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La sera di lunedì 18 maggio nella chiesa di Notre Dame di Sion a Trieste Don Ettore Malnati ha officiato una messa in ricordo di Norma Cossetto, medaglia d’oro al valor civile. Domenica 17 maggio infatti ricorreva il centenario della nascita della martire delle foibe. I quotidiani locali sia sulla carta stampata che nel loro formato online hanno pubblicato nella data dell’anniversario un articolo che ne commemorasse la memoria. Come al solito non sono mancate le polemiche, ma nella data della venuta al mondo di una persona, coloro i quali siano dotati di umana ed empatica sensibilità si concentrano sulla Vita e non sulle polemiche: e a costoro io mi rivolgo.

Quando parliamo di Vita ci riferiamo anche a quella dimensione terrena in cui ognuno gode del rispetto reciproco per poter trovare una risposta alle proprie domande. Ci auguriamo sia sempre lunga, ricca di soddisfazioni e protetta dai dolori che provoca l’assenza. Nessuno a 23 anni pensa di divenire un simbolo. Eppure talvolta accade che quando l’odio diventa la risposta la vita diventi breve ed intensa nel dolore; Norma di certo non pensava di divenire un simbolo, lo è diventata dopo, inconsapevolmente, quando la parola <<martire>> si è posata come un fiore, delicatamente, sulla memoria della sua esistenza.

Don Ettore ha ricordato nel suo discorso che sì il Simbolo ha un nome che risuona più forte di tutte le altre vittime, ma non per questo esse vi sono subordinate. Sotto il nome di Norma riposano i nomi di tutte le donne infoibate; a fianco della sua storia tutte quelle di cui sono stati riconosciuti i corpi, ma non le violenze. Celebrare la nascita di una donna significa celebrarne la vita, propria di quello Spirito che è il femminile universale creatore che osserva la sua dualità maschile per completarsi e non per scontrarsi.

Andrea Altin