«Ricordare i tanti italiani che caddero vittime delle forze comuniste jugoslave»
Saluto il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato, il Presidente del Consiglio, la Vice Presidente della Corte Costituzionale, i ministri, i parlamentari, il Presidente di FederEsuli ed i rappresentanti delle Associazioni degli esuli Istriani, Fiumani e Dalmati.
È molto importante celebrare anche quest’anno in un’Aula del Parlamento il Giorno del Ricordo, istituito con la legge nel2004.
L’approvazione – ad ampissima maggioranza – di quella legge costituì infatti un atto di verità e giustizia, due valori fondamentali per ogni sistema democratico.
Il Parlamento intervenne dopo che per decenni parti non trascurabili del mondo politico e culturale del nostro Paese avevano, per ragioni di natura ideologica, negato o sminuito le atrocità commesse contro gli italiani sul confine orientale, o ne avevano distorto le dinamiche e il contesto.
Agli esuli e ai loro discendenti, che hanno subito per decenni indifferenza e ostilità, va ribadita la nostra gratitudine per aver avviato, grazie alla loro tenacia, un percorso volto a costruire una memoria condivisa.
Una memoria fondata su ricerche autorevoli ed imparziali che attestano come in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia fu compiuta – spesso con il pretesto della rappresaglia verso membri dell’apparato nazifascista e collaborazionisti – una persecuzione contro la popolazione italiana inerme.
I dati storici ci consentono oggi di confutare le posizioni negazioniste o giustificatoriei quei tragici eventi.
Di rispondere con sdegno a chi, recentemente, ha addirittura considerato l’istituzione del Giorno del ricordo come frutto di un processo di falsificazione storica, volto a porre sullo stesso piano le ragioni e i torti delle diverse parti ed ideologie in conflitto.
Il senso della giornata odierna non è quello di distribuire colpe o ragioni. Ma è quello di ricordare i tanti italiani che caddero vittime delle forze comuniste jugoslave e di cui, in molti casi, è oggi ignoto il luogo di sepoltura.
Di ricordare le centinaia di migliaia di esuli istriani, fiumani e dalmati che furono privati – come individui e comunità – della loro dignità, delle loro radici, delle loro proprietà e dei loro diritti fondamentali. E che, profughinella madre patria, vennero accolti solo in alcuni casi con la dovuta solidarietà.
Di rendere omaggio anche ai tanti connazionali che decisero, con coraggio e determinazione, di rimanere nelle loro terre natali e subirono per molti anni vare forme di persecuzione e discriminazione dalle autorità jugoslave.
Ciò non significa negare le gravissime responsabilità e gli effetti drammatici della politica di italianizzazione forzata delle popolazioni slave condotta dal fascismo. Così come non si possono dimenticare leazioni criminali delle forze nazifasciste in Jugoslavia. Verso di esse voglio ribadire anche quest’anno la condanna incondizionata, in coerenza con i valori antifascisti su cui si fonda la nostra Costituzione.
Ciò che è accaduto sul confine orientale deve essere parte integrante non soltanto della coscienza civile dell’intera comunità nazionale ma di una memoria comune europea sulle tragiche pagine della nostra storia passata, fondata su una ricostruzione accettata e condivisa del passato.
Soltanto in questo modo potremo evitare che gli estremismi ideologici e nazionalistici, l’odio etnico e di classe e il radicalismo portino nuovamente ad atrocità come quelle vissute nel secondo dopoguerra.
Oggi l’Italia, la Slovenia e la Croazia, sono attori del processo di integrazione europea, del suo nucleo di valori e principi comuni, incentrati sul rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto, sulla protezione delle minoranze, sulla pace, sulla solidarietà.
Ed in questa cornice le terre, in cui si consumarono le atrocità che intendiamo ricordare, sono un luogo di dialogo e di scambio, economico e culturale.
Questo processo è stato favorito anche da gesti di fortissima importanza, simbolica e politica, come l’incontro nel luglio del 2020 a Trieste tra il Presidente Mattarella e il suo omologo sloveno Pahor che ha voluto significare la raggiunta memoria comune tra i nostri diversi Paesi.
Un gesto, la stretta di mano davanti alla Foiba di Basovizza, privo di retorica che ha voluto testimoniare la volontà di guardare al passato con spirito costruttivo per promuovere il valore dell’amicizia e collaborazione tra i nostri paesi, appartenenti oggi alla stessa Casa europea.
Mi avvio alla conclusione sottolineando che, come ha opportunamente previsto la legge istitutiva della Giornata del Ricordo, è essenziale promuovere la divulgazione storica delle foibe e dell’esodo degli Istriani, Fiumani e Dalmati tra le nuove generazioni.
Ringrazio pertanto le ragazze e i ragazzi e gli insegnanti che hanno partecipato anche quest’anno al Concorso Nazionale «“Per Amor di Patria!” Il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità…» bandito dal Ministero dell’Istruzione.
Gli elaborati relativi a questo fondamentale passaggio del preambolo della Dichiarazione universale dei diritti umani, alla cui premiazione assisteremo tra breve, sono un segnale tangibile del senso più profondo di questa Giornata.
Grazie.