Ricordo e memoria, la prospettiva della Bancarella diventa europea
Lo spirito di Zara sulla “Bancarella” 2014, con la ritrovata unità delle associazioni degli esuli e dei “rimasti” e la voglia di crescere – come già ribadito all’inaugurazione dell’asilo italiano – in uno spirito europeo. Il Salone del Libro dell’Adriatico orientale ha proposto insieme, per la prima volta le une accanto alle altre, nello stand centrale della fiera triestina, quanto da loro prodotto in termini di libri e periodici. Insieme ancora a celebrare importanti anniversari. “La manifestazione, rinnovata sia nella formula che nello spirito – hanno osservato a nome del comitato scientifico e di tutte le associazioni partecipanti i presidenti di CDM, Renzo Codarin e di UPT, Fabrizio Somma – si è conclusa con un bilancio più che lusinghiero non solo in termini numerici di presenze agli incontri e di pubblico interessato alle pubblicazioni. È stato possibile riunire non solo idealmente le produzioni letterarie edite da associazioni che da tempo collaborano assieme, unendo sotto un unico tendone tutti i soggetti che hanno il merito di salvaguardare e diffondere la memoria e la cultura delle popolazioni di lingua italiana dell’Adriatico orientale, indicando una strada futura comune per nuove iniziative da organizzare in maniera condivisa. Non è un punto di arrivo, ma di partenza. Gli anniversari ricordati rappresentano un momento di riflessione per allargare le prospettive e non limitarsi alla definizione di confini orientali, ma parlare invece di un più ampio contesto Adriatico, europeizzando la vicenda dell’esodo. Il ricavato delle donazioni effettuate dai frequentatori del Salone, complessivamente circa 1.500 euro, verrà devoluto all’Istituzione prescolare italiana “Pinocchio” di Zara ed è stato consegnato al neodirettore della rivista “Il Dalmata”, Dario Fertilio, origini di Brazza, che proprio alla “Bancarella” ha avuto il suo esordio nella funzione che ha assunto al recente raduno dei Dalmati a Iesolo. Gran finale sulle ali del “Va pensiero” – che è l’inno degli Istriani, Fiumani e Dalmati –, eseguito dal soprano Francesca Lughi, e quindi brindisi con vino istriano, offerto da produttori della nostra penisola.
EDIT, Radio Capodistria e UPT Oltre alla casa giornalistico-editoriale EDIT di Fiume, a Radio Capodistria, all’Università Popolare di Trieste, sul palco de “La bancarella – Salone del Libro dell’Adriatico orientale”, che si è svolto dal 16 ottobre e fino a ieri sera in piazza Sant’Antonio Nuovo, nel capoluogo giuliano, ideato dal Centro di Documentazione Multimediale della Cultura giuliana, istriana, fiumana e dalmata e co-organizzato dall’UPT, sono saliti nei giorni scorsi altri istituti e associazioni. Così il Centro di Ricerche Storiche di Rovigno è stato protagonista sabato con l’intervento del suo direttore e fondatore, Giovanni Radossi, che ha raccontato retroscena e aneddoti legati alla nascita dell’istituto, ha spiegato la sua funzione e la sua produzione. A parlare di Coordinamento Adriatico, invece, sono stati il suo presidente Giuseppe de Vergottini e Guglielmo Cevolin, docente di Legislazione dei beni culturali, mentre a illustrare ciò che fa la Società Dalmata di Storia Patria, che non è un’associazione di esuli, “ma un’associazione esule”, in quanto nata a Zara nel 1926 e trasferita a Roma, è stato il consigliere Bruno Crevato Selvaggi. L’Associazione delle Comunità Istriane, che festeggia i venti anni della sua sede in via Belpoggio, è stata invece rappresentata da Licia Giadrossi-Gloria Tamaro e Paolo Sardos Albertini, a capo della Lega Nazionale, si è soffermato sul ruolo di questa società e sul cinquantenario del ritorno di Trieste all’Italia, dopo il Memorandum d’Intesa di Londra.
