Muti dirige il Requiem: brividi a Redipuglia
È stato il momento più atteso, nella sua semplicità riassunta in pochi secondi. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, giunto al Sacrario assieme alla moglie Clio Maria Bittoni, ha “varcato” la soglia del Sacrario di Redipuglia, monumentale luogo di eterno riposo per oltre centomila Caduti della Grande Guerra, unendosi in un percorso di pochi metri assieme agli altri Capi di Stato, il Presidente sloveno Borut Pahor, l’omologo della Croazia Ivo Josipovic, e il presidente del Consiglio federale austriaco, Ana Blatnik. Come sono comparsi dal retro, fuoriuscendo a lato del palcoscenico, s’è subito levato un intenso applauso, fragoroso. Tutti in piedi, in omaggio e saluto da parte degli oltre settemila spettatori. Una vera distesa umana, già “chiamata a raccolta” almeno un’ora prima. Alle 20.30 sono infatti partite le esibizioni del Coro alpino e della Fanfara Brigata Alpina Cadore.
Napolitano e gli altri Capi di Stato sono giunti alle 21.23: l’attesa del loro arrivo, quasi dieci minuti, è stata contrassegnata da un silenzio assoluto. Rispetto ed emozione si sono colti tutti, in una sorta di “abbraccio virtuale” di massa, quasi a richiamare l’unione tra i popoli. Uno slancio corale vissuto nell’intensità di quei momenti, tra la suggestione delle luci, i grandi fari al Led mobili, che dai ventidue gradoni della scalinata sacra e dalle tre croci poste alla loro sommità, rimandavano a distanza l’effetto di tante fiaccole che incendiavano la scalinata. Napolitano e i suoi colleghi omologhi si sono quindi fermati, tra due corazzieri presidenziali immobili, davanti al palco. Sono così riecheggiati gli Inni nazionali, l’ultimo quello d’Italia, segnati dai rispettivi applausi. Poi è toccato al “Silenzio”. Alle 21.31 è salito sul palco il Maestro Riccardo Muti, accolto da un caloroso applauso. Il Maestro ha ringraziato il pubblico e la sua bacchetta ha aperto il concerto delle vie dell’Amicizia. Nessun discorso, dunque, anche in virtù delle caratteristiche stesse dell’evento musicale, curato da Mittelfest e Ravenna Festival e ripreso in diretta da Rai 3. Tutto rigorosamente programmato: alle 21.33 è vibrata la prima nota della “Messa da Requiem” di Giuseppe Verdi.
Le parole hanno lasciato il posto alle note e a ciò che hanno voluto rievocare, nelle menti e nei cuori. Del resto, il Presidente Napolitano i suoi messaggi li aveva già lanciati in mattinata, a Monfalcone, in occasione dell’inaugurazione della mostra dedicata alla Grande Guerra, alla Galleria d’Arte Contemporanea, facendo peraltro riferimento alla memoria legata alla necessità di una presa di coscienza atta a sradicare nazionalismi aggressivi e bellicisti e proiettata in un concreto processo di integrazione e unità di tutta l’Europa. Il Maestro Muti, da parte sua, ha avuto modo di osservare: la pace deve passare anche attraverso la cultura, anzi, prima della politica.
Il sacrificio di tanti soldati, 100.187, di cui 39.867 noti e 60.330 ignoti, sepolti nel più grande complesso monumentale riconosciuto a livello nazionale e internazionale, il dolore, la distruzione e il sangue della Grande Guerra, restano a perenne monito, e testimonianza, del dovere, e dell’impegno, di Pace. I Capi di Stato in prima fila hanno seguito l’evento, davanti al palcoscenico, una rete d’acciaio circondata dal muro in plexiglas della “camera acustica”, che avvolgeva orchestrali, solisti e coristi, ben 365 persone provenienti dai Paesi che hanno combattuto nel Primo Conflitto. Tutto, insomma, sapientemente studiato, a sottolineare la “pìetas” di quel luogo sacro. A cento anni dallo scoppio della Grande Guerra, il passato “chiama” il presente per parlare di Pace tra i popoli, per unire ciò che un secolo fa erano “gli uni contro gli altri”. Un principio, e un’emozione, da trasmettere soprattutto alle giovani generazioni, facendo loro conoscere quei soldati che hanno combattuto e hanno perso la vita per dare la libertà di oggi. La Grande Guerra, dunque, come essenza dei valori e di una nuova coscienza di oggi.
È stato sostanzialmente questo il senso del grande concerto commemorativo, magistralmente diretto dal Maestro Muti, che ha elevato lo spirito con la “Messa da Requiem” di Giuseppe Verdi, dove la morte assume i contorni di una drammaticità cristallizzata. Muti e i suoi orchestrali, solisti e coristi, hanno fatto sognare, e riflettere. Il concerto è durato a lungo, fino alle 23, ma è sembrato un soffio, un battito d’ali che ha trascinato tutto e tutti in un’altra dimensione. L’ovazione finale è stata interminabile. Così come l’emozione davanti all’ultimo atto della cerimonia: le note del Silenzio intonate dalla tromba sullo sfondo di un enorme tricolore dipinto sulla gradinata del Sacrario.
Laura Borsani, «Il Piccolo», 07/07/14