente la moglie Rosita e uno dei nipoti, che del nonno ricorda la statura, alto come spesso i dalmati lo sono. Per ricordare il grande esule zaratino intervengono due giornalisti Arianna Boria e Paolo Scandaletti. Di quest’ultimo si presenta il libro “Una vita sul filo di lana” biografia su e con Ottavio Missoni. Arianna Boria giornalista del Piccolo di Trieste ripercorre le tappe salienti della sua lunga vita. La Trieste dello sport, della vita giovane e spavalda,dei baretti, i primi passi nel mondo della moda con le tute sportive. Già dai tempi della prima azienda, creata con due amici, girava la storiella di quanto Missoni amasse ricordare a tutti: “gli altri lavorano e io faccio il presidente”, un ritornello che ha ripetuto per tutta la vita, un’espressione che lo connotava nella sua “leggerezza di essere”. Una leggerezza che Scandaletti affettuosamente ricorda nel suo approccio allo sport, al lavoro, alla vita. Non superficialità, bensì intensa partecipazione ed altrettanto forte distacco che gli permetteva di avere una visione più aperta del mondo. “ Attenta agli aggettivi, per te gli aggettivi sono importanti come per me i colori” disse alla Boria al termine di un’intervista, questo è uno dei tanti ricordi che la giornalista riporta del personaggio. “A casa sua vidi i quaderni a quadretti dove lui faceva i disegni e sperimentava le mescolanze dei colori, gli stessi presenti tra le piante e i fiori del giardino – ricorda. Mi regalò una sciarpa con tutti questi colori, che conservo ancora a distanza di vent’anni”. Scandaletti ripercorre le tappe della sua amicizia con Missoni. “Lo avevo incontrato a Venezia con la moglie Rosita, eravamo a tavola in pochi con un professore che era molto bravo a suonare e cantare, fu una bella serata. Nacque un lungo rapporto di conoscenza che dette i suoi frutti quando fu il momento di scrivere la sua biografia. Accettò di farla assieme a me, perché disse che di me si fidava. Mettendo assieme i pezzi che preparammo venne fuori un bel libro, se volete, ma soprattutto un bel personaggio”.
“Mi sono fatto l’idea – prosegue Scandaletti – che l’Italia abbia bisogno di conoscere la nostra storia e credo che questo sia una delle motivazioni per le quali ha funzionato il libro che ho scritto sulla storia dell’Istria. Quando ci fu il concerto di Riccardo Muti che diresse i ragazzi delle diverse nazionalità, italiana, slovena e croata, con i presidenti dei tre paesi assieme nel ricordo della storia e in un primo importante approccio alla riconciliazione, si manifestò una magia, tutte queste cose furono il segno di una svolta. Da quel momento in avanti i discorsi sono cambiati. Tutto questo per ricordare che il primo artefice di questa modo nuovo di parlarci è stato proprio Missoni. Oltre a fare i “giochini con fili e colori”, vere opere d’arte, è stato il sindaco di Zara in esilio e in questo ruolo al convegno di Grado nel 1994, svelò il suo ruolo politico. Aveva ormai capito che la contrapposizione non paga, se non ci si parla, non ci si intende e non si possono fare passi avanti. Questa posizione a quel tempo divise le associazioni, ma fu la premessa di Missoni che aprì la strada alla grande iniziativa nella piazza Unità di Trieste. Ha reso un servizio alla nostro paese e alla nostra comunità, aggiungendo un grande valore alla sua biografia”.
E ancora Scandaletti ricorda del grande valore artistico del lavoro di Missoni, “maestri del colore” li definì Balthus, al plurale perché il successo nel mondo della moda sta nel binomio di Ottavio e Rosita, senza di lei – dice il giornalista – non ci sarebbero stati i risultati che hanno raggiunto. Le opere dei Missoni sono in tutti i grandi musei mondiali, mentre l’accademia italiana li ha ignorati in maniera vergognosa.
In un breve intervento Lucio Toth va con la memoria ai tempi andati, ai ricordi legati all’amore per il mare, di quando si definivano i fratelli della costa, allo sguardo disincantato di un uomo vincente. E ancora Rosanna Turcinovich Giuricin, che ebbe modo recentemente di girare un documentario su di lui, ricorda il dialetto parlato sempre e con chiunque, e della grande simpatia che conquistava tutti. Ai raduni dei dalmati, lo acclamavano e applaudivano, esuli orgogliosi di essere rappresentati da un uomo così.

L’Osservatore Adriatico