Donna Lombarda, La bevanda sonnifera, e Il falso pellegrino.
Sono tre delle più significative ballate o canti epico-lirici o romanze che hanno avuto ampia diffusione nel litorale istriano, come del resto in gran parte dell’Italia settentrionale.
Donna Lombarda, uno dei più celebri canti narrativi popolari italiani, ha trovato una larga diffusione a Dignano Gallesano, Buie e Cittanova. La versione istriana però è molto più scarna delle omonime versioni che circolano per le altre regioni italiane perchè l’attenzione è stata rivolta più alla scansione vocale della parola, quasi come un cantastorie che è più attento a raccontare bene la vicenda piuttosto che sviluppare la potenzialità vocale della melodia. E’ curiosa l’assenza del bambino che avverte il padre della presenza del veleno, nel testo della versione istriana.
Caratteristica di queste ballads popolari è la forma linguistica mista (italiano+dialetto) su un ritmo cadenzato ma sostanzialmente libero.
Donna Lombarda
Améme mi o dona lombarda
améme mi améme mi.
Come vuoi che io ti ami
se ho già marì se ho già marì.
Quel bricone di tuo marito
falo mori falo morir.
Come vuoi ch’io lo facia morire
se non lo so se non lo so.
Va’ ne l’orto del tuo buon padre
là c’è un serpè là c’è un serpè.
Taglia la testa di quel serpente
metila nel vin metila nel vin.
Quando verà a casa il tuo marito
con ‘na gran sè con ‘na gran sè.
Dami da bere o dona lombarda
dami da ber dami da ber.
Di quale vino tu vuoi che ti dia
se non lo so se non lo so.
Dami del nero o dona lombarda
dami del ner dami del ner.
Cosa vuol dire così inturbato
chi l’ha inturbì chi l’ha inturbì.
I lampi e i tuoni de l’altra note
lo avrà inturbì lo avrà inturbì.
Bevilo tu o dona lombarda
bevilo tu bevilo tu.
Come vuoi che io beva
se non ho sè se non ho sè.
Con la mia spada che porto nel fianco
lo beverai lo beverai.
La prima gocia che beve lombarda
i colori cambiò i colori cambiò.
La seconda gocia che beve lombarda
il capo chinò il capo chinò.
La terza gocia che beve lombarda
in tera cascò e mai più si alzò.
Così fano le done lombarde
col proprio marì col proprio marì.
La bevanda sonnifera
E la mia mama così vechiarela
a la fontanela la mi fa andar.
E pena giunta a mesa strada
e la si incontra co ‘n bel cavalier.
E dove vai tu mia bela bruneta
così soleta ma per la cità.
Io me ne vado a la fontanela
a prender l’aqua per fare ‘l disnà.
Aspeta un poco mia bela bruneta
che tanto l’aqua la se inciarirà.
No non poso non poso aspetare
che la mia mama la freta mi ha dà.
Il falso pellegrino
La se vesti la se incalza
la si lava le bianche man
la se vesti la se incalsa bela Violà
la se lava le bianche man.
La va a baso in stalagio
la va prender più bel caval.
Mira uno mira l’altro
non sapeva mai qual pigliar.
Ha pigliato un cavalo turco
che non c’era mai cavalcà.
Vien a baso a tua moglie
marito mio dove tu vai.
Io vado a la guera
a la guera dei bei soldai.
Se non torno fra sete ani
moglie mia non stami spetar.
E pasato i sete ani
che la bela la va al balcon.
E la vide un bastimento
un bastimento di bei soldai.
E fra meso sti soldati
c’era un poveo pelegrin.
Carità carità signora
che son povero pelegrin.
Io non ho che cosa darti
solamente che pane e vin.
Io non voglio nè pan nè vino
colo una note dormire con te.
A tu mostro d’un pelegrino
questa c’era la carità.
Io ti farò scaciare fuori
de ste mure de sta cità.
Mostra fuori quela man bianca
quel anelo che ti ho sposà.