Perseguitato il clero soprattutto italiano «La Chiesa, molto ben radicata in Istria, andava distrutta»
Al convegno il prof. mons. Pietro Zovatto (Università di Trieste) è intervenuto in merito alla persecuzione titina del clero fedele al Vaticano. «Dopo la Seconda Guerra Mondiale – ha rammentato – la Diocesi di Trieste e Capodistria, che si estendeva in parte dell’Istria fin quasi a toccare Fiume, venne divisa in tre amministrazioni apostoliche. Per il Goriziano era responsabile Franc Močnik, che non venne accettato dall’amministrazione dell’Esercito jugoslavo e fu rimandato a Gorizia. Si recò a Belgrado e Lubiana per parlare con le autorità, ma una volta tornato fu preso, messo in un sacco, bastonato, preso in giro e buttato oltre confine. Antonio Santin de iure era ancora vescovo di tutta quanta la diocesi, ma de facto non poteva andare oltre confine. Nel 1946 si recò per impartire le cresime a Cittanova, ma nel duomo due giovani di 15 e 16 anni, entrati in chiesa all’inizio della cerimonia con il fucile spianato, lo fecero uscire immediatamente. Nel 1947 a Capodistria fu pestato, con la connivenza delle autorità jugoslave, e poi non poté più andarci per amministrare le cresime, benché avesse chiesto l’autorizzazione. Il segretario di Stato Montini protestò. Il terzo amministratore apostolico nel territorio occupato dagli jugoslavi fu addirittura cosparso di benzina mentre si recava in una chiesa e incendiato».
L’Arena di Pola, Pietro Zovatto, 6 aprile 2017