Completare il quadro delle conoscenze Ciascuna di queste realtà, come emerso nel dialogo con il pubblico del Salone – forse non numerosissimo in tutte le fasce orarie, ma attento – si è staccata uno spazio tutto suo e un ambito non ricoperto da altre realtà, in modo da completare e integrare il quadro delle conoscenze, quasi a formare e/o ricomporre i tanti tasselli di quel composito mosaico che è la civiltà istriana, fiumana e dalmata. Così Coordinamento Adriatico ha messo in atto un prezioso intervento di censimento, inventariazione e consolidamento delle “carte” negli archivi in Dalmazia e Istria, in sinergia con le istituzioni croate (fatto quantomai significativo), oltre che di recupero della toponomastica. Pure la Società Dalmata di Storia Patria agisce a livello di fonti, valorizzando ad esempio le relazioni dei vari governatori – leggi rettori – della Dalmazia, dell’Istria e del Levante Veneto che inviavano regolarmente alla Serenissima Repubblica di San Marco, oltre ovviamente a sostenere e pubblicare ricerche monografiche in vari campi (ad esempio, sulla storia dell’’imprenditoria in Dalmazia e sulla comunità ebraica in regione); il campo dell’Associazione delle Comunità Istriane, invece, è più propriamente quello della memorialistica.
Il CRS Pubblicazione di saggi – spalmati nelle sue varie riviste, come gli “Atti”, i “Quaderni”, le “Ricerche sociali” e altre –, di un bollettino (“La Ricerca”), raccolta di fonti bibliografiche e archivistiche, cartine topografiche e tanto altro ancora: dal 1968 ad oggi il Centro di Ricerche Storiche di Rovigno è diventato per eccellenza il custode del retaggio culturale e storico della Comunità nazionale italiana in Croazia e Slovenia, il luogo che ambisce a conservare un po’ tutto ciò che di cartaceo è stato fatto in riferimento al territorio dell’Adriatico orientale (e non solo). La mole e lo spessore delle attività del Centro sono davvero impressionanti. E si continua, come ribadito da Radossi, che ha annunciato la prossima uscita di nuove ambiziose opere, tra cui quella omnia di Giuseppe Praga e un saggio sulle famiglie nobiliari buiesi.
Visibilità alle realtà associative È stato giusto dare visibilità a Trieste a queste realtà associative e istituzioni, anche per fare un bilancio di tutto ciò che hanno fatto finora e stanno ancora facendo, anche per far capire, al pubblico più vasto, che ora gli strumenti per conoscere e approfondire la nostra storia ci sono tutti, e non sono pochi. Buona parte di questi sono stati esposti alla “Bancarella”. Quelli invece su cui si è focalizzata maggiormente l’attenzione – anche a discapito della quantità e di testimonial di richiamo, forse – sono stati i titoli più freschi sull’argomento, ciò che è stato prodotto dall’ultimo appuntamento a oggi. Dunque, panoramica generale e aggiornamento in diretta. Utilissima, a proposito, la rassegna dell’edito, offerta da Adriana Ivanov Danieli (Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Comitato di Padova) e Giorgio Federico Siboni (Università degli Studi di Milano), che sapientemente hanno tratteggiato con spirito analitico e critico i volumi usciti quest’anno e che non hanno trovato posto sul grande palcoscenico.
Qualità e novità Qualità e novità, questo, dunque, il filo rosso della “Bancarella” 2014, la nona edizione. Molto apprezzato dagli addetti al mestiere lo sforzo di mettere a disposizione degli studiosi lavori di fonti che, come ha fatto notare Davide Rossi, uno dei coordinatori dell’evento, nascono proprio per essere utilizzati da altri e che sono fondamentali per l’innalzamento della qualità scientifica. Appartengono a questo “filone” due lavori in particolare: uno che porta il timbro della Società di Studi Fiumani a Roma, cioè “I verbali del Consiglio Nazionale Italiano di Fiume (1918 – 1920)”, a cura di Danilo Luigi Massagrande; l’altro è targato CRS di Rovigno, ossia il “Carteggio Pietro Kandler – Tomaso Luciani (1843 – 1871)”, a cura di Giovanni Radossi. Il primo è il risultato di un delicato lavoro filologico di copiatura e conservazione dei protocolli che si sono mantenuti in un’unica copia, tramandati da Arturo Chiopris, segretario del Consiglio Nazionale Italiano, che si trasmettono la quotidianità fiumana di un’epoca difficile, ma nella quale i fiumani hanno saputo dimostrare, con orgoglio, di essere capaci di autodeterminarsi e – fatto nagato dalla storiografia croata e, in parte anche italiana – decidere del loro destino, come ha concluso Marino Micich, che ha esposto il libro. Insomma, attraverso gli atti del suo governo, guidato da Antonio Grossich, emerge un popolo fiumano che esce allo scoperto e difende la propria identità (italiana) e i propri diritti fino alla morte.
