Polemiche su Gabriele d’Annunzio e Ronchi dei Legionari
In seguito alla pubblicazione del seguente articolo sul quotidiano “Il Piccolo” di Trieste il 21 settembre 2017, non si sono fatte attendere le repliche da parte delle associazioni patriottiche e degli esuli.
Mesic è d’accordo: oblio sull’impresa di Fiume
L’ambasciatore croato a Roma ha risposto alla richiesta di Barone dell’Anpi: «Simili anniversari danneggiano i rapporti amichevoli tra i nostri Paesi»
di Luca Perrino
“Ben 98 anni di divisioni, di distinguo, anche di battaglie e polemiche. La marcia su Fiume, quella che, il 12 settembre 1919, vide protagonista Gabriele D’Annunzio, fa ancora discutere a Ronchi dei Legionari. Così è che Marco Barone, avvocato e studioso di storia, ma anche membro del consiglio direttivo dell’Anpi, a titolo personale ha scritto all’ambasciata croata a Roma e l’ambasciata gli ha risposto a stretto giro di posta. Nella missiva Barone, dopo una lunga premessa nella quale racconta i fatti, ha chiesto all’ambasciatore, Jasen Mesic, di sollecitare l’intervento della Repubblica di Croazia nei confronti delle autorità italiane perché non abbiano più luogo cerimonie, celebrazioni, della marcia di occupazione su Fiume. Ma anche che non venga considerato più come un “valore” d’Italia la figura di D’Annunzio, viste le sue parole altamente offensive e razziste come manifestate nei confronti del popolo croato.
La risposta a Barone va nella direzione che lo stesso Barone voleva. «Condividiamo la sua opinione – si legge – che simili anniversari danneggiano l’atmosfera dei rapporti amichevoli tra i nostri due Paesi e che celebrarli incita sentimenti nazionalistici. L’ambasciata della Repubblica di Croazia a Roma, da parte sua, intraprenderà tutto il possibile nell’ambito delle proprie competenze, e apprezzeremmo altrettanto il suo ulteriore impegno nella questione. Siamo sicuri che lei, come stimato cittadino della Repubblica italiana, insieme ad altri suoi concittadini, può, più di tutti, contribuire al cambiamento di tale clima e alla ancora migliore costruzione dei rapporti di buon vicinato, in particolare nelle zone multietniche adiacenti ai confini».
Dunque l’impegno è previsto. Non resta che attendere le prossime mosse e ciò che succederà il prossimo 12 settembre. Ci sarà ancora la manifestazione promossa dalla Lega Nazionale? Certo è che, proprio in occasione dell’appuntamento di qualche giorno fa, il sindaco Livio Vecchiet ha manifestato l’intenzione, nel 2019, di ricordare i cento anni con una mostra e tutta una serie di iniziative. E che l’assessore alla Cultura, Mauro Benvenuto, ha espresso la volontà di dare maggiore visibilità alla parte dell’antiquarium che ospita molti reperti dannunziani. Museo che, di recente, è stato arricchito con alcuni documenti messi a disposizione dal comitato per la valorizzazione storico-letteraria di Gabriele D’Annunzio. Si tratta, tra l’altro, di un volantino del 14 dicembre 1920 realizzato dallo stesso D’Annunzio e rivolto al senatore Attilio Hortis, allora vicepresidente del Senato per le posizioni assunte e di un volantino stampato il 21 dicembre 1920 che cita espressamente Ronchi. Ci potrà essere una convivenza o sarà sempre muro contro muro?
«Si è trattato di un’impresa nazionalistica – spiega da parte sua Barone – capeggiata da una persona guerrafondaia come D’Annunzio, e razzista nei confronti del popolo croato. La comunità ronchese è sempre stata complessivamente contraria ad omaggiare sia D’Annunzio, sia quella marcia. Basti pensare che il monumento che è stato costruito per ricordare e celebrare l’occupazione militare di Fiume da parte dell’Italia per mano di D’Annunzio è stato realizzato nel confinante Comune di Monfalcone perché il Comune di Ronchi dei Legionari non diede la propria disponibilità stante il carattere fascista di quella marcia e la storia partigiana. Si tratta di un atto totalmente irrispettoso nei confronti della Repubblica di Croazia e della città di Fiume. Un atto storico e politico – conclude – che certamente non corre nella direzione di favorire i rapporti tra Italia e Croazia».
