Piccolo vademecum per il 10 Febbraio
1 – no, la storia non comincia il 13 luglio 1920 con l’incendio del Narodni Dom a Trieste. Le violenze erano cominciate molto prima e nessuno ricorda che nel 1915 gli sloveni avevano assaltato le sedi culturali italiane con la complicità della polizia austroungarica bruciando la sede de “Il Piccolo”, la “Lega Nazionale”, le librerie e i caffè italiani, le palestre e i circoli sportivi italiani etc.
2 – no, non c’è nessun rapporto proporzionale fra “l’oppressione fascista” e le foibe. Non c’è alcuna proporzione fra l’aver detto a uno sloveno o un croato “parla italiano!!” e prelevare gente per legarla col fil di ferro e buttarla viva in una foiba.
3 – no, la questione della “italianizzazione forzata dei cognomi” non è un “crimine contro l’umanità”. E’ una fregnaccia. Ed è cominciata molto prima, quando a slavizzare nomi e cognomi ITALIANI erano stati gli austroungarici con la complicità dei preti slavi dell’Istria, che sui registri parrocchiali iscrivevano i nuovi nati con nomi slavi e non con quelli richiesti dai genitori italiani. Il governo italiano ha solo ripristinato lo status quo ante, certo forse commettendo qualche esagerazione, non c’è dubbio. Ma solo inserendosi nel solco già tracciato da austriacanti e slavi.
Ah, la cosa poi venne fatta – uguale e contraria – dal governo di Tito nel dopoguerra…
4 – no, non è il “nazionalismo tossico italiano” ad aver avvelenato i rapporti fra slavi e italiani nelle terre italiane dell’Adriatico orientale. Fu l’oppressione asburgica, contro la quale abbiamo combattuto nel nome della LIBERTA’ per l’intero Risorgimento, a scagliare le etnie slave (considerate “Kaisertreu”, fedeli all’imperatore) contro gli italiani nei territori predati da Vienna e appartenenti prima alle libere repubbliche marinare italiane di Venezia e Ragusa.
5 – no, le politiche di “bonifica etnica” non sono un’invenzione degli italiani, né tantomeno del Fascismo. Sono state inaugurate dagli austriaci e messe nero su bianco dallo stesso Francesco Giuseppe d’Asburgo nella riunione del consiglio della corona del 12 novembre 1866. «Sua Maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l’influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno».
6 – no, l’esercito italiano ha senz’altro commesso violenze contro gli jugoslavi ma queste non giustificano né possono essere considerate “la causa” delle violenze titine contro gli italiani. Se è vero che il Regio Esercito è responsabile dell’uccisione di 20 mila jugoslavi durante l’occupazione, contemporaneamente ha perso per mano partigiana 15 mila soldati, spesso e volentieri trucidati nelle peggiori maniere dai partigiani: sbudellati, occhi cavati, orecchie strappate, torturati e appesi per i piedi a morire lentamente. Per confronto, le forze di Tito nei territori italiani occupati nel 1945 hanno infoibato 2500 persone e altre 7500 le hanno fatte variamente sparire, SENZA PERDERE UN SOLO UOMO a causa di azioni terroristiche o di resistenza degli italiani. C’è una certa differenza fra combattere contro una popolazione in rivolta e accanirsi contro una popolazione che ha deposto le armi.
7 – no, l’Italia non può essere considerata “aggressore” nei confronti della Jugoslavia. Belgrado aveva firmato il Patto d’Acciaio e un golpe ha rimosso il governo filo-Asse per sostituirlo con uno filo-Alleati. L’Italia era minacciata da questo governo golpista che preparava un attacco sul rovescio del nostro dispositivo militare in Albania, cosa che avrebbe causato un disastro di proporzioni apocalittiche per noi. Inoltre le nostre forze armate sono state accolte come “liberatrici” dalle popolazioni croate, montenegrine e albanesi del regno di Jugoslavia.
8 – no, l’Italia non può essere considerata responsabile dei massacri inter-etnici commessi fra etnie jugoslave fra 1941 e 1945. Anzi, il nostro esercito si frappose quando possibile fra le fazioni, cercando di evitare i bagni di sangue e salvando decine di migliaia di civili dalle bande avversarie. L’unica responsabilità va ricercata negli usi e costumi di quelle terre, nelle quali – vedere i rapporti diplomatici italiani dall’Albania – era “normale” vendicare un insulto per strada di un decennio prima con il massacro di intere famiglie da parte di chi era stato insultato. Crudeltà e totale sproporzione fra offese e reazioni erano una costante negli usi e costumi dei Balcani. Le “foibe” non sono altro che un irrompere di questi usi e costumi barbarici in terre di antica civilizzazione latina.
9 – no, le “foibe” non sono un’invenzione fascista. L’uso di ammazzare il nemico buttandolo nei pozzi da quelle parti è antica e sono documentate svariate “foibe” di slavi contro slavi molto prima delle “foibe” contro gli italiani.
10 – no, non si possono citare a pezzi e bocconi i documenti dei comandi militari italiani nella Jugoslavia occupata. E’ verissimo “testa per dente”, è verissimo “si ammazza troppo poco”, e nessuno li nega. Ma è anche verissimo che nelle stesse circolari i nostri comandi imponevano ai nostri soldati di comportarsi con giustizia, di non trascendere mai sulle leggi e gli usi di guerra e di stroncare con pene esemplari il saccheggio e gli stupri commessi da soldati italiani. Il contesto cambia moltissimo il senso delle singole frasi…
Emanuele Mastrangelo (Redattore capo di Storia In Rete)