Un monito all’Italia da Trieste
Nel 1914, alla vigilia dell’ingresso in guerra del Regno d’Italia, l’irredentista triestino Ruggero Timeus pubblica un libro, intitolato Trieste.
Con questa opera accusa il tentativo di denazionalizzare i territori italofoni dell’Impero Asburgico ad opera dello stesso governo imperiale. Il libro, di una sconcertante attualità, creerà storicamente una scissione definitiva, da tempo presagita, con l’irredentismo culturale di Scipio Slataper e Giani Stuparich. La figura del giovane intellettuale triestino, che morirà nel settembre del 1915 colpito da una granata austriaca, è stata definita scomoda. Questo avvenne perché denunciava, in maniera irruenta, la mancanza di reazione, da parte degli italofoni asburgici, ai continui e crescenti insediamenti degli stranieri (slavofoni). Questi avrebbero determinato la graduale, quanto inesorabile, scomparsa (per assorbimento) dell’etnia italica.
Qualche anno dopo, precisamente nel 1920, a conflitto mondiale terminato, un altro irredentista triestino, il Prof. Attilio Tamaro, scrive un nuovo libro di denuncia. Sopravvissuto agli orrori della guerra, ravvisa la necessità di una forma di Stato che assicuri al cittadino equità sociale e tutela, non lesinando acute critiche al comunismo.
Un monito all’Italia contemporanea dalla Trieste asburgica, dopo una esauriente analisi storica e politica, traccia dei parallelismi, riprendendo la lezione di Ruggero Timeus, tra l’Italia contemporanea e le regioni italofone dell’Impero Asburgico.
Dalla prefazione dell’Autore: ho scritto questo libro come monito ai miei connazionali: ciò che vi apprestate a vivere è, per certi versi, già accaduto, seppur con altre connotazioni storiche, nella Venezia Giulia. Ho scritto questo libro perché sono italiano e non voglio che le nuove e giovani generazioni siano denazionalizzate.