Barone, poi, conclude tornando sulla proposta di cancellare il suffisso dei Legionari dal nome della città. Una proposta che, però, non ha mai avuto seguito tra le istituzioni locali e che continua per certi versi ad essere un sogno nel cassetto di qualcuno”
Risposta della Società di Studi Fiumani:
Chi è senza peccato scagli la prima pietra!
L’Avv. Barone dovrebbe interrogarsi non tanto su un fatto storico che ha dato lustro alla Patria italiana comunque lo si veda, ma perché abbia coinvolto un alto diplomatico croato appena insediatosi in Italia; e, inoltre, sarebbe più opportuno che Baroni sensibilizzasse l’opinione pubblica, come esponente dell’ANPI di Monfalcone, sulla fine dei monfalconesi suoi concittadini imprigionati e fatti sparire dal regime jugocomunista di Tito dopo il 1948.
Essendo Goli Otok (Isola Calva) in Croazia potrebbe chiedere, l’ANPI di Monfalcone, al neo Ambasciatore Mesic aiuto per svolgere ricerche su quel lager e sapere quanti monfalconesi non tornarono più da laggiù.
Rispondo ancora che D’Annunzio fu anticroato ma in senso politico e non razziale. Fu contro i croati che volevano lo Stato serbo-jugoslavo e che volevano Fiume, perché questa era invece a maggioranza popolata da italiani, basta leggere i censimenti del 1918. D’Annunzio accolse l’invito dei fiumani italiani lasciati soli a se stessi in quei drammatici frangenti.
Da non dimenticare mai, che seppur nazionalista convinto, D’Annunzio costituì a Fiume la Lega dei Popoli oppressi alla quale partecipavano anche i croati, i montenegrini oltre a egiziani, irlandesi ecc. che non volevano passare dopo la Prima guerra mondiale sotto lo scettro dei re serbi. Promulgò una moderna costituzione in seguito alla creazione della Reggenza italiana del Carnaro, composta con il sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, in cui si diceva tra le altre cose che nei sottocomuni di Fiume a maggioranza croata era permesso studiare in tale lingua. L’opera di D’Annunzio è stata molto complessa e purtroppo di lui si strumentalizzano singole frasi ma nella sostanza l’analisi è più complessa e va lasciata agli storici.
Sono passati tanti anni da quegli avvenimenti e ci stupisce leggere sul web e sul “Piccolo” commenti così lapidari su D’Annunzio. Era l’epoca dei nazionalismi accesi e contrapposti e tutti i popoli europei ne sono stati coinvolti italiani, francesi, croati, sloveni, russi, tedeschi ecc. ecc. Chi fu nel 1914 a Sarajevo a scagliare la prima pietra, mi sembra un certo nazionalista serbo Gavrilo Pincip… e chi fu a dichiarare guerra alla piccola Serbia proprio l’Austria-Ungheria e chi combatteva nelle file austroungariche il fior fiore dei reggimenti croati? Insomma, è proprio il caso di dire “chi è senza peccato scagli la prima pietra!”.
Bisogna storicizzare e non strumentalizzare la storia a fini “divisori”, ancor più che Italia e Croazia condividono da tempo il progetto dell’Unione Europea, dove occorre sviluppare buona cultura per il presente e il futuro. Fiume-Rijeka capitale della cultura europea nel 2020 saprà dare i giusti stimoli per questo cambio di tendenza ne sono sicuro.
dr. Marino Micich
Direttore dell’Archivio-Museo Storico di Fiume
Risposta dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia:
D’Annunzio a Fiume e Ronchi dei Legionari: pagine indelebili di storia del confine orientale
Dopo quasi un secolo, l’impresa di Gabriele d’Annunzio a Fiume, città all’epoca abitata a maggioranza da italiani, desta ancora polemiche invece di rappresentare una pagina di storia estremamente complessa, da analizzare serenamente.
Ci fu la sedizione militare del 12 settembre 1919 da cui prese il via la marcia verso il Carnaro dalla località di Ronchi, ma anche il plebiscito con cui la popolazione fiumana già il 30 ottobre 1918 aveva chiesto l’annessione al Regno d’Italia in base al principio di autodeterminazione dei popoli. Ci furono i comizi e la gestualità della retorica dannunziana, rodata nelle ben note giornate del maggio 1915 e destinata a venire opportunisticamente imitata ed esasperata da Benito Mussolini durante il Ventennio, ma vi furono soprattutto i contenuti libertari assolutamente all’avanguardia per l’epoca nella Carta del Carnaro, elaborata dal sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris e redatta in maniera aulica dal poeta abruzzese, che in questa occasione dette ancora una volta sfoggio delle doti di artista e di scrittore che gli avevano portato la fama nel periodo anteguerra. Non mancarono nei messaggi del “Comandante” di Fiume le invettive all’indirizzo del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, ma prive di venature razziste, poiché esistevano pure i contatti con separatisti croati, montenegrini, kosovari e macedoni che volevano staccarsi da uno Stato in cui la componente serba appariva egemone ed autoritaria. Come nei discorsi interventisti, anche da Fiume d’Annunzio esaltò le glorie italiane, ma nel suo composito entourage operarono collaboratori che promossero la Lega dei Popoli Oppressi, rivolta ai popoli europei e delle colonie che avevano subito dai Trattati di Pace ingiuste imposizioni confinarie, ovvero il mancato rispetto di promesse di autonomia e di indipendenza.
Tutto ciò probabilmente è ancora ignoto a Marco Barone, (che in qualità di avvocato è sicuramente addentro alle discipline di legge ma forse non altrettanto a quelle storiche e letterarie) il quale periodicamente ripropone l’abolizione del toponimo “dei Legionari” dalla località di Ronchi (non sembra che né il Consiglio comunale né petizioni di residenti abbiano ancora supportato efficacemente questa che appare una rancorosa battaglia personale e ben poco sentita dalla comunità) e presenta un armamentario di argomentazioni fondate sulla definizione di Gabriele d’Annunzio precursore e “Giovanni Battista del fascismo” ormai obsoleta e sorpassata dalla storiografia scientificamente acclarata, e dalla critica letteraria ufficiale, da quella marxiana sino alla più recente, attenta invece a definire il rapporto dialettico e man mano sempre più conflittuale tra Vate e Duce, sino a giungere all’isolamento definitivo del primo.
Stupisce che il nuovo Ambasciatore della Repubblica di Croazia in Italia, da poco insediato al posto del prof. Damir Grubiša, dimostratosi, da uomo colto qual è, sensibile e attento nell’affrontare le questioni del confine orientale italiano durante il suo mandato, abbia così poco diplomaticamente dato ascolto a siffatte lagnanze, che giungono a chiedere che si facciano pressioni affinché non avvenga la consueta commemorazione annuale del 12 settembre che ricorda l’avvio della spedizione di d’Annunzio e dei suoi disertori del Regio Esercito.
Nessuno oggi osa discutere l’appartenenza di Fiume/Rijeka alla Croazia, ma tante associazioni patriottiche, d’arma e di esuli istriani, fiumani e dalmati intendono soltanto ricordare il periodo in cui, grazie all’opera di Gabriele d’Annunzio (nell’occasione poeta guerriero,non guerrafondaio che tutt’altro significa, ma anche autore teatrale, raffinato poeta e romanziere di fama europea) il capoluogo quarnerino intraprese il complesso iter di politica internazionale che avrebbe condotto all’appartenenza all’Italia in maniera internazionalmente riconosciuta dal 1924 al 1947.
Donatella Schürzel
Vicepresidente nazionale Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
Risposta della Lega Nazionale:
Un greve caso di “revisionismo”
Marco Barone, noto esponente dell’estrema sinistra isontina, è incappato in un grave infortunio.
La sua forsennata campagna anti D’Annunzio (nella quale ha convolto il post titoista Mesic) risulta infatti totalmente dimentica di un dato di fatto fondamentale: il giudizio esplicitamente positivo sull’impresa di Fiume formulato da due mostri sacri della storia e del pensiero comunista, Antonio Gramsci e Vladimir Ulianov Lenin.
Compagno Barone, pretendere di sconfessare ora i compagni Gramsci e Lenin è, a dir poco, gravissimo atto di “revisionismo storico”.
Urge, al più presto, seria e convinta autocritica.
Paolo Sardos Albertini
Presidente della Lega Nazionale