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November 22nd, 2024
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Smsi Leonardo Da Vinci Buie Batane

Un mare di tradizioni: le batane

È stata una vera avventura quella vissuta nello scorso anno scolastico dagli studenti che fanno parte del gruppo “Storia del territorio” della Scuola media superiore italiana “Leonardo da Vinci” di Buie, capitanato dalla professoressa di storia e grande amante delle nostre radici, Marina Paoletić, alla quale si è affiancata la collega Tiziana Zancola. Dedicandosi alle tradizioni e attività pescherecce, la Scuola ha scelto come protagonista del progetto la batana salvorina. Dal titolo “Un mare di tradizioni: le batane”, l’iniziativa è stata interamente finanziata dalla Regione istriana attraverso il programma “Istituzionalizzazione dell’insegnamento della storia e della cultura del territorio”. Quest’ultimo continuerà anche nell’anno scolastico 2023/2024. Il che ci è sembrata una buona occasione per ricordare i risultati e le attività del progetto buiese.

“Il promontorio di Salvore vanta una ricca storia e una particolare tradizione peschereccia che è possibile riassumere con tre parole: il faro, la batana salvorina e le grue. Nel corso del progetto sono state trattate, illustrate e attivamente toccate diverse tematiche, ovvero gli studenti hanno appreso gli aspetti storici, ambientalistici, pescherecci, biologici, paesaggistici, ma anche le problematiche che si celano dietro a questo specchio di mare”, ha raccontato la coordinatrice del progetto, confermando che a contribuire fortemente all’ottima riuscita del progetto è stata la collaborazione diretta con l’Associazione degli amanti del mare e dei beni culturali “Savudrijska batana – Batana salvorina” e dei suoi soci più attivi quali Lauro Paoletich, Christian Petretich e Dario Dobrović.

Vogare… che esperienza
Questi ultimi hanno insegnato a vogare ai ragazzi, mentre la giovane biologa Evelin Jakac ha illustrato le piante autoctone che crescono vicino alla costa e i loro utilizzi culinari, ma anche aspetti della biologia marina e influssi diretti a livello locale. Quindi sono emersi alla luce tutti i dettagli legati alle batane salvorine, dal suo metodo di costruzione al suo utilizzo, con un vero e proprio laboratorio in mare che comprendeva sei uscite didattiche mirate, sia diurne che notturne. Attraverso un corso i ragazzi hanno avuto modo di apprendere attivamente l’antico metodo di voga che è d’influsso veneziano.
“In molti sono diventati autonomi e hanno assimilato attivamente questa tradizione. Gli allievi hanno altresì dialogato con i pescatori locali in dialetto istroveneto, approfondendo le loro conoscenze biologiche, storiche, culinarie e linguistiche. Dopo aver appreso le caratteristiche della batana salvorina, delle specie marine e della sua costa, è seguito un approfondimento e un confronto di altre imbarcazioni tipiche istriane, in particolare con la batana di Rovigno, la visita all’Ecomuseo della batana, un giro in barca, dove i ragazzi hanno anche attivamente provato a vogare per vedere e ‘sentire’ il confronto con l’imbarcazione salvorina”, ha inoltre sottolineato la Paoletić.
Non è mancata una visita al centro di ricerca marina dell’Istituto “Ruđer Bošković” e il relativo acquario, in modo da poter comprendere gli aspetti biologici e l’importanza della conservazione e tutela della costa e del suo fondale, della biodiversità, gli influssi ormai presenti anche a livello locale del cambiamento climatico, le tipologie e il livello d’inquinamento presenti nel nostro mare. Per l’occasione è stata creata pure una brochure della quale la traduzione in lingua croata è firmata da Natasa Tripar, mentre la grafica da Dragana Savić.

Conoscere le proprie radici
Quindi, attraverso l’uso della batana salvorina, il gruppo, composto da Alexandra Buić, Sandi Božić, Carlotta Coronica, Manola Erin Mišković Fusco, Luna Krpan, Nicholas Bauer, Elison Jakac, Elian Conti, Sara Szustkowska, Gioele Romano, Gordana Garai Denić, Ryan Vižintin, Gemma Lakošeliac Preden, Milena Savić e Vania Žudić, che per l’occasione ha creato pure un disegno, ha avuto modo di imparare le diverse metodologie di pesca e come sono cambiate nel tempo.
Come raccontato dai giovani a fine esperienza, al giorno d’oggi la batana viene vista come un mezzo per battute di pesca occasionali, ma in passato ha avuto un ruolo molto più importante. Di batane ne esistono molte tipologie, ma il gruppo ne ha analizzate due, quella di Salvore e la batana di Rovigno. La differenza consiste principalmente nella grandezza. Infatti, la batana salvorina era piccola e leggera perché veniva azionata esclusivamente dai remi e veniva appesa alle gru. Quella di Rovigno, invece, è più massiccia e grande perché deve resistere a correnti più forti e la navigazione era aiutata da una vela. Le grue salvorine, diventate da poco tempo bene culturale e inserite nel Registro dei beni culturali protetti della Croazia, sono costruite in acacia e servivano per salvare le piccole batane dalle mareggiate. Con il tempo sono diventate il simbolo della costa. Si tratta di una struttura molto semplice e pratica comprendente due pali, alcuni paranchi con un gancio in ferro e un cavo d’acciaio collegato a un tamburo e a una manovella. Il metodo per la costruzione delle “grue” è stato tramandato di generazione in generazione nell’ambito della comunità di pescatori locali e in tal modo queste nozioni, patrimonio etnografico e immateriale della zona, sono arrivate fino a noi.
Importanti per la valorizzazione della tradizione e del patrimonio ittico e marittimo della costa umaghese, le uscite didattiche avute nell’ambito del progetto hanno reso i beni culturali uno spazio di esperienze in cui sviluppare curiosità, capacità di osservazione, intuizione e creatività, stimolando gli studenti a scoprire anche quella che era la vita dei loro antenati. Come sottolineato, grazie all’iniziativa, molti partecipanti desiderano ora approfondire quanto appreso nell’ambito del progetto e arricchire il bagaglio nei prossimi anni: “È stato bellissimo scoprire le particolari tradizioni del nostro territorio e apprendere tanto del modo di vivere di una volta, cosa che ci ha fatto aprire gli occhi e forse ci ha fatto apprezzare un po’ di più quello che abbiamo a disposizione oggi. Questa è stata un’esperienza unica”.

Erika Barnaba
Fonte: La Voce del Popolo – 25/08/2023