Quarant’anni da Osimo
Il convegno “A quarant’anni da Osimo. Il trattato italo-jugoslavo del 10 novembre 1975” organizzato a gennaio 2016 dalla Associazione Coordinamento Adriatico presso la prestigiosa sede della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale presentava già dei relatori di alto spessore, che potevano fare prefigurare un volume di Atti assolutamente prezioso, ma la curatela di Davide Lo Presti e Davide Rossi ha impreziosito ulteriormente la pubblicazione n. 48 del Centro Italiano per lo Sviluppo della Ricerca, collana diretta dal prof. Giuseppe de Vergottini. Il nucleo del volume, edito dai prestigiosi tipi di Wolters Kluwer, comprende le relazioni presentate all’epoca e viene irrobustito da ulteriori saggi di approfondimento che delineano in maniera più completa i risvolti storici, giuridici e politici della controversa stesura e ratifica del Trattato di Osimo.
Giuseppe Parlato in “Dal Memorandum del 1954 a Osimo” delinea il percorso che seguì la classe dirigente italiana per dirimere la questione del confine con la Jugoslavia, poiché il 26 ottobre 1954 le zone A e B del mai costituito Territorio Libero di Trieste erano passate rispettivamente sotto amministrazione civile italiana e jugoslava, restando ancora da definire la sovranità, sicché i governi centristi mantennero la riserva mentale di poter rivendicare i distretti di Capodistria e di Buie. Vincolata dall’alleanza atlantica, la politica estera italiana raramente ha seguito i canali degli interessi nazionali ed è invece apparsa come una prosecuzione delle dialettiche politiche interne in altri ambiti, così la fase del centrosinistra e le attenzioni di Aldo Moro nei confronti del Pci portarono a un nuovo atteggiamento nei confronti della dittatura di Tito, il cui modello socialista di cogestione economica e autonomia da Mosca riscuoteva consensi nelle sinistre italiane, tanto da addivenire a una soluzione più favorevole a Belgrado che a Roma. “Interesse nazionale e disinteresse della politica” titola per l’appunto il saggio di Giuseppe de Vergottini, il quale traccia una spietata disamina delle manchevolezze della Farnesina nel dispiegare il maggior peso specifico dell’Italia nelle trattative con Belgrado, dimostrando in particolare arrendevolezza riguardo la questione della sovranità: impugnare la teoria della “sovranità sospesa” elaborata da Cammarata sembrò troppo impregnato di “sacro egoismo” nazionale nell’epoca della Conferenza di Helsinki e della distensione nello scenario della Guerra fredda. Ma il trattato firmato il 10 novembre 1975 e perfezionato dall’Accordo di Roma del 1983 con riferimento agli indennizzi per i beni abbandonati dagli esuli nella Zona B poteva essere rimesso in discussione dalla dissoluzione della Jugoslavia (il momento facilmente pronosticato e tanto atteso dai detrattori di Osimo), confrontandosi con gli Stati successori, Slovenia e Croazia. La Commissione Leanza, costituita nel 2001 su istanza del Ministro degli Esteri, Renato Ruggiero e in sinergia con FederEsuli, tuttavia non ebbe vita facile e in definitiva passò la linea imposta unilateralmente da Slovenia e Croazia, le quali si spartirono il restante debito che Belgrado aveva appena cominciato a saldare all’inizio degli anni Novanta, senza margine di ridiscussione: proprio il professor Umberto Leanza descrive nel suo intervento la breve e infruttuosa esperienza della commissione da lui presieduta. Di dettagli economici e confinari, di tutela dei beni e di attribuzione della cittadinanza si occupa il quarto e ultimo saggio esposto anche in sede di convegno: “Una rilettura giuridica degli accordi di Osimo quarant’anni dopo la loro conclusione”. Opera della prof.ssa Ida Caracciolo, esso si sofferma fra l’altro sull’irrituale definizione del confine marittimo, fissato secondo criteri inconsueti che confliggevano con il diritto internazionale, tipicamente consuetudinario, e avvantaggiavano la Jugoslavia, dando un nuovo stimolo allo sviluppo portuale di Capodistria a scapito di Trieste.
Francesco Leopardi Dittaiuti (discendente del poeta recanatese) ricorda in poche pagine come la villa di famiglia a Osimo fu temporaneamente requisita per firmarvi – lontano dalle polemiche – il trattato stesso; “«Italia chiude e suoi termini bagna»” è invece un excursus a cura di Davide Rossi e Giorgio Federico Siboni riguardo la storia del confine orientale italiano, “Trieste contro gli osimanti” di Lorenzo Salimbeni descrive le proteste degli esuli istriani e del capoluogo giuliano contro questo trattato calato dall’alto, mentre Maria Ballarin Salvatori fa il punto riguardo “Il confine orientale nella didattica della storia”, un vulnus che solo recentemente è stato parzialmente sanato. Ampi e particolareggiati sono i contributi di carattere giuridico che completano il volume: Tiziano Sošić si sofferma sulle “Categorie di beni sottratti e prospettive di tutela giuridica nell’ambito dell’ordinamento giuridico della Repubblica di Croazia”, Davide Lo Presti delinea “Le prospettive di tutela giuridica dei diritti degli esuli e dei loro eredi” e Mattia Magrassi, infine, presenta una “Rassegna di giurisprudenza: le azioni risarcitorie intraprese dagli esuli nei confronti dello Stato italiano”.
Davide Lo Presti – Davide Rossi (a cura di), Quarant’anni da Osimo, Wolters Kluwer – Cedam, Milano 2018, 246 pp.