Periodo problematico, si diceva, in cui la città passa dall’Austria-Ungheria all’Italia (nel 1924, in seguito al Trattato di Roma), ribellandosi alle mire del neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, passando per l’esperienza della Reggenza (d’annunziana) del Carnaro e dello Stato Libero (zanelliano). Vari momenti, anche concitati e confusi, che si possono seguire in modo originale attraverso i francobolli e le monete, come attesta “Fiume 1918 – 1924. I servizi postali e la filatelia tra vicende storiche e vita di tutti i giorni”, di Oliviero Emoroso (autore ed editore), corposo ed esaustivo studio sull’argomento, che indubbiamente susciterà l’attenzione degli appassionati del genere e dei collezionisti.
I francobolli, per Fiume una parte di storia “Di solito la filatelia viene considerata un semplice hobby – ha rilevato Emeroso – ma per Fiume i francobolli furono una parte di storia. Nel libro ho cercato di mettere in rilievo il parallelismo tra storia e filatelia e mi sono reso conto che le vicende di Fiume sono note solo per alcuni aspetti come l’impresa di D’Annunzio. Se non si conosce la storia di Fiume in modo approfondito non è possibile comprendere il significato di alcune sovrastampe. È nata curiosità su alcuni periodi semisconosciuti, come quello interalleato, quello successivo alla parentesi dannunziana e soprattutto la storia della moneta, con il passaggio dalla corona alla lira, su cui ho svolto una ricerca giuridica su testi dell’epoca. La mia soddisfazione risiede nel far capire che filatelia e storia sono la stessa cosa: chi è interessato alla storia di Fiume è interessato anche alla filatelia e viceversa”.
Due grandi personalità istriane Tornando al discorso di prima, l’altro contributo nel segmento delle fonti, quello del CRS sul carteggio Kandler – Luciani, esso ci restituisce la figura di due grandi personalità istriane, il “tuttologo” triestino, molto attento alle cose della nostra penisola, e l’albonese coinvolto in un progetto di Italia unita. Insomma, due menti italiane di spicco, che con il tempo hanno sviluppato anche un rapporto di amicizia, per cui cambia progressivamente anche il tono – diventa più intimo, diretto, quasi familiare – della loro comunicazione. Dal carteggio traspare, quindi, anche il loro carattere. “Il Carteggio Pietro Kandler – Tomaso Luciani (1843-1871) – ha rilevato Radossi – è certamente il più importante dei carteggi dello studioso triestino: si tratta di 160 lettere che abbracciano non solo un importante periodo storico per i due personaggi, per Trieste e per l’Istria, ma affrontano anche argomenti tra i più svariati che però risultano particolarmente importanti per la storia dell’archeologia, del territorio, dell’idrologia antica. Tutti argomenti che al tempo del Kandler nascevano come interesse degli studiosi. Molte delle ipotesi avanzate dal Kandler risultano oggi superate, ma ha avuto il merito di averle iniziate. Pubblicare questo carteggio costituisce un apporto fondamentale per ulteriori studi sulla storia dell’archeo-ricerca a Trieste e in Istria. Riveste anche una fondamentale importanza nel nuovo contesto politico che si trovano a vivere questi territori quando le loro identità possono perdere quei colori che un tempo avevano”.
Brutta e dolorosa pagina del nostro ‘900 Ieri il microfono della “Bancarella” è passato, a turno, agli autori di altri interessanti apporti storiografici, i più riguardanti quella brutta e dolorosa pagina del nostro ‘900 che sono stati gli infoibamenti e l’abbandono delle loro terre da parte della stragrande maggioranza degli istriani-fiumani-dalmati, ma in un’ottica un po’ diversa, cioè guardando a quegli eventi dalla distanza del decennale del Giorno del Ricordo, elaborando una sorta di bilancio su quanto fatto per la conoscenza e l’apprendimento della vicenda. La giornalista e storica dell’arte Carla Isabella Elena Cace ha così dato una sua visione dello “stato delle cose” attuale (“Foibe ed esodo. L’Italia negata”, Editore Pagine, Roma), sottolineando l’importanza degli studi “perché c’è ancora tanto da scopire”, visto che i dieci anni della Legge sono in effetti poco in confronto a 70 anni di silenzio, ma anche della necessità di non fossilizzarsi e di andare oltre. Giuseppina Mellace ha riassunto il suo “Una grande tragedia dimenticata. La vera storia delle foibe” (Newton Compton, Roma), ricerca che dà voce, tra l’altro, anche alle tante donne vittime delle foibe e delle persecuzioni, al peso forte sostenuto dalla popolazione femminile durante la guerra, come pure ad altri segmenti specifici che raramente vengono affrontati pubblicamente in Italia, come l’accoglimento degli esuli in patria e il contro-esodo. Mellace inoltre ha narrato la sua esperienza di docente, rilevando che molte scuole oggi ne parlano, ma al contempo resta ancora forte il pregiudizio, per cui per altre è tutt’oggi un tabù. Maria Ballarin è scesa nel campo didattico, esaminando l’atteggiamento della politica scolastica italiana in riferimento al dramma giuliano-dalmata (“Il Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 nei programmi e nei testi scolastici di storia”, Leone editore, Milano). Una delle critiche più frequenti che si è sentita ha riguardato infatti la mancanza di un adeguato insegnamento sul tema, la trasmissione ai giovani di queste pagine ancora troppo spesso sorvolate, se non addirittura fuoriviate, della nostra vicenda. Ballarin ha messo a disposizione una traccia sicura su cui muoversi, uno strumento per la didattica e lettura fondamentali.
Appuntamenti saltati Saltato l’appuntamento con Libero Benussi e il suo “Vocabolario Italiano – Rovignese” (Comunità degli Italiani di Rovigno), come pure è mancato, per un improvviso malore del presidente Massimiliano Lacota, quello con l’Unione degli Istriani, che compie 60 anni. Allargamento degli orizzonti nel pomeriggio con Egidio Ivetić, che ha ripercorso l’ambito Mediterraneo, la “frontiera”, il confine nell’Adriatico tra Italia e Slavia – come recita il titolo del suo nuovo libro, edito da Viella (Roma) –, dal XIV al XX secolo. In chiusura, una riflessione sulla Dalmazia, con la lectio magistralis del giornalista del “Corriere della sera”, Dario Fertilio, in uno scambio di opinioni e considerazioni con Davide Rossi.
Sfaccettature del passato Che dire? Una “Bancarella” che ha richiamato diversi lettori, che è scesa nelle più varie sfaccettature del passato, che ha messo in mostra le associazioni e le istituzioni, alle quali spetta il merito di aver saputo sempre conservare e lasciare una traccia indelebile – al di là delle celebrazioni del 10 febbraio – di ciò che è avvenuto nel corso dei secoli, delle caratteristiche della nostra civiltà. Ritrovandosi insieme sotto lo stesso tendone, hanno forse anche ritrovato un’unità di intenti, mirando al ricongiungimento delle genti istriano-fiumano-dalmate, anche per capire su quali basi impostare le comuni strategie future. È emerso dai dibattiti che la storia dell’Adriatico orientale ha ormai travalicato il localismo, ha assunto una dimensione nazionale e universale, in quanto coinvolge la società civile. E se la valorizzazione della cultura – in tutte le sue espressioni e manifestazioni – resta un punto fermo nel processo di identificazione e formazione identitaria, contro oblii, negazionismi, riduzionismi e assimilazioni, si sta ragionando su altri percorsi, che consentiranno agli italiani di oggi di restare nella loro patria e a quelli che se ne sono andati forse anche di ritornarci, in un certo senso. Va vista in quest’ottica l’iniziativa “Renovatio Histriae”, una società che vuole mettere in rete gli imprenditori connazionali nei campi dell’enogastronomia e del turismo e collegarli con il mercato italiano. Al momento il progetto, appena iniziato, comprende una decina di associati, come ci ha detto Alessandro Altin, promotore e responsabile, che ha fatto esordire questo “rinnovamento istriano” (insieme con Antonio Ballarin, presidente della FederEsuli) proprio alla “Bancarella”.
La manifestazione è stata resa possibile grazie all’autorevole contributo del MiBAC e all’adesione di numerosi, prestigiosi enti e associazioni; Associazione delle Comunità Istriane; Associazione Dalmati Italiani nel Mondo-Libero Comune di Zara in Esilio; Associazione Libero Comune di Pola in Esilio; ANVGD – Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia; CDM – Centro di Documentazione Multimediale della Cultura giuliana, istriana, fiumana e dalmata di Trieste; Centro di Ricerche Storiche di Rovigno; Associazione Coordinamento Adriatico; Casa editrice EDIT di Fiume; Radio Capodistria; Federazione delle Associazioni degli Esuli; Istituto regionale per la Cultura Istriano-fiumani-dalmata di Trieste; Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione del Friuli Venezia Giulia; Lega Nazionale; Società Dalmata di Storia Patria, Roma, Venezia; Società di Studi Fiumani – Archivio Museo di Fiume a Roma; Unione degli Istriani – Libera Provincia dell’Istria in Esilio; Unione italiana; Università Popolare di Trieste; “La Nuova Voce Giuliana”.
Ilaria Rocchi, «La Voce del Popolo», 20/